Calo dei raccolti e rischi sistemici: l’importanza della Biodiversità
11 Aprile 2024

La biodiversità diminuisce ad un ritmo allarmante. Eppure, per continuare ad avere cibo, acqua dolce, aria pulita, per prevenire la diffusione di malattie infettive e contrastare i cambiamenti climatici, la biodiversità degli ecosistemi naturali è indispensabile perché rappresenta la struttura portante della vita.  

Secondo uno studio dell’università olandese di Wageningen, più della metà dell’economia mondiale, e di conseguenza il nostro benessere, si basa su ecosistemi ben funzionanti.

Rischi sistemici, i più difficili da calcolare

Oltre a costi diretti come il calo dei raccolti, la perdita di biodiversità può portare a rischi sistemici, forse i più critici e i più difficili da calcolare. Questi si presentano quando interi ecosistemi collassano comportando ricadute sulle economie e sugli interi sistemi finanziari. Prendiamo ad esempio il costo dovuto alla perdita di impollinazione sulla produzione agricola. Secondo il Forum economico mondiale, il 35% della produzione agricola dipende essenzialmente dagli impollinatori come le api. Colture quali mele e pomodori, ma anche caffè e mandorle dipendono sostanzialmente da questi insetti.  Lo studio ha stimato che in Germania e nei Paesi Bassi la perdita degli impollinatori comporterebbe danni annuali rispettivamente di 1,8 e 1,4 miliardi di euro, con un impatto sui rispettivi PIL molto più rilevante. Diventa dunque indispensabile contrastare il calo di biodiversità, che in Europa sta continuamente aumentando a causa dell’intensa urbanizzazione e dell’antropizzazione dei territori, dell’inquinamento ma anche di pratiche agricole non sempre sostenibili.

Così come si sta facendo per i cambiamenti climatici, definendone i danni ed identificando interventi per contrastarli, comprese le nuove tecnologie, anche per questa criticità occorre misurare in modo affidabile il declino degli impollinatori e come questo influenzi altri ecosistemi, nonché esaminare l’impatto dell’espansione economica sulla biodiversità ed i relativi costi.

Diventa dunque indispensabile preservare gli ecosistemi, per avere la grande varietà di animali, piante, microorganismi che sono fondamentali per le attività vitali. Detto altrimenti, è vitale tutelare la natura, obiettivo che peraltro si propone la strategia UE sulla biodiversità per il 2030.

Fonte: Wageningen University

Le prospettive per l’agroalimentare Made in USA
27 Marzo 2024

L’economia agricola USA, data la forte capacità di export, ha una proiezione mondiale il cui grande potenziale è correlato all’andamento dei mercati internazionali ed alle tensioni geopolitiche che li influenzano. Nelle previsioni degli economisti agrari, si manifesta un certo pessimismo sulle prospettive a breve termine per le quotazioni agricole statunitensi a causa dell’andamento della domanda interna ed internazionale, specialmente quella cinese, dei tassi di interesse elevati, del clima e delle incertezza del mercato cerealicolo internazionale per le tensioni nella regione del Mar Nero e del Medio Oriente, cui si aggiunge l’aumento della concorrenza produttiva da parte del Sud America.

In campo animale si registra la riduzione delle forniture di carne bovina ma anche suina e di pollo, il che dovrebbe offrire un sostegno ai prezzi anche se pesa l’incognita dei tassi di interesse. Bisogna considerare che la popolazione di bovini USA è arrivata al livello più basso dal 1962 e si prevede che solo a partire da metà del 2024 ci potrebbe essere una inversione di tendenza. Per il latte si prevede un riallineamento al basso delle quotazioni. Gli economisti agrari ritengono che la continua riduzione del patrimonio bovino statunitense a causa della siccità e di altre pressioni, potrebbe anche causare una rilevante concentrazione sia degli allevamenti che dei trasformatori di carne.

L’andamento dell’economia agricola è comunque influenzato dalla debolezza della domanda di molti prodotti base che sta facendo diminuire i prezzi e sebbene i costi di produzione siano scesi, i margini delle aziende agricole sono risicati. Inoltre l’elevato valore del dollaro ha diminuito la competitività sul mercato mondiale.

Concorrenza mondiale e rallentamento della Cina

Guardando allo scenario internazionale, uno dei temi principali è la preoccupazione per l’aumento della concorrenza mondiale che si ripercuote sulle esportazioni di cereali e di soia. Sul mercato mondiale la Russia sta immettendo quantità record di grano ed il Brasile di mais, mentre negli USA il calo dei capi di bestiame comporta una minore richiesta di mangimi e le esportazioni di soia sono previste in calo per la competizione sudamericana. Però il fulcro per gli scambi commerciali resta la Cina, che cerca di diversificarsi dalla dipendenza dagli Stati Uniti per le materie prime agricole e dove il rallentamento dell’economia potrebbe avere un impatto molto negativo.

Per il 2024 i raccolti in nord e sud America sono previsti in crescita. La riduzione nel prezzo dei concimi potrebbe rappresentare un risparmio significativo per gli agricoltori, ma i costi operativi più elevati ed i prezzi più bassi incideranno sulle prospettive per il 2024. Gli economisti sono più ottimisti sui prezzi della soia ritenendo che tenderanno ad aumentare anche per il raccolto 2024/25, mentre, all’opposto, per il mais si prevede un calo dei prezzi. Gli agricoltori dovranno comunque monitorare attentamente gli indicatori macroeconomici per assumere le decisioni più appropriate a contrastare le sfide e sfruttare le opportunità.  

Fonte: AGWEB

TESEO.clal.it – Allevamenti bovini: Consistenza delle mandrie d’origine

Il benessere degli Allevatori
13 Marzo 2024

In vari Paesi, negli Agricoltori è stata dimostrata una correlazione tra situazioni di crisi ed aumento di fenomeni quali stress, ansia, problemi di salute mentale e persino suicidi. Più di ogni altro Paese avanzato, in Nuova Zelanda le attività economiche, la vita delle persone, l’ambiente, dipendono sostanzialmente dal successo dei sistemi agricoli, che rappresentano il fattore determinante per l’occupazione ed il benessere sociale.

Situazioni conseguenti a pressioni finanziarie, nuovi adempimenti, inondazioni, problemi di lavoro, solitudine, hanno avuto crescenti ripercussioni sul benessere sociale e sulla salute mentale degli agricoltori neozelandesi, soprattutto nelle zone più remote dell’Isola del Sud.

Infatti negli ultimi anni essi hanno dovuto far fronte ad un contesto economico pieno di nuove criticità ed incognite dovute a costi elevati, alti tassi di interesse e calo nei prezzi delle produzioni agricole. C’é poi il problema dell’isolamento, specialmente diffuso fra i giovani che soffrono situazioni di solitudine nelle aziende in zone remote con difficoltà a gestire la vita quotidiana come il non cucinare o badare a sé stessi in modo appropriato e che hanno problemi a trovare forza lavoro per aiutarli nelle attività dell’azienda agricola.

Tecnologie e servizi di supporto rurale

Bisogna considerare che, con l’evoluzione della società, sono venuti meno i luoghi di aggregazione tradizionali delle comunità rurali come sale di ritrovo, pub ed anche chiese che progressivamente hanno chiuso i battenti. Di conseguenza, data la loro vulnerabilità, soprattutto in questi tempi di crisi gli agricoltori hanno bisogno di un sostegno supplementare per creare nuovi legami personali e sociali.
La necessità  è ben presente, dato che esiste un servizio di sostegno rurale con dei  consulenti professionisti che si possono chiamare e far visitare le persone entro una settimana e spesso il giorno dopo, se è urgente. Anche le tecnologie possono essere utili,  come ad es. WhatsApp in modo da sentirsi parte di un gruppo e poter rimanere facilmente in contatto.

Il benessere degli Allevatori influisce sull’intera comunità

Questo ci dice che non bisogna trascurare la dimensione sociale della sostenibilità. Il sentimento di solitudine, abbandono, contrarietà, incomprensione, può essere una criticità poco apparente ma dai risvolti fondamentali per l’attività economica. Il disagio manifestato con proteste molto determinate degli agricoltori in vari Paesi del mondo può esserne la riprova ed andrebbe considerato attentamente.

I nostri Allevatori vivono situazioni di disagio?

Fonte: Farmers Weekly

Fitosanitari: netto calo delle vendite in Spagna
29 Febbraio 2024

Nel 2022 in Spagna il consumo di prodotti fitosanitari è calato del 25% rispetto al 2021.  Fungicidi e battericidi, prodotti storicamente predominanti per la loro importanza nella prevenzione e nel trattamento delle malattie delle piante, hanno rappresentato il primo gruppo di prodotti fitosanitari col 56% delle vendite complessive per un totale di 32.160 tonnellate, in calo del 23%. Seguono gli erbicidi col 21% del totale per 12.186 tonnellate, con un significativo calo nelle vendite del 34%. Al terzo posto viene il gruppo degli insetticidi ed acaricidi che rappresenta il 17% delle vendite ma che ha fatto registrare un calo marginale di 1,4 punti percentuali; questa modesta variazione potrebbe essere influenzata dalla crescente resistenza dei parassiti. Molluschicidi, regolatori di crescita (fitoregolatori) ed altri prodotti fitosanitari rappresentano la quota minore con 2.988 tonnellate, pari al 5% del totale, ma in calo del 54% rispetto alle vendite del 2021.

Questo positivo risultato riflette una tendenza verso metodi di coltivazione più ecologici e sostenibili, guidata da una maggiore consapevolezza ambientale e dall’implementazione di normative più severe.

Nel dibattito intorno a questi prodotti bisognerebbe considerare che il controllo dei parassiti e delle malattie è sempre stato una necessità. I fitosanitari sono spesso identificati impropriamente come pesticidi, termine più ampio che comprende anche prodotti che non sono destinati all’uso su piante ma servono a debellare organismi nocivi e portatori di malattie. Scopo primario di erbicidi, fungicidi, insetticidi, acaricidi, fitoregolatori e repellenti è di mantenere in buona salute le colture ed impedire loro di essere distrutte da malattie e infestazioni. Sono pertanto essenziali per la produzione agricola, sia nell’ambito dei sistemi agricoli convenzionali che in altri sistemi, come quelli integrati. Senza il loro uso, molte colture non sarebbero vitali, oppure i prodotti raccolti non potrebbero essere immagazzinati.

Tuttavia, nel tempo si è sempre più preso coscienza dell’effetto che i fitofarmaci comportano sull’ambiente vicino al luogo in cui vengono applicati, dato che il loro impiego provoca comunque una contaminazione di suolo, acque superficiali e sotterranee, aria (ambiente abiotico), e colpisce organismi sensibili come gli insetti che risultano utili.

Non deve dunque sorprendere se, anche in virtù del principio di precauzione,  le normative relative a questi prodotti sono sempre più rigorose ed oggetto di continui aggiornamenti. Anche in questo caso occorre implementare la ricerca per trovare nuove formulazioni che permettano di bilanciare protezione delle coltivazioni e loro produttività.

Fonte: Comercial Química Massó

Get big or get out: questo il dilemma
1 Febbraio 2024

Negli ultimi vent’anni il numero totale di stalle USA è più che dimezzato, mentre il numero medio di vacche per stalla è cresciuto del 139%. Oltre il 70% del latte statunitense viene prodotto in aziende con almeno 500 vacche, con punte di oltre 25.000 capi. Si tratta di una trasformazione significativa, in gran parte guidata da politiche volte ad incrementare i volumi e ad espandere i mercati di esportazione, ma che ha determinato effetti negativi sulle aziende agricole a conduzione familiare e sull’ambiente, a vantaggio delle imprese di agribusiness di grandi dimensioni. Negli ultimi 20 anni, le esportazioni di prodotti lattiero-caseari USA sono aumentate di otto volte e ciò ha coinciso con un rapido accorpamento delle aziende.

Quindi in sintesi la scelta per lo sviluppo lattiero-caseario è drastica: cresci o chiudi.

Questo consolidamento è avvenuto con una dinamica più rapida rispetto a qualsiasi altro settore agricolo ad eccezione di quello avicolo e suinicolo. È una evoluzione che si sta verificando sia a livello di aziende agricole – meno aziende, più mega stalle – sia a livello di trasformazione – meno imprese ma gruppi più grandi. Per gli allevatori questa evoluzione ha comportato spesso una spirale di debiti e fallimenti, collegata anche a suicidi ed al declino della popolazione rurale. Durante questo periodo gli allevatori hanno faticato per raggiungere il pareggio di bilancio a causa dell’aumento dei costi di produzione, più rapido del prezzo del latte. Ciò è in parte dovuto ad un importante cambiamento nella politica lattiero-casearia degli Stati Uniti, che è passata da una stabilizzazione delle quotazioni ottenuta attraverso garanzie di prezzo minimo e l’ammasso dei prodotti in eccesso per gestire l’offerta ad una politica che incoraggia la produzione e l’espansione verso i mercati di esportazione.

Per smaltire l’eccesso di offerta gli allevatori debbono sobbarcarsi dei costi obbligatori per finanziare campagne di promozione di latte, burro e crema presso i consumatori e le aziende di fast-food. Ad esempio, tra il 2005 e il 2018 gli allevatori hanno versato circa 4 miliardi di dollari al programma obbligatorio Dairy Checkoff di cui però non si vedono ricadute positive sul settore primario.

Altrettanto preoccupanti sono le ricadute ambientali di tale evoluzione. Un esempio sono le emissioni più che raddoppiate di metano proveniente dal letame dato che le aziende, aumentando notevolmente di dimensione, hanno meno possibilità di far pascolare il bestiame e debbono raccogliere il letame nelle vasche di stoccaggio. Anche la modalità della leva finanziaria attraverso l’acquisto dei certificati di carbonio per compensare le emissioni non è la migliore risposta ad una evoluzione che destabilizza la filiera produttiva.

In conclusione, occorrerà valutare se continuare nella dinamica seguita da due decenni per l’aumento delle produzioni e delle esportazioni che ha determinato notevoli ricadute economiche, sociali ed ambientali. Oppure se sia necessario ricercare un modello che sostenga le aziende agricole a conduzione familiare, protegga l’ambiente e garantisca un margine equo agli allevatori.

Fonte: eDairyNews

TESEO.clal.it – USA: aziende agricole ed indicatori

L’impatto del cambiamento climatico sulle maggiori coltivazioni mondiali
26 Gennaio 2024

La nostra alimentazione si basa su poche, grandi coltivazioni quali grano, riso, mais, soia, oppure banane, presenti sulle tavole in tutto il mondo.

Diffusione di parassiti e difficoltà di conservazione degli alimenti

Il cambiamento climatico mette a rischio la sicurezza alimentare mondiale. Non si tratta solo dell’impatto sui raccolti, ma anche della maggiore diffusione di parassiti e patologie, delle difficoltà nella conservazione degli alimenti per la presenza di insetti e muffe resistenti alle crescenti temperature. Esiste poi il rischio che la crisi climatica accresca la malnutrizione, riducendo la disponibilità di nutrienti e la qualità del cibo. Ad esempio, le temperature più elevate e l’aumento delle concentrazioni di CO2 nell’aria possono comportare la riduzione di proteine, ferro zinco e microelementi in colture come soia, grano o riso. Questo problema renderebbe molto più esposte le popolazioni di quei Paesi in cui l’alimentazione si basa su uno o due alimenti di base. I cambiamenti climatici influenzano poi anche prodotti quali caffè e cacao, che sono ormai trasformati e consumati abitualmente nei paesi economicamente più avanzati.

Alcuni esempi: la produzione globale di mais subirà probabilmente una massiccia riduzione entro il 2050 a causa delle variazioni di temperatura e della diminuzione delle precipitazioni. Se negli Stati Uniti od in Brasile saranno colpite le potenzialità di export, in luoghi come il Mozambico dove il mais viene coltivato per il consumo locale, l’effetto sarà probabilmente devastante.

In India, Paese che produce il 14% del grano mondiale, la diminuzione della produzione nelle regioni di coltivazione più calde e secche avrà un impatto significativo sulla popolazione. Lo stesso in America centrale ed in Africa, dove le rese potrebbero diminuire del 3% o più. Invece nelle regioni temperate, come in Nord America ed in Europa, la produzione di grano potrebbe registrare un aumento delle rese di oltre il 5%.

Prospettive inquietanti poi per il riso, alimento base per oltre 3,5 miliardi di persone in Asia ed Africa, le cui rese a livello mondiale secondo alcune stime potrebbero diminuire anche dell’11% entro il 2050.

Gli effetti del cambiamento climatico sulle rese della soia sono contrastanti, in quanto è stato riscontrato che le piante rispondono positivamente alle maggiori concentrazioni di CO2 nell’aria. I raccolti di soia potrebbero anche aumentare se la sua coltivazione potesse avvenire in aree che oggi sono troppo fredde, come lo Stato di New York ed il Canada meridionale, sebbene a scapito del grano. Tuttavia, si prevede che l’intensificarsi dello stress idrico e termico comporti una diminuzione delle rese nel corso del secolo.

Stessa dinamica anche per le banane, coltivate ai tropici come colture da reddito o come fonti alimentari locali. A causa dell’aumento delle temperature negli ultimi 20 anni, le produzioni diminuiscono ed aumenta la diffusione delle patologie. Tuttavia i cambiamenti climatici previsti potrebbero rendere coltivabili le banane anche in zone più vaste delle attuali.

Infine il cacao ed il caffè, colture che sostengono le economie dei Paesi produttori attraverso l’export e che sono un business notevole nei Paesi consumatori. La domanda di cioccolato è in crescita, ma in Africa occidentale, Costa d’Avorio e Ghana in testa, dove si ottiene metà della produzione mondiale di cacao, già sono evidenti piogge irregolari e venti caldi che impattano sulle rese. Per il caffè, l’Etiopia, primo produttore africano, potrebbe perdere il 25% dei suoi raccolti entro il 2030.

Allora, che fare per evitare interruzioni dell’approvvigionamento, prezzi più alti ed un numero maggiore di persone sottonutrite?

Uno sforzo comune per affrontare gli stravolgimenti climatici

Occorrerebbe espandere la produzione, ma questo richiederebbe più terreno agricolo che invece viene continuamente consumato. Sarebbe opportuno adottare tecniche di agricoltura di precisione e conservativa. Diventerà necessario coltivare varietà più resistenti. Forse si dovranno introdurre nuove colture adatte alle nuove condizioni climatiche e di conseguenza nuovi alimenti

Di certo gli stravolgimenti climatici coinvolgono nel proprio vortice i produttori come i consumatori, in tutto il mondo. Quindi la soluzione del problema (di cui nessuno ha la ricetta) non può che essere uno sforzo comune.

Fonte: Action Against Hunger

TESEO.clal.it – Brasile: Condizioni di salute della vegetazione (indice VHI)

La tua Azienda è pronta per l’Intelligenza Artificiale?
16 Gennaio 2024

Premesso che nulla e nessuno potrà mai sostituire l’occhio e la mano dell’allevatore, cioè la sua esperienza, è opportuno chiedersi se ed in che modo le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale, quali ChatGPT, possano servire per migliorare benessere animale e produttività nell’allevamento da latte. Oggi in azienda i sensori sono presenti nei robot di mungitura, nei sistemi automatici di miscelazione ed alimentazione, nei boli ruminali; esistono poi sensori per la previsione del parto e strumenti per il controllo dello stato generale delle bovine. Di conseguenza viene prodotta una grande serie di dati, che andrebbero letti ed analizzati in modo appropriato per avere informazioni utili ad aumentare l’efficienza aziendale. Il rischio è che solo una parte di tali dati venga sfruttata in modo appropriato, perdendo tante potenzialità.

Vacche più sane, maggiore qualità del latte, minori costi

L’innovazione chiave apportata da Chat GPT (e dai suoi concorrenti) consiste nel poter raccogliere ed analizzare enormi quantità di dati per ottenere informazioni facili da usare per l’allevatore.
Questa tecnologia permette innanzitutto di monitorare prontamente lo stato di salute degli animali e di avere un quadro chiaro sulla composizione del latte.
Permette poi di stabilire piani di razionamento precisi e personalizzati per una alimentazione ottimale analizzando in tempo reale i dati sul valore nutrizionale dei componenti la razione, insieme a quelli prodotti dai sensori sugli alimentatori e miscelatori. La nutrizione di precisione porta a vacche più sane, ad una maggiore qualità del latte e ad una riduzione dei costi di produzione.

ChatGPT può quindi semplificare la gestione aziendale aiutando gli allevatori ad organizzare le operazioni quotidiane in modo più efficiente, effettuando rapidamente le decisioni gestionali ed in generale offrendo suggerimenti per migliorare la produttività complessiva.
Può poi servire per far comunicare l’allevatore col mondo esterno all’azienda agricola generando contenuti informativi e coinvolgenti, come post su blog o aggiornamenti sui social media. Quindi il modello informatico può aiutare gli allevatori ad informare ed educare i consumatori sulle pratiche agricole sostenibili, sul benessere degli animali e sui benefici nutrizionali dei prodotti lattiero-caseari. Dato poi che i sistemi di IA parlano direttamente con altri sistemi di IA, ChatGPT potrebbe aiutare gli allevatori a prendere decisioni di mercato, dagli input per gli alimenti animali ai contratti per il latte, cogliendo il momento migliore per acquistare e vendere.

Bisogna però sempre tener presente che, sebbene il ChatGPT abbia un grande potenziale, si tratta pur sempre di una tecnologia per assistere gli allevatori piuttosto che sostituirsi ad essi. Ciò comporta la necessità di conoscere la nuova tecnologia per poterne giudicare l’utilità dell’inserimento in azienda. Poi, in caso positivo, occorre dotarsi delle necessarie professionalità per usare tali nuovi strumenti, il che probabilmente è il problema maggiore derivante dalle nuove tecnologie.

Fonte: Dairy Herd

Egitto: la necessità di una ripresa
9 Gennaio 2024

La recente pandemia, ma soprattutto la guerra in Ucraina ed ora anche il conflitto in Palestina, hanno colpito l’economia egiziana causando un’elevata inflazione e la svalutazione della moneta. L’Egitto è un paese di 107 milioni di abitanti, il 42% dei quali vive in aree urbane ed esercita una considerevole influenza nel Medio oriente ed in Africa. 

Quando il Paese ha iniziato a riprendersi dagli effetti del Covid-19, l’impennata nei prezzi del Grano, saliti in media del 56,2% rispetto al valore del 2021, ma anche della Soia e di altre materie prime per i mangimi, ha comportato il raddoppio della spesa per le importazioni. La deflagrazione della crisi in corso tra Israele e Hamas ha poi esacerbato la crisi del turismo, settore da cui l’Egitto dipende in larga misura per ottenere valuta estera.

Egitto35,6% inflazione annuale Ottobre 2023

La sua carenza ha portato ad un rallentamento delle importazioni, provocando aumenti significativi nei prezzi dei prodotti alimentari. Alla fine di Ottobre 2023, l’inflazione annuale era al 35,6%, principalmente dovuta ad un aumento del 71,7% nei prezzi dei generi alimentari facendo dell’Egitto il primo Paese al mondo per inflazione alimentare reale ed il quinto per inflazione alimentare nominale dopo Venezuela, Libano, Argentina, Turchia.

Le importazioni dei prodotti agricoli sono diminuite del 17,8% nel periodo Gennaio-Settembre 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022.

I fattori tecnici per la ripresa sono costituiti dall’intervento del Fondo Monetario Internazionale e dalla ripresa del turismo.

Il fattore risolutivo è però la ricomposizione dei conflitti armati che, diversamente dalle pandemie, hanno esclusivamente un’origine umana.
Buon Anno!

Fonte: USDA

TESEO.clal.it – Egitto: Importazioni a volume di Cereali nei primi 9 mesi del 2023

Opportunità per l’agroalimentare in Sud Corea
29 Dicembre 2023

Il Sottosegretario al Commercio e agli Affari Agricoli Esteri del Dipartimento dell’Agricoltura USA, Alexis Taylor, guiderà una missione commerciale agroalimentare a Seoul dal 25 al 28 marzo 2024. L’interesse per la Sud Corea, sesta destinazione all’export degli Stati Uniti, è dovuto al fatto che, con una popolazione di circa 52 milioni di abitanti e pochi terreni coltivabili, dipende dalle importazioni per soddisfare la domanda agroalimentare e gli USA sono il principale fornitore del moderno Paese asiatico. Infatti, nel 2022 la Corea ha importato circa 41,1 miliardi di dollari di beni agricoli e gli USA ne hanno forniti per 10,4 miliardi fra carne bovina e suina, lattiero-caseari, mais, cui seguono uova, preparazioni alimentari, caffè, distillati, mandorle, ciliegie, arance ed altri prodotti. Gli esportatori USA ritengono che esistano grandi opportunità di espandere le loro vendite nella regione a causa dell’aumento nella domanda di prodotti per la salute ed il fitness, di quelli pronti per il consumo ed in generale dei prodotti convenience.

Una cultura alimentare sviluppata e raffinata

Il reddito pro-capite sudcoreano è in crescita e ci sono rapidi cambiamenti demografici, tra cui l’invecchiamento della popolazione, il calo della forza lavoro, l’urbanizzazione. La cultura alimentare è molto sviluppata e raffinata. La regione di Gyeonggi-do, dove si trova la capitale Seoul, rappresenta il più grande mercato di consumo del Paese e si prevede che arriverà a coprire il 25,0% del totale entro il 2040.

Le diete a base vegetale non sono così diffuse e solo il 4% dei consumatori dichiara di essere vegano o vegetariano, ma il 22% desidera ridurre il consumo di carne per motivi di salute, ambientali o di benessere animale. Inoltre, il 71% dichiara di assumere regolarmente integratori e vitamine. I consumatori danno poi la preferenza ai prodotti con etichette nutrizionali chiare.

Il mercato degli alimenti confezionati (packaged food) nel 2022 è stato valutato in 30,3 miliardi di dollari, con un aumento del tasso di crescita annuale del 3,4%. Si registra una notevole crescita dell’e-commerce e di prodotti come i cibi pronti, i kit per i pasti a domicilio e le confezioni con porzioni più piccole.

Durante la visita in sud Corea, i rappresentanti delle imprese agroalimentari USA saranno impegnati a Seoul in due giorni di incontri business-to-business con potenziali importatori, trasformatori e distributori. Inoltre, i partecipanti riceveranno informazioni approfondite da esperti del settore per comprendere meglio le dinamiche del mercato e le tendenze dei consumatori, oltre a partecipare a visite in loco e ad altre opportunità di networking.

Dal 2012 fra Stati Uniti e Repubblica di Corea è in vigore l’accordo di libero scambio KORUS FTA .

La UE dal 2011 ha un accordo commerciale di libero scambio con la Repubblica di Corea del sud, ratificato formalmente nel 2015. Il Paese rappresenta un mercato interessante anche per i nostri prodotti agroalimentari di qualità.

Fonte: USDA

Autosufficienza Latte della Corea del Sud
CLAL.it – Milk Atlas: Autosufficienza Latte della Corea del Sud

Nuove prospettive per la durata di vita delle vacche da latte
14 Novembre 2023

La vita produttiva delle vacche da latte è ormai scesa a tre lattazioni o meno. Dato che il primo parto avviene all’incirca a due anni d’età, esse vivono in media cinque anni prima di essere macellate. È la condizione ottimale?

La durata redditizia per la vita produttiva delle vacche da latte è una questione complicata ed in evoluzione, che può cambiare in modo significativo in base a condizioni di mercato variabili quali il prezzo del latte, dei mangimi o della carne ed alle priorità dei singoli allevamenti.

Di conseguenza, le decisioni per i tassi e le modalità di rimonta delle vacche sono dinamici e cambiano nel tempo, ma è improbabile che la vita produttiva della vacca da latte possa scendere ancora se si guardano ai fattori che influenzano le decisioni per la fecondazione, la produzione, l’abbattimento delle bovine.

Storicamente uno dei criteri principali per l’abbattimento delle vacche era il mancato ingravidamento. Negli ultimi due decenni si è assistito ad un miglioramento significativo del successo riproduttivo grazie ai cambiamenti nella gestione e nella selezione genetica per aumentare la fertilità. Anche nei prossimi tempi continuerà ad aumentare il progresso genetico, inteso come somma di tutti i tratti desiderabili, permettendo di accrescere ulteriormente le rese produttive delle vacche, che avranno anche una salute migliore e quindi una maggiore capacità di allungare la vita produttiva, dato che non avrà senso mettere in asciutta vacche che producono ancora 30 o 40 litri di latte al giorno.

Un ulteriore elemento, forse il più sensibile, è poi la questione sociale ed ambientale. Sempre più spesso l’opinione pubblica cita l’abbattimento precoce delle vacche da latte come sintomo di scarso benessere animale ed in generale denuncia l’impronta ambientale della produzione lattiera. Dato che la ricerca ha dimostrato che gli allevamenti con animali più giovani emettono più gas serra, un aumento della vita produttiva contribuirebbe anche a ridurre l’impatto ambientale.

È un tema rilevante per tutta la zootecnia da latte. L’American Dairy Science Association (ASDA) lo ha affrontato in un convegno internazionale di 4 giorni in Illinois a fine ottobre.

Fonte: Dairy Herd Management

Il parere dell’Allevatore

L’allevatore Alberto Cortesi

Questo è certamente uno dei temi più dibattuti e controversi tra gli allevatori. Da un lato è vero che la vacca pluripara è la più redditizia, essendo al massimo della produttività ed avendo ha già ammortizzato i due anni di allevamento (improduttivi). Tuttavia il parto, specialmente nelle vacche più mature, rappresenta il momento critico che abbisogna di particolari attenzioni, e talvolta di cure. C’è poi un problema in generale di sanità della mammella e di cellule somatiche. Insomma: nel mondo non tutti gli allevatori sono concordi nel porre come priorità gestionale l’aumento del numero di lattazioni. Si aggiunge l’altro tema di una razionale e quindi economica gestione dell’allevamento della rimonta. In Olanda, ad esempio, mediamente le vacche producono per una lattazione in più (circa) rispetto all’Italia. Sono tra quelli che concordano nel porsi questo obiettivo, anche se nel mio allevamento sono ancora distante.

Alberto Cortesi, allevatore in Roncoferraro loc. Garolda, Mantova – ITALIA