In rapida crescita il settore mangimistico della Russia
29 Gennaio 2019

La produzione mangimistica russa è in costante crescita da oltre vent’anni, una tendenza che si prevede possa continuare anche in futuro grazie ai consistenti contributi del governo federale al settore agroindustriale, che tra il 2019 ed il 2025 ammonteranno a 44,6 miliardi di €, cioè il triplo di quelli stanziati fra il 2012 ed l 2018. Non per nulla la Russia ha già raggiunto l’obiettivo di garantire oltre il 90% di autosufficienza per carne e latte.

Questo sostegno alla produzione ha anche lo scopo di stimolare l’export di carne e lattiero-caseari invece che di soli cereali e materie prime agricole, soprattutto verso le destinazioni strategiche in Medio oriente ed Asia, aumentando così il valore aggiunto. Il problema però sono i costi di produzione che restano ancora elevati rispetto a quelli dei paesi concorrenti. Di conseguenza, i contributi pubblici consisteranno in aiuti diretti agli agricoltori anche per l’acquisto di mangimi, che rappresentano circa il 70% dei costi di produzione per la carne.

Previste  40Mio tdi mangimi prodotte in Russia al 2025

Se nel 2017 in Russia si calcola che siano stati prodotte 31-33 milioni di tonnellate di mangimi, con prezzi in calo per la prima volta da 15 anni grazie ai buoni raccolti, nel 2025 si dovrebbe arrivare a produrne 38-40 milioni di tonnellate. Si dovrà però risolvere il problema della scarsità di proteine ed altri ingredienti, che riducono l’indice di conversione dei mangimi russi rispetto a quelli prodotti nella UE e negli altri paesi industrializzati.

Significativo l’esempio della soia: anche se la produzione nel 2017 ha raggiunto 3,7 milioni di tonnellate rispetto a 200 mila tonnellate nel 2013, l’industria mangimistica ne richiede ben 7 milioni di tonnellate. Altro passo verso l’aumento dell’efficienza del sistema è la ristrutturazione del settore molitorio, con la costituzione di grandi conglomerati in grado di produrre oltre un milione di tonnellate di mangimi all’anno.

La competitività della Russia potrà derivare dalla produzione biologica

La competitività della Russia potrà poi derivare dalla produzione biologica, considerato che si tratta del solo grande paese produttore OGM free, in grado di coprire il 25% della richiesta mondiale di cereali e materie prime agricole per l’industria mangimistica con questa certificazione. Mancano però ancora unità produttiva per vitamine, aminoacidi, enzimi ed altri additivi indispensabili per produrre mangimi di qualità, il che rende il paese ancora dipendente dal mercato mondiale.

La Russia, oltre che essere tornata a rappresentare il granaio d’Europa, ha ora anche l’aspirazione e la potenzialità per divenire uno dei maggiori player mondiali.

Fonte: World Grain

TESEO – Produzioni, Import, Export mondiali di prodotti agricoli

Fermentazioni ruminali, produzione di latte ed emissioni di gas effetto serra (GHG)
9 Gennaio 2019

La manipolazione delle fermentazioni ruminali attraverso l’uso di additivi per diminuire le emissioni di metano aumentando l’energia a disposizione degli animali per le loro produzioni, è oggetto di molte ricerche. Negli ultimi anni però le strategie di possibile mitigazione delle emissioni di metano hanno suscitato un grande interesse soprattutto per la necessità di contenere le emissioni di gas effetto serra (Greenhouse Gas-GHG). Si stima infatti che ai bovini sia imputabile l’80% del totale di metano emesso in atmosfera.

L’uso del monensin, un antibiotico ionoforo, è da tempo diffuso negli allevamento d’oltre oceano per modificare le fermentazioni ruminali e migliorare l’efficienza alimentare dell’animale con un incremento della produzione di latte e la riduzione del rischio di acidosi. Di contro, questo antibiotico aumenta lo stress da caldo negli animali ed inoltre, non meno importante, il suo uso non è permesso in molti paesi, UE compresa. Dunque l’interesse dei ricercatori si è indirizzato anche verso altri additivi, come gli oli essenziali prodotti dalle piante ed estratti tramite distillazione con vapore o solventi.

Un recente studio condotto da ricercatori brasiliani e statunitensi ha messo a confronto l’additivazione con antibiotico nella razione rispetto a quella con oli essenziali derivati da anacardio e ricino. L’uso degli oli essenziali permetterebbe di avere un tenore in grasso nel latte maggiore, senza compromettere l’ingestione e la produzione negli animali allevati in condizioni di stress termico.

Il rumine è un fermentatore di enorme potenzialità. Aumentarne l’efficienza permette di accrescere la produzione dell’animale ma anche di ridurre le perdite in gas che si disperdono nell’atmosfera.

Fonte: ScienceDirect

Il parere dell’Allevatore

L’allevatore Alberto Cortesi

Ritengo che quanto esposto nell’articolo sia corretto, con l’unica precisazione che i risultati per ora sono in gran parte a livello sperimentale in quanto non ancora utilizzati normalmente nelle stalle. Devo aggiungere che la diminuzione di emissioni di gas serra negli allevamenti è ricercata, sia in Europa che in nord America, anche attraverso la selezione genetica delle vacche. Ma gli studi sono all’inizio e ci vorrà tempo.

Alberto Cortesi, allevatore in Roncoferraro loc. Garolda, Mantova – ITALIA

Ripartizione delle emissioni GHG (Green House Gas) da agricoltura

Una coalizione per tutelare le risorse naturali
13 Dicembre 2018

Il tema della sostenibilità, che ormai rappresenta il vero criterio qualitativo per ogni produzione, ha fatto emergere il valore fondamentale delle risorse naturali come capitale, cioè di un bene da mettere a frutto. Ecco allora parlare di Natural capital, cioè di tutto quel patrimonio di risorse rinnovabili e non rinnovabili come piante, aria, acqua, terreni, minerali, che forniscono condizioni benefiche alla gente ed a tutti gli esseri viventi. Le condizioni vitali apportate dal “capitale naturale” comprendono una buona qualità dell’aria, del cibo e dell’acqua, ma anche l’energia, le abitazioni, la salute ed in genere tutte quelle materie prime e quelle condizioni sociali necessarie per ottenere i prodotti.

Stiamo depauperando le risorse ambientali ad una velocità ben superiore alla loro rigenerazione

Risulta però ormai evidente che stiamo depauperando tali risorse ad una velocità ben superiore alla loro rigenerazione e dunque bisogna invertire la tendenza. Il primo passo consiste nel valutare l’impatto delle attività produttive, attraverso la misura dei gas effetto serra (GHG), l’uso (impronta) dell’acqua, i residui, per definire un progetto di sostenibilità.

Acqua&Energia : Ripartizione delle emissioni GHG (Green House Gas) da agricoltura

Le grandi imprese alimentari, agendo a livello globale per il reperimento delle materie prime, la loro trasformazione e commercializzazione, hanno deciso di impegnarsi attivamente in questo contesto. Unilever ad esempio, ha identificato il Sustainable Living Plan (USLP) per misurare l’impatto di tutto il ciclo del prodotto, dalla materia prima alla sua trasformazione, fino al modo in cui giunge ad un consumatore che, nelle sue scelte d’acquisto, è sempre più attento alle tematiche della sostenibilità.

A livello agricolo, vengono prese in considerazione delle azioni specifiche per favorire la biodiversità

A livello agricolo, vengono prese in considerazione delle azioni specifiche per favorire la biodiversità, che comprendono aspetti legati innanzitutto alla fertilità del suolo ed alla gestione dei parassiti. Il tema dell’acqua come risorse idriche, loro utilizzo, depurazione e riciclo, per le imprese di trasformazione diventa sempre più il fattore fondamentale per l’identificazione del luogo dove costruire i nuovi stabilimenti e questo rappresenta sempre più un fattore di competitivitàEcco allora la ricerca per individuare nuove tecnologie per i lavaggi ed i risciacqui degli impianti.

Resta poi il problema del reperimento delle materie prime nel crescente contesto di competizione con le coltivazioni destinate a biocarburanti, legname, prodotti tessili. Si tratta dunque di coltivare, produrre, trasformare, trasportare, distribuire e confezionare i prodotti, tenendo conto dell’impatto sul ciclo vitale, il che comporta anche il reperimento di risorse finanziarie appropriate. Per questo si parla di “capitale naturale” di cui hanno bisogno i sistemi produttivi che dipendono da una organizzazione sempre più complessa ed articolata. Per questo è stata fondata una “coalizione per il capitale naturale” (Natural Capital Coalition), che riunisce i settori della scienza, formazione, business, finanza e legislazione, per una visione comune del tema sostenibilità.

Leonardo Becchetti (Economista, UNIVERSITÀ DI ROMA Tor Vergata) esplora il tema della Sostenibilità al CLAL Dairy Forum 2018

Le azioni produttive hanno un impatto ambientale e sociale, per cui vanno considerate nelle interrelazioni col mondo che le circonda, sia come azioni, sia come mercati. Globalizzazione e sostenibilità sono le due facce della stessa medaglia

Fonte: The Natural Capital CoalitionUnilever

Nuovi scenari in India e Cina per i consumi di latte
3 Dicembre 2018

Il continente asiatico conta la maggiore popolazione mondiale con due enormi realtà, India e Cina, opposte per quanto riguarda i consumi di latte, ma sempre più importanti per quanto concerne gli scambi commerciali. Urbanizzazione, classe media giovane in rapido aumento, informatizzazione, globalizzazione, sono una realtà dirompente.

Secondo Fonterra, l’India necessiterà di approvvigionarsi dall’estero per far fronte alla richiesta interna

In questo scenario, l’India si distingue fra i paesi asiatici per la presenza nella dieta alimentare di latte e derivati. Questo enorme Paese, al primo posto per la produzione mondiale di latte, presenta attualmente un equilibrio fra produzioni e consumi, però l’evoluzione della domanda lascia prevedere, secondo Fonterra, la necessità di approvvigionarsi dall’estero per far fronte alla richiesta interna. A differenza della Cina, l’import indiano non si concentra sul latte confezionato od in polvere, ma sulla necessità di reperire proteine che, per ragioni culturali e religiose, possono trovare nel latte una origine privilegiata. A riprova di questo, Fonterra esporta in India prodotti quali i derivati del siero, usati in sostituzione delle uova.

Jayen Mehta (General Manager, GCMMF Ltd., Amul) presenta “Amul e le variabili del marketing contemporaneo”

Riguardo alla Cina, la cosiddetta guerra commerciale con gli USA ed i conseguenti dazi di importazione, potranno tradursi in un aumento dei costi per la produzione del latte e dunque del prezzo pagato dal consumatore. Le esportazioni neozelandesi si trovano in vantaggio rispetto a quelle USA che perdono competitività, ma queste dovranno trovare altre destinazioni nel mercato del sud est asiatico, con una competizione accresciuta.

13 Milionidi persone si spostano ogni anno verso le aree urbane (Cina)

In Cina, ogni anno 13 milioni di persone si spostano verso le aree urbane, salgono nella scala sociale e di conseguenza cambiano le abitudini alimentari richiedendo nuovi prodotti con gusti diversi dai tradizionali, come il caffè con l’aggiunta di crema ed eventualmente di formaggi cremosi o gli yogurt al gusto di formaggio. Questo sarà uno stimolo sia per la produzione interna, che aumenta ad un ritmo del 1,7%, sia per le importazioni che continueranno a crescere ad un ritmo superiore al 4%, trainate dalla richiesta di proteine che permettono di valorizzare maggiormente il latte.

Manfredi Minutelli (European Food and Beverages Category Leader, Alibaba Group) presenta “E-commerce, Gateway to China”

Fonterra poi, data la vicinanza col continente asiatico, esporta in Cina anche latte fresco per i piccoli negozi che attuano la distribuzione di vicinato grazie alla crescente digitalizzazione.

Se i paesi asiatici, Cina in testa, sono stati i destinatari principali delle commodity del latte, ora con i rapidi cambiamenti in atto nei vari paesi, compresa l’India, si aprono scenari favorevoli per prodotti a più alto valore aggiunto. Anche in questo caso, l’innovazione è il fattore chiave e l’informatizzazione lo strumento per raggiungere questi grandi mercati.

Florent Courau (General Manager, JD.com 京东 France) presenta “Le dinamiche dell’e-commerce della Cina”

Fonte: nzherald

L’alimentazione di precisione per ridurre sprechi ed emissioni
7 Novembre 2018

Avere animali che utilizzano gli alimenti in modo più efficiente, riducendo la quantità di nutrienti e gas emessi nell’ambiente: questo è l’obiettivo della alimentazione di precisione (in inglese Precision Livestock Farming PLF), un modo integrato nella gestione dell’allevamento per renderlo meno impattante, contenendo i costi.

Si tratta di operare in una prospettiva a beneficio sia dell’allevatore sia della società.

Si tratta di operare in una prospettiva win-win, cioè a beneficio sia dell’allevatore che alimenta l’animale secondo i suoi specifici bisogni, sia della società che può convivere con produzioni più sostenibili. L’alimentazione di precisione si basa su: uso di precisi schemi dei fabbisogni alimentari; uso di precisi ingredienti; specifiche tecnologie nella preparazione degli alimenti; allineamento delle razione e della dieta ai bisogni specifici degli animali.

Secondo gli studi della Cornell University USA, ridurre di un punto percentuale le proteine grezze nella razione di una vacca che produce in media 30 kg di latte al giorno ed ingerisce 21 kg di sostanza secca, permette una riduzione annua di 12,5 kg nelle emissioni di azoto. Considerando che l’alimentazione rappresenta il 60-70% dei costi di produzione, la capacità di ridurre tale percentuale si può tradurre in un notevole vantaggio economico.

Diventa certamente difficile, nella pratica di allevamento, fornire l’esatto apporto giornaliero di nutrienti richiesto da ogni animale, ma occorre verificare le possibilità di adottare tutti i possibili miglioramenti attraverso una gestione attenta dei dati aziendali.

Risparmio annuo:135per vacca sui costi alimentari

In un progetto condotto durante tre anni per applicare la pratica della alimentazione di precisione su otto allevamenti, è stato possibile ridurre la somministrazione di proteine grezze alle vacche in una percentuale variabile da 1,7 a 14% , con un risparmio medio annuo nei costi alimentari stimabile in 135 Euro per vacca.

La sfida dell’attività agricola nel prossimo futuro, sarà la capacità di intensificare la produzione in modo sostenibile. Per vincere tale sfida occorrono gli sforzi e le inventive di tutti gli attori della filiera, in primo luogo gli allevatori.

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Fonte: ResearchGate

Fonterra decide di basare ogni scelta sulla sostenibilità
23 Ottobre 2018

Fonterra, la maggiore cooperativa per esportazione di latte e derivati, ha scelto di basare la sua strategia sulla sostenibilità. Acquisiti i concetti di qualità e salubrità dei prodotti, che ormai sono dei prerequisiti, il vero obiettivo è quello di rendere sostenibili, cioè durevoli, le produzioni. Questo dal punto di vista economico, sociale, ambientale.

Per valutare ed avvalorare le azioni dell’azienda neozelandese, è stato costituito un comitato indipendente di esperti attivi in ambiti diversi, per confrontarsi col management e meglio orientare le scelte aziendali. Questo con l’obiettivo di armonizzare le azioni di sostenibilità con le finalità commerciali dell’impresa.

Il cibo, cioè l’agricoltura e l’alimentazione, è direttamente coinvolto con le tematiche della sostenibilità ed il sistema alimentare globale deve contribuire ad essere una soluzione del problema e non più una parte di esso. La parola d’ordine diventa allora la collaborazione, cioè operare in sintonia con quanti sono inseriti nel ciclo vitale. Questo sia per l’ambiente che per le società, produttori e consumatori, in cui si opera.

La parola d’ordine è “collaborazione”: tra agricoltori, produttori, ricercatori, amministrazioni locali ed autorità pubbliche

L’azione di Fonterra si accompagna ai programmi della Nuova Zelanda per assicurare la qualità delle acque, adottando un approccio inclusivo, cioè identificando regole e parametri attraverso il coinvolgimento della società. Solo attraverso il lavoro e la collaborazione di agricoltori, produttori, ricercatori, amministrazioni locali ed autorità pubbliche, l’azienda può operare in modo fattivo nel contesto della sostenibilità. Occorre affrontare le sfide del nostro tempo, in primo luogo quelle del cambiamento climatico e sociale, attraverso un confronto basato sui fatti e le evidenze scientifiche.

Fonterra pubblicherà a novembre il suo secondo rapporto sui risultati del programma di sostenibilità, che ha coinvolto nel concreto oltre mille aziende agricole, la conversione di siti produttivi verso le energie rinnovabili, il recupero qualitativo di vari bacini idrici.

Fonte: Fonterra

L’adozione di una “gestione basata sull’ecosistema” costituisce un elemento chiave per garantire la sostenibilità nel lungo periodo delle risorse idriche…
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USA: in crescita il prezzo dei concimi, condizionato dalla Cina
9 Ottobre 2018

I principali concimi fanno segnare una tendenza dei prezzi al rialzo. L’urea nella terza settimana di settembre era in aumento del 6% rispetto ad agosto, a 333 € per tonnellata.

Anche il prezzo degli altri maggiori concimi mostrava delle quotazioni tendenzialmente in crescita, con prezzi per tonnellata, rispettivamente, di 428 € per il fosfato biammonico; di 456 € per il fosfato monoammonico; di 314 € per il potassio; di 388 € per la formulazione 10-34-0; di 428 € per l’ammoniaca anidra; di 207 € per il nitrato ammonico al 28% di N; di 241 € a tonnellata per il nitrato ammonico al 32% di N.

Il prezzo mondiale dei concimi è condizionato dalla situazione in Cina

Il prezzo mondiale dei concimi è condizionato dalla situazione in Cina. Secondo Rabobank, la produzione cinese di fertilizzanti nel primo semestre 2018 è stata di 28,4 milioni di tonnellate, in diminuzione del 6,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le produzioni di concimi azotati e fosfatici sono in calo rispettivamente del 7,5% e del 5,8%; in controtendenza con quelli potassici che hanno quantità in aumento del 2,9%.

-15%Export di concimi dalla Cina nel primo semestre 2018

I maggiori costi di produzione rendono meno competitivi i concimi di produzione cinese, le cui esportazioni sono in contrazione. Comunque, nel primo semestre 2018, la Cina ha esportato quasi 10 milioni di tonnellate di concimi, seppur in calo del 15% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Negli USA, rispetto allo scorso anno, tutti i maggiori fertilizzanti hanno prezzi in aumento con variazioni che vanno dal 23% in più per urea ed ammoniaca anidra, al 15% per i fosfatici ed al 5% per i concimi potassici.

Fonte: The Progressive Farmer

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Agricoltura e cambiamenti climatici: il ruolo del commercio mondiale
1 Ottobre 2018

Con i cambiamenti climatici ormai evidenti, occorre non solo interrogarsi su quali saranno gli effetti per la produzione agricola, ma anche prevederne gli effetti per assicurare la sostenibilità alimentare del pianeta, con una popolazione mondiale in continuo aumento. Entro la metà di questo secolo si manifesteranno con evidenza i fenomeni che già ora si cominciano a percepire, come l’aumento delle temperature e l’intensità di fenomeni atmosferici estremi, con la conseguente influenza sulla diffusione di nuove patologie per piante ed animali.

La produzione di cereali e di altre colture potrebbe svilupparsi nei paesi nordici

Uno studio della FAO prevede quali saranno le produzioni mondiali di alimenti nei prossimi decenni, con le variazioni per i diversi comparti agricoli e le regioni del pianeta. Come conseguenza del riscaldamento globale, mentre le produzioni nei paesi tropicali, dall’Africa occidentale all’India, potranno diminuire fino al 2,9%, quelle di Russia, Canada, USA, prevedibilmente si accresceranno fino al 2,5%. Oppure, la produzione di cereali e di altre colture potrà svilupparsi nei paesi nordici, dove ora è solo marginale.

Pertanto, con questi cambiamenti, il commercio agricolo mondiale avrà un ruolo ancor più significativo di quello attuale per la sicurezza alimentare del pianeta. Già ora diversi paesi dipendono dai mercati internazionali per gli approvvigionamenti alimentari e non solo perché si trovano in regioni sfavorite della terra. Ad esempio il Bangladesh nel 2017 ha dovuto importare riso a causa dei raccolti domestici danneggiati dalle inondazioni ed il sud Africa ha dovuto importare mais, di cui era un tradizionale esportatore, a causa della siccità.

Fra il 2000 ed il 2016 il valore del commercio agricolo mondiale è cresciuto in modo esponenziale, passando da circa 490 miliardi di € a 1,6 trilioni di €, soprattutto a causa della domanda cinese e di quella delle economie emergenti, oltre che per la produzione di biocarburanti.

La Cina è divenuto il quarto esportatore agricolo mondiale superando Australia e Canada

Nello stesso periodo appare con evidenza come al ruolo predominante dei paesi ad economia avanzata quali Europa e nord America, nel commercio agricolo mondiale si fa strada la posizione di nuovi paesi. Il Brasile ha accresciuto la sua quota passando dal 3.2% al 5.7% fra il 2000 ed il 2016; la Cina è divenuto il quarto esportatore agricolo mondiale superando Australia e Canada, mentre l’India e l’Indonesia si sono collocati rispettivamente all’ottavo e decimo posto. Nello stesso periodo, il valore complessivo dell’export di UE, USA, Canada ed Australia sul commercio mondiale è diminuito del 10%.

Il cambiamento climatico avrà non solo un impatto diretto sulle produzioni agricole, ma condizionerà i commerci ed i mercati, inducendo i Paesi ad implementare la ricerca e adottare misure di politica economica per garantire la sicurezza alimentare e la sostenibilità delle produzioni.

Fonte:  FoodIngredientsFirst

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Le critiche all’attività agricola nell’era di Internet
24 Settembre 2018

Le critiche dei cosiddetti attivisti sull’attività agricola trovano sempre più clamore dall’uso di internet. Spesso però, attraverso le diverse piattaforme informatiche, vengono diffuse notizie imprecise sul modo in cui si opera nelle coltivazioni e negli allevamenti, con messaggi accusatori verso gli imprenditori agricoli.

I consumatori sono sempre più sensibili verso le tematiche di benessere animale

In Scozia, ad esempio, sta facendo scalpore un filmato della BBC che mette in cattiva luce la pratica di svezzamento dei vitelli, con la loro separazione dalle madri poco dopo il parto ed il contenimento nelle gabbie. Se è improprio puntare il dito contro gli allevatori per una pratica ormai generalizzata, occorre però anche interrogarsi se non possa essere migliorata una separazione così netta e traumatica per gli animali, che comunque viene percepita sempre peggio dai consumatori che sono sempre più sensibili verso le tematiche di benessere animale e di conseguenza dei prodotti che da questi derivano.

Lasciare i vitelli con le madri per i primi due mesi dal parto prolunga la carriera produttiva delle vacche

In un allevamento scozzese è stato adottato uno svezzamento che consiste nel lasciare i vitelli con le madri per i primi due mesi dal parto. La perdita di latte per la trasformazione casearia è compensata dal maggior incremento in peso dei vitelli all’ingrasso e dall’anticipo della fecondazione per le femmine. Inoltre, la carriera produttiva delle vacche viene notevolmente allungata, superando agevolmente i dieci anni, con un consistente incremento nella produzione totale di latte.

Questa esperienza è certamente contrastante con la tecnica attuale, che è stata razionalizzata per la necessità di contenere i prezzi dei prodotti sul mercato. Però, oltre che i costi, bisogna sempre più considerare anche le ricadute delle tecniche di allevamento sugli animali e sull’ambiente. In tal senso, proprio Internet può essere utile perché permette con immediatezza di confrontare nuove esperienze e modalità operative, quanto mai utili per ricercare la tecnica produttiva più adeguata per quella specifica azienda.

 

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Fonte: Sunday Post

Mantenere la fertilità del terreno
12 Settembre 2018


-33%dei raccolti a causa della minore fertilità del suolo (stima per i prossimi 100 anni)

La perdita di fertilità del terreno rappresenta uno dei maggiori problemi che contribuiscono al fenomeno dei cambiamenti climatici in atto, in quanto viene ridotta la capacità di sequestrare il carbonio e di trattenere l’umidità. La conseguenza è una diminuzione nella capacità produttiva dell’agricoltura convenzionale, che si stima potrebbe portare ad una perdita di un terzo dei raccolti nel corso di un secolo, quando invece la crescita della popolazione richiede sempre più alimenti.

La fertilità del terreno, è rappresentata dai miliardi di batteri, il cosiddetto microbiota del suolo, che vivono intorno alle radici di ogni albero, arbusto od altra essenza vegetale e che si sono evoluti con le piante durante milioni di anni in un rapporto di reciproco interesse. E’ data anche da una intricata rete di interazioni che coinvolge un’enorme quantità di biomassa vivente, pari ad oltre oltre 3000 Kg/ha in un suolo agricolo. Pertanto, tutti i fattori che intervengono in questo complesso sistema possono alterarne l’equilibrio ecologico, con una perdita di fertilità e portando alla degradazione del suolo, problema del nostro tempo. Di conseguenza ogni pratica colturale dovrebbe essere orientata al mantenimento di questa fertilità.

In particolare andrebbero sempre adottati tre principi:

  • ridurre gli interventi fisici sul suolo, cioè le lavorazioni;
  • mantenere una copertura vegetale per impedire l’erosione e favorire l’apporto di sostanza organica;
  • applicare il principio della rotazione, interrompendo la tendenza a piantare ad esempio, mais su mais o riso su riso con sempre maggiori lavorazioni, concimazioni minerali, diserbi.

Bisogna ripensare all’apporto della concimazione organica, rivalutando la simbiosi fra allevamento animale e pratica colturale

Bisogna poi ripensare all’apporto della concimazione organica, rivalutando la simbiosi fra allevamento animale e pratica colturale. Questi principi, insiti nelle pratiche agronomiche che nel corso dei secoli ci hanno lasciato in eredità la fertilità del terreno, si collocano ora in quella che viene definita “agricoltura rigenerativa”.

Il mantenimento del microbioma per la salute è presente anche a livello umano, per contrastare il fenomeno proprio del nostro tempo dell’antibiotico resistenza. Nel libro “Growing a revolution” si afferma come gli sforzi in atto per riconsiderare gli effetti degli antibiotici sull’organismo, debbano trovare riferimento anche per il suolo, in modo da mantenerne ed accrescerne la fertilità, cioè la sostenibilità.

Operare con pratiche che mantengono la fertilità del terreno, rappresenta un grande messaggio anche per avvicinare il produttore al consumatore.

Fonte: NewScientist

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