Fertilizzanti: non solo questione di Azoto, Fosforo, Potassio
31 Marzo 2023

Quando gli alimenti vengono messi sulla tavola, portano con sé le sostanze nutritive che hanno assorbito dal terreno dove però debbono essere reintegrate. Per questo sono necessari i fertilizzanti in modo che il ciclo continui. Nel tempo, sono state sviluppate le diverse tecniche agronomiche che hanno lo scopo di assicurare il mantenimento della fertilità del terreno ed il suo ripristino.

L’uomo già tra i 6.000 ed il 2.400 a.C. ha individuato l’importanza dell’uso di fertilizzanti, come il letame, per nutrire le colture. Quando l’agricoltura divenne più intensiva e su larga scala, gli agricoltori iniziarono a sperimentare diversi tipi di fertilizzanti chimici, oggi usati a livello mondiale. Resta però il problema della loro reperibilità, dato che le fonti minerali non sono distribuite uniformemente nel mondo e, soprattutto, sono limitate.

I fertilizzanti hanno permesso di più che raddoppiare le rese dei terreni

Negli ultimi decenni, gli agricoltori sono riusciti a più che raddoppiare la produzione agricola grazie ai nutrienti vitali apportati dai fertilizzanti e questo dovrà continuare, per poter nutrire una popolazione che nel 2050 dovrebbe raggiungere i dieci miliardi.

L’azoto, il fosforo e il potassio (NPK) sono i tre macronutrienti primari dei fertilizzanti. Ognuno di essi svolge un ruolo fondamentale nella nutrizione delle piante e nella promozione della crescita delle colture con rese più elevate. L’Azoto è necessario per la formazione delle proteine, assicura che l’energia sia disponibile quando e dove è necessaria per massimizzare e regolare l’assorbimento di acqua e nutrienti: il Fosforo è vitale per la fotosintesi, permettendo alle piante di convertire l’energia solare in cibo: il Potassio è essenziale per ottenere colture di alta qualità, aiuta a regolare la pressione dell’acqua nelle cellule e rafforza i fusti delle piante per renderle più resistenti alla siccità, alle inondazioni ed agli sbalzi termici.

Se le colture sono carenti di macronutrienti NPK, diventano vulnerabili a vari stress causati da condizioni climatiche, parassiti e malattie. Pertanto, è fondamentale mantenere un equilibrio di tutti e tre i macronutrienti per la produzione di colture sane e ad alto rendimento.

Le differenze dei terreni rendono i Paesi interdipendenti

Ci sono svariati  fattori che influenzano la fertilità del suolo, ma il terreno coltivabile deve avere innanzitutto un corretto equilibrio di tutti e tre i macronutrienti per sostenere colture sane e ad alto rendimento. Di conseguenza, i terreni coltivabili di tutto il mondo variano in base alla quantità ed al tipo di fertilizzante di cui hanno bisogno. Questo rende interdipendenti i vari Paesi, che insieme concorrono ad un sistema alimentare sempre più globale. All’aumento produttivo consegue la sempre maggiore richiesta di fertilizzanti chimici e dunque la ricerca di nuovi giacimenti, che comunque non sono infiniti. Ad esempio, il Brasile è uno dei maggiori esportatori di prodotti agricoli al mondo, ma il Paese è vulnerabile in quanto dipende dall’importazione di oltre il 95% del suo potassio per sostenere la crescita delle colture.

Il bacino dell’Amazzonia contiene la seconda riserva mondiale di potassio ed avrebbe il potenziale di soddisfare le esigenze agricole brasiliane per le prossime generazioni e dunque garantire l’esportazione di quelle materie prime agricole di cui l’Europa ed il mondo hanno tanto bisogno.

Però l’interrogativo diventa inquietante: e dopo che le fonti naturali saranno esaurite?

Fonte: Visual Capitalist

Agricoltura verticale: soluzione moderna e sostenibile
22 Marzo 2023

Si stima che entro il 2050 due terzi della popolazione mondiale vivrà in aree urbane. L’agricoltura verticale potrebbe contribuire ad affrontare le nuove criticità, per nutrire in modo sostenibile questa crescente popolazione urbana, riducendo la domanda di terreni agricoli ed accorciando la distanza tra la produzione ed il consumo di cibo?

La pratica di produrre alimenti in strati impilati od in superfici inclinate verticalmente, a volte integrati negli edifici, senza suolo né luce solare, è oggetto di studio e sperimentazione da diversi anni in tutto il mondo nel contesto delle iniziative di agricoltura urbana. E’ una tecnica già in uso per produrre principalmente verdure ed ortaggi, come lattuga, spinaci, cavoli, pomodori, peperoni, fragole, basilico.

Le fattorie verticali sono però avide di energia. Il bilancio economico è delicato, ma una parte dei costi energetici può essere compensata dai risparmi derivanti dalla sostanziale riduzione dei prodotti agrochimici e degli scarti, nonché dei costi di trasporto e stoccaggio.

Soluzioni innovative per una agricoltura moderna

Poiché quasi la metà delle calorie che consumiamo proviene da cereali come il riso ed il grano, che non vengono coltivati in verticale, questa tecnica produttiva non riuscirà certo a sfamare il mondo. Tuttavia, l’agricoltura verticale propone soluzioni innovative per una agricoltura moderna, contribuendo al contempo alla sostenibilità urbana. Occorre migliorarne le prestazioni e diminuirne i costi. Senza considerare la coltivazione in condizioni estreme, come ad esempio le missioni spaziali, l’approccio deve essere considerato per alcune colture che permettono di fornire cibi freschi in località dove la terra è scarsa e costosa, come le metropoli. La cosiddetta agricoltura urbana, compresa l’agricoltura verticale, ha il potenziale per contribuire ad una produzione alimentare redditizia, alla gestione sostenibile delle risorse naturali, all’azione sul clima e ad uno sviluppo territoriale equilibrato. Ovviamente considerando sempre la sua particolare fragilità insita nel fatto di dover realizzare ambienti artificiali di coltivazione.

Negli Stati Uniti l’agricoltura verticale è inclusa nella politica agricola federale dal 2018. Nella UE, nel contesto del nuovo piano d’azione per l’economia circolare della Commissione Europea, in cui cibo, acqua e nutrienti rappresentano una delle catene del valore sostanziali e della strategia “farm to fork” del 2020 che é al centro del Green Deal europeo, l’agricoltura verticale potrebbe dare un proprio contributo riducendo l’uso di prodotti agrochimici e di acqua, contrastando il degrado del suolo, la deforestazione e l’eutrofizzazione delle acque.

A fronte delle nuove tecniche occorre avere un quadro normativo appropriato per definirne gli ambiti e, soprattutto, la titolarità essendo l’accesso al cibo un patrimonio ed un diritto universale.

Fonte: European Parliament

Imprese ed imprenditori agricoli del futuro
6 Febbraio 2023

Pedro E. Piñate B.

Di Pedro E. Piñate B., Medico Veterinario venezuelano e Consulente Agricolo

Le previsioni di una popolazione mondiale a 9.1 miliardi di persone nel 2050 sono eloquenti circa la necessità di avere nuove imprese e nuovi imprenditori agricoli. Si tratta di circa il 34% in più rispetto ad oggi e la crescita della popolazione riguarda soprattutto i cosiddetti “Paesi in via di sviluppo”. In quella data il mondo sarà per il 70% urbano e solo per il 30% rurale, un cambiamento significativo rispetto all’attuale 49% e 51%, rispettivamente. Tuttavia, per nutrire una popolazione urbana più numerosa di oggi con redditi e potere d’acquisto più elevati, la FAO stima che sia necessario produrre il 70% in più di cibo, senza contare l’ulteriore produzione per i biocarburanti. Sarà indispensabile accrescere la produttività senza poter espandere i terreni agricoli, con un migliore utilizzo e sfruttamento di energia, acqua ed altri fattori. Tutto questo dovrà essere in armonia con l’ambiente, cioè “sostenibile”. La chiave per aumentare la produzione sarà la tecnologia, un tema che richiama il necessario adeguamento degli investimenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo, invertendo la tendenza in atto in molti Paesi.

Sono necessari più investimenti pubblici in agricoltura

Un altro aspetto fondamentale è la necessità di aumentare gli investimenti pubblici in agricoltura a tutti i livelli, in particolare nelle infrastrutture, nell’istruzione, nell’assistenza tecnica e nei servizi di sanità animale e delle piante. Le imprese e gli imprenditori non saranno mai abbastanza per accollarsi gli oneri di tutela ambientale indispensabili alla propria attività ed in nessun Paese tali risorse potranno derivare da una maggior tassazione sugli imprenditori agricoli, perché questi abbandonerebbero l’attività. 

Il recente studio della FAO intitolato “Investing in Farmers: Investment Strategies in Human Capital” (Roma, 2022), ha rilevato che investire negli agricoltori “può contribuire ad aumentare il reddito rurale, una migliore salute e nutrizione, la coesione sociale ed una maggiore inclusione delle donne e dei giovani nelle attività economiche”.

Quali saranno gli imprenditori agricoli del futuro?

A proposito di quali saranno gli imprenditori agricoli del futuro, si può affermare che un po’ in tutti i Paesi se ne stanno già evidenziando i caratteri. Si tratta di uomini e donne tra i 20 ed i 30 anni con grande volontà e desiderio di lavorare in campagna, ancora in fase di formazione e maturazione, già in cerca di un proprio capitale e di credito per i loro progetti agricoli. La maggior parte ha già qualche esperienza agricola o zootecnica, sia per le origini familiari, sia per motivi di studio. Alcuni verranno poi dalle città alla ricerca di forme di vita diversa, meno frenetica, che la campagna ed il contatto diretto con la natura offre in modo unico. Forse, al momento, queste persone non percepiscono ancora bene che è nelle campagne, nell’agricoltura, nell’allevamento, che avranno successo e potranno realizzare il loro sogno di essere liberi. 

Come scrisse già nel 1826 il poeta ed accademico venezuelano Don Andrés Bello: “Ami la libertà? Allora sappi che la campagna è vita”.

TESEO.Clal.it – Numero di aziende da latte in Europa divise per area ed estensione

Articolo raccolto e tradotto da Leo Bertozzi.

Il programma per l’agricoltura dello Stato di New York
3 Febbraio 2023

Secondo i dati del Dipartimento dell’agricoltura, nello Stato di New York operano circa 33 mila aziende agricole, con produzioni che spaziano dal latte (quinto posto nella classifica nazionale), alle mele, all’uva, per un valore totale di 3,3 miliardi di dollari, con 24 mila persone impiegate. Il 23% della superficie totale dello Stato è in uso agricolo, mentre nella zona dei grandi laghi, i Finger Lakes, i terreni agricoli rappresentano più del 40% della superficie totale.

Agricoltura ed allevamento sono dunque attività rilevanti e di recente è stato avviato un gruppo di lavoro fra i rappresentanti della pubblica amministrazione, degli agricoltori, dei lavoratori e delle associazioni di categoria. Il compito è organizzare incontri di confronto ed approfondimento svolti in estate nelle varie zone dello Stato, per identificare le necessità del comparto e le azioni da intraprendere. Sono state individuate le seguenti tematiche su cui è necessario intervenire:

  • Trasporti: affrontare le sfide legate alla movimentazione dei prodotti e le relative esigenze di investimento in strade, ponti ed altre infrastrutture vitali per portare i beni sul mercato;
  • Lavoro: individuare e formare la prossima generazione di agricoltori e lavoratori agricoli per sostenere un settore diversificato con le competenze necessarie per gestire le aziende agricole moderne.
  • Ambiente: affrontare le tematiche relative alla gestione del letame ed alla transizione verso fonti energetiche rinnovabili per raggiungere gli obiettivi climatici dello Stato e permettere alle aziende agricole di diventare neutrali rispetto alle emissioni di carbonio;
  • Alloggi per i lavoratori: fornire un ambiente di vita sicuro, vicino alle aziende agricole;
  • Tassazione: fornire indicazioni per migliorare le imposte sulla proprietà e l’accesso ai programmi di sgravio fiscale esistenti;
  • Tutela dei terreni agricoli: rivedere la normativa esistente per identificare i modi in cui lo Stato possa fattivamente garantire che i terreni agricoli produttivi rimangano accessibili agli agricoltori;
  • Territorio: sostenere le vendite dirette ed i circuiti corti, l’acquisto di prodotti del territorio da parte delle varie agenzie statali per creare catene di approvvigionamento locali, strettamente collegate con le aziende agricole.

Un rapporto finale sarà consegnato all’Ufficio del Governatore e identificherà le azioni, raccomandate dal gruppo di lavoro, che le agenzie statali possono intraprendere per sostenere a semplificare le attività produttive per gli agricoltori dello Stato di New York.

TESEO.Clal.it – Andamento dei costi e dei ricavi nelle Aziende da latte USA

Fonte: New York State Comptroller and New York State

Agricoltura conservativa: realtà o mito?
19 Gennaio 2023

L’agricoltura conservativa o, nella sua accezione inglese, rigenerativa (regenerative agriculture), vuole essere la risposta alle tecniche colturali standardizzate che comportano lavorazioni sempre più spinte, compattamento del terreno, perdita di fertilità, erosione. Tale tecnica agronomica si basa sostanzialmente su cinque principi:

  • intervenire il meno possibile sul terreno;
  • mantenere la sua superficie coperta;
  • conservare le radici vive nel suolo;
  • coltivare una gamma diversificata di colture favorendo le rotazioni;
  • riportare sui campi gli animali da pascolo.

Il minimum tillage, o minima lavorazione del terreno è una pratica nota da tempo, soprattutto negli USA, ma oggi risulta particolarmente interessante dato che si parla sempre più spesso di degrado ambientale, perdita di biodiversità, emissioni e quant’altro. I metodi di coltivazione conservativi diventano poi attraenti anche per i consumatori, nella prospettiva che gli alimenti provengano da un sistema agricolo rispettoso per l’ambiente, che rigenera le risorse naturali.

Un numero crescente di grandi imprese alimentari è interessata all’agricoltura conservativa

Non a caso, un numero crescente di grandi imprese alimentari guarda con sempre maggior interesse all’agricoltura conservativa, ad esempio per ridurre le emissioni di gas serra. Basti pensare che la produzione agricola necessaria per le forniture di materie prime da trasformare rappresenta il 61% delle emissioni di Danone ed il 71% di quelle di Nestlé. Per le attività di Arla Foods nel Regno Unito, l’83% di esse proviene dalle aziende agricole. Di conseguenza si investono notevoli risorse per diffondere questa pratica nei sistemi agricoli di vari Paesi. Un esempio è Nestlé che sta investendo 1,24 miliardi di dollari lungo tutta la sua filiera, mentre Arla sta conducendo progetti pilota presso aziende agricole nel Regno Unito, in Svezia, Germania, Paesi Bassi e Danimarca.

E’ un approccio che, però, richiede tempo per manifestare i propri benefici. Dai dati delle aziende agricole canadesi emerge una perdita di resa nelle prime due stagioni di passaggio all’agricoltura conservativa per poi raggiungere il pareggio entro la terza o quarta stagione, ma è solo dopo cinque o sei cicli produttivi che si inizia a vedere una maggiore redditività, che secondo alcuni studi potrebbe equivalere anche al 30% in più.

Contratti a lungo termine che garantiscano entrate stabili per gestire la transizione

Questo richiede di fornire assistenza tecnica e finanziaria agli agricoltori, sottoscrivendo contratti a lungo termine che garantiscano entrate stabili per aiutarli a gestire la transizione. Negli Stati Uniti, Danone ha dovuto attendere quattro anni dall’avvio del suo programma per la salute del suolo per poter dimostrare di aver ridotto l’emissione di 119 mila tonnellate di CO2 ed averne sequestrate 31 mila in più nel terreno, proteggendo inoltre il suolo dall’erosione. L’agricoltura rigenerativa può portare altri benefici in termini di riduzione delle emissioni di carbonio. Unilever ha attivato un fondo per il clima e la natura che mira a ridurre le emissioni dei suoi fornitori di prodotti lattiero-caseari olandesi e americani. Il progetto prevede l’utilizzo di ingredienti alternativi nei mangimi, come le alghe, una migliore gestione del letame e l’aumento delle superfici coltivate utilizzando l’agricoltura conservativa. Danone afferma che circa la metà delle riduzioni delle emissioni di gas serra sono derivate dall’introduzione dell’agricoltura rigenerativa mentre alla fine dello scorso anno, il 19,7% delle aziende agricole che rifornivano l’azienda di materie prime fondamentali per le sue produzioni, aveva avviato la transizione verso l’agricoltura conservativa.

Soprattutto le grandi imprese alimentari stanno sperimentando tecniche, analizzando dati e sviluppando nuove relazioni commerciali con gli agricoltori per un approccio dal basso verso l’alto, nella prospettiva di un vantaggio condiviso e reciproco, con i consumatori che possono avere alimenti più sani e gli agricoltori per un’attività più certa e profittevole. Ovviamente anche l’ambiente in senso lato ne avrebbe beneficio.

Il tempo ci dirà se si tratta di una tendenza che alcuni stanno sfruttando date le attese del momento o di un onesto e concreto tentativo di rivedere un sistema produttivo che dimostra i suoi limiti. Tutto questo inteso non in senso assoluto ma come un percorso, nella convinzione che se ci si prende cura della terra e delle persone che la coltivano, è possibile operare realmente per la sostenibilità.

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CLAL.it – La Commissione Europea prosegue il percorso per attivare un Mercato del Carbonio

Fonte: Just Food

L’agricoltura fotovoltaica per produrre cibo ed energia
12 Dicembre 2022

Cliccando su Google le parole “solare” e “agricoltura” ci si imbatte in una soluzione in grado di affrontare contemporaneamente la crisi alimentare e quella energetica: l’agri-voltaico.

In questo tempo, il mondo è colpito da una serie di shock destabilizzanti. Gli oltre due anni di pandemia e la successiva guerra in Ucraina, con effetti globali sui mercati delle materie prime, sulle catene di approvvigionamento e sull’inflazione, hanno provocato un’impennata dei prezzi di cibo ed energia. Se si aggiungono poi anche i possibili effetti devastanti dei cambiamenti climatici sulle rese dei  raccolti nei prossimi anni, appare evidente che l’insicurezza alimentare ed energetica diventano un rompicapo in tutto il mondo.

I sistemi agroalimentari sono parte della soluzione per adattarsi ai cambiamenti climatici

Secondo il Forum Economico Mondiale, con i giusti investimenti, l’innovazione ed una concreta collaborazione fra i vari soggetti pubblici e privati, i sistemi agroalimentari potrebbero diventare una delle soluzioni più promettenti per contrastare i cambiamenti climatici e fornire nutrimento a tutti, contrastando la povertà. Ad esempio la sola agricoltura di precisione adottata su larga scala potrebbe ridurre di oltre il 5% l’uso delle risorse idriche e la produzione di energia rinnovabile potrebbe generare fino a 100 miliardi di dollari di reddito aggiuntivo per gli agricoltori entro il 2030. Esistono diverse tecnologie agroalimentari, tra cui i progressi nel digitale e nei dati, le soluzioni di energia rinnovabile ed anche le proteine alternative che, se industrializzate, potrebbero sostenere la sicurezza e l’efficienza del sistema alimentare.

L’agricoltura agri-voltaica integra gli impianti solari fotovoltaici con la coltivazione agricola, in modo che la stessa area di terreno possa essere utilizzata per entrambe le attività, permettendo nel contempo di ridurre le emissioni di gas serra, proteggere la biodiversità, ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e migliorare la produttività agricola.

In sostanza si imita quanto fatto da tempo col principio dell’agroforestazione

L’elemento comune e distintivo dell’agri-voltaico è la condivisione della luce solare attraverso la fotosintesi ed il fotovoltaico. In sostanza si imita quanto fatto da tempo col principio dell’agroforestazione coltivando sullo stesso pezzo di terra colture con diverse esigenze di luminosità. L’ombreggiatura solare riduce l’evapotraspirazione, mantenendo il suolo idratato. Secondo l’associazione SolarPower Europe, la schermatura solare potrebbe far risparmiare dal 14 al 29% di acqua contrastando la siccità. Esistono vari tipi di agri-voltaico, tra cui pannelli fotovoltaici a terra, pannelli fotovoltaici sopraelevati e serre solari, che si combinano con diversi tipi di colture, in funzione del clima locale, delle coltivazioni e dei modelli di utilizzo del suolo. Anche nelle grandi estensioni a pascolo, i pannelli fotovoltaici possono possono essere utili come ombreggiatura e riparo per gli animali.

In un mondo in cui le risorse diminuiscono ed i bisogni aumentano, la terra è sempre più preziosa per la produzione di questi due beni. La risposta potrebbe essere semplice: combinare le due cose. Elementare Watson, direbbe Sherlock Holmes!

Fonte: Energy Monitor

Il miglioramento genetico delle piante per contrastare il cambiamento climatico
5 Dicembre 2022

Si ritiene che oltre un terzo delle emissioni globali di gas serra sia dovuto ai sistemi alimentari. Pertanto qualsiasi programma per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni delineati nell’Accordo di Parigi sul clima deve comportare cambiamenti anche nel modo in cui coltiviamo, trasformiamo e distribuiamo il cibo.

Per raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica, occorre da un lato ridurre il più possibile le emissioni di gas serra e dall’altro assorbire dall’atmosfera quelle rimanenti. L’uso dei terreni agricoli è una componente chiave su entrambi i lati. Diminuendo la quantità di terra dedicata al bestiame si ridurranno le emissioni di metano mentre le colture, grazie al miglioramento genetico, possono essere progettate per catturare l’anidride carbonica in modo più efficiente e convertirla in ossigeno od immagazzinarla nel terreno.

Le tecniche di editing genetico possono migliorare la capacità di immagazzinare il carbonio

Le tecniche innovative di miglioramento genetico vengono già utilizzate per aiutare le colture ad adattarsi ai rapidi cambiamenti climatici, ma le tecniche di editing genetico possono anche migliorare la capacità delle piante e dei microbi del suolo per catturare ed immagazzinare il carbonio dall’atmosfera. Migliorando il processo di fotosintesi, si potrebbero creare piante più produttive di circa il 40%, il che significa meno anidride carbonica nell’atmosfera. Un’altra possibilità è di ottenere radici più robuste, più grandi e più profonde per resistere meglio alla decomposizione, riducendo al minimo le perdite di carbonio. Anche i microrganismi del suolo, che utilizzano il 20% delle molecole che le piante creano durante la fotosintesi, possono essere sfruttati per mitigare i cambiamenti climatici e sequestrare il carbonio. Con le nuove tecniche genetiche i ricercatori potrebbero mettere a punto lo scambio e l’interazione tra le radici e le comunità microbiche, contribuendo a stabilizzare il carbonio nel suolo.

I terreni agricoli coprono più di un terzo della superficie mondiale. L’utilizzo di una frazione di questo spazio per catturare ed immagazzinare il carbonio in modo più efficiente è necessario per i Paesi che vogliono raggiungere i loro obiettivi “net zero“. Ad esempio, la riforestazione strategica su scala mondiale sarà fondamentale per mitigare i circa 40 miliardi di tonnellate di anidride carbonica immessi nell’atmosfera ogni anno. Questo vale anche per gli ecosistemi oceanici e del “carbonio blu” (paludi salmastre, mangrovie e fanerogame) che sono 10 volte più efficaci nel sequestrare l’anidride carbonica su base annua rispetto alle foreste tropicali ed a maggior ragione devono essere tutelati.

Per ultimo, anche i prati hanno un grande potenziale di sequestro del carbonio. Nelle aree sempre più aride, possono immagazzinare più carbonio delle foreste perché sono meno colpiti da siccità e incendi boschivi. I prati, infatti, sequestrano la maggior parte del carbonio nel sottosuolo, mentre gli alberi lo immagazzinano principalmente nel legno e nelle foglie.

Dunque la corretta gestione del suolo e le buone tecniche agronomiche sono uno strumento cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico, su cui si può e si deve agire immediatamente.

Fonte: World Economic Forum

Viva gli agricoltori!
4 Ottobre 2022

Pedro E. Piñate B.

Di Pedro E. Piñate B., Medico Veterinario venezuelano e Consulente Agricolo

A fine giugno, OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e FAO hanno pubblicato il rapporto sulle prospettive agricole mondiali 2022-2031. Per prima cosa, emerge la necessità di soddisfare i bisogni alimentari di una popolazione crescente, che arriverà a 8,6 miliardi nel 2031, rispetto ai 7,8 miliardi del 2021. Oltre ai cambiamenti demografici, la domanda sarà influenzata dai redditi dei consumatori e dai prezzi dei prodotti alimentari.

Aumenti di produttività nei Paesi a basso e medio reddito

Nel prossimo decennio, la produzione agricola mondiale dovrebbe aumentare dell’1,1% all’anno con gli incrementi prevalentemente concentrati nei Paesi a basso e medio reddito, ma che richiederanno un accesso più ampio ai fattori di produzione, nonché maggiori investimenti per l’aumento della produttività in tecnologia, infrastrutture e formazione.  L’aumento delle produzioni vegetali deriverà per l’80% dall’intensificazione dei sistemi di produzione, per il 25% dall’espansione delle terre e per il 5% da un aumento dell’intensità di coltivazione. L’espansione delle terre coltivate si concentrerà a livello regionale in Asia, America Latina e Africa sub-sahariana. L’allevamento e la pesca cresceranno dell’1,5% all’anno, grazie a miglioramenti della produttività per una gestione più efficiente della mandria ed un migliore regime alimentare; il pollame rappresenterà più della metà della crescita mondiale della produzione di carne. Anche la produzione mondiale di latte crescerà nel prossimo decennio, con la metà degli incrementi localizzati  in India e Pakistan.

Per il prossimo decennio occorre prestare particolare attenzione alla questione dell’aumento dei prezzi dei fattori produttivi che fanno lievitare i costi. A questo proposito, il rapporto OCSE/FAO è chiaro sul fatto che gli attuali aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari e dei carburanti sono altamente regressivi, aggravano lo stress economico ed hanno un impatto negativo su produttori e consumatori.

Per quanto riguarda il cambiamento climatico, il rapporto prevede che le emissioni agricole cresceranno ad un ritmo più lento rispetto alla produzione, grazie al miglioramento delle rese ed anche per la riduzione della parte derivante dai ruminanti. Tuttavia, sono necessari ulteriori sforzi affinché il settore agricolo contribuisca efficacemente alla riduzione complessiva delle emissioni di gas serra (GHG). Ciò include l’adozione su larga scala di processi produttivi e di tecnologie intelligenti dal punto di vista climatico, soprattutto nel settore zootecnico.

Un’equa condivisione del reddito lungo la catena agroalimentare

Anche il contesto macroeconomico dei prossimi 10 anni è particolarmente impegnativo, con i conflitti che aumentano l’incertezza. In questo scenario, l’impegno degli agricoltori deve estendersi in modo solidale ai consumatori per un’equa condivisione del reddito lungo la catena agroalimentare. È inoltre essenziale che in ogni Paese le politiche agricole, così come quelle del lavoro, dei salari e dell’ambiente, vengano applicate in maniera uniforme e risultino adeguate e stabili. Il contesto commerciale internazionale deve consentire la necessaria fluidità e trasparenza, senza privilegiare i consumatori a scapito degli agricoltori. Inoltre, nei Paesi esportatori ad economia avanzata, i sussidi agli agricoltori non devono tradursi in una concorrenza sleale nei confronti dei loro colleghi del mondo “in via di sviluppo”, che quindi  non si svilupperà mai.

L’attività agricola è uno stile di vita

In ogni luogo l’attività agricola, più che un mestiere, è uno stile di vita i cui valori sono spesso tramandati di generazione in generazione. Rappresenta la salvaguardia e la promozione del territorio. Per questo ogni nazione libera e sovrana deve dotarsi di una politica agricola che tuteli e sostenga chi opera in agricoltura  per prendersi cura di quel grande spazio fisico, sociale ed economico collocato oltre  la città, chiamato campagna.

Senza dubbio, l’impegno degli agricoltori è per un mondo senza fame, per un mondo migliore.

Dunque, lunga vita  agli agricoltori!

CLAL – Produzione mondiale di Frumento

Articolo raccolto e tradotto da Leo Bertozzi.

Rischi informatici per l’agricoltura di precisione
13 Settembre 2022

Essendo giunto il tempo in cui occorre massimizzare l’efficienza produttiva, si espande la cosiddetta agricoltura di precisione che utilizza i dati raccolti da GPS, immagini satellitari, sensori collegati a Internet ed altre tecnologie per coltivare ed allevare in modo più razionale. Le moderne tecnologie informatiche per efficientare il processo decisionale e le operazioni di gestione della produzione agricola consentono di usare terra, acqua, carburanti, fertilizzanti, pesticidi, così come di intervenire in allevamento, per produrre di più e minimizzare l’impatto sull’ambiente, in modo da aumentare le rese e ridurre i costi. Tutto positivo? No di certo, perché queste nuove tecnologie possono subire attacchi informatici dagli effetti dirompenti.

Questi attacchi stanno già avvenendo. Negli USA, ad esempio, lo scorso anno un ransomware, cioè un virus informatico che prende il controllo del computer e chiede un riscatto per ripristinarne il normale funzionamento, rivendicato dal gruppo russo REvil ha costretto un quinto degli impianti di lavorazione della carne bovina ad interrompere la lavorazione, con un’azienda che ha pagato quasi 11 milioni di dollari ai terroristi informatici.  Allo stesso modo, una cooperativa di stoccaggio di cereali in Iowa è stata presa di mira da un gruppo chiamato BlackMatter. Sebbene gli attacchi abbiano colpito finora grandi imprese con l’obiettivo di estorcere denaro, non si può escludere il pericolo che in questo tempo di tensioni internazionali anche le aziende agricole possano essere un obiettivo allettante per gli hacker.

Ad esempio, un aggressore potrebbe cercare di sfruttare le vulnerabilità delle tecnologie di applicazione dei concimi, degli antiparassitari o dei diserbanti, che potrebbero portare un agricoltore ad usarne troppi o troppo pochi, ritrovandosi quindi con un raccolto inferiore alle aspettative o con sprechi ed impatti ambientali negativi. Lo stesso potrebbe avvenire per gli impianti di mungitura robotizzati e comunque per tutti i casi in cui opera un computer.

Il settore agricolo tarda a riconoscere i rischi di cybersecurity

A differenza di altri settori strategici come la finanza e la sanità, il comparto agricolo però tarda a riconoscere i rischi di cybersecurity e ad adottare misure per contrastarli. Manca poi anche una attenzione da parte delle autorità pubbliche. Così, mentre altri settori operativi hanno sviluppato numerose contromisure e best practices per la sicurezza informatica, lo stesso non si può dire per il settore agricolo.

Oltre all’urgente necessità di linee guida e risorse da parte dei governi, occorre agire nella ricerca attraverso sforzi multidisciplinari che riuniscano i settori  dell’agricoltura di precisione, della robotica, della sicurezza informatica e delle scienze politiche, in modo da identificare soluzioni appropriate per la cybersicurezza. Questo riguarda in particolare la produzione di impianti ed attrezzature agricole che debbono essere progettati non solo per massimizzare le rese ma anche per ridurre al minimo l’esposizione ai cyberattacchi.

TESEO.clal.it –  Mondo: Rese per cereale dei principali Paesi produttori.

Fonte: The Conversation

La rincorsa fra prezzo del latte e costi di produzione
5 Settembre 2022

Il problema in fin dei conti è sempre quello: trarre un giusto reddito dalla propria attività. Ma come risolverlo nella produzione di latte, quando i costi crescono più dei prezzi pagati agli allevatori?

Come prezzo, l’ultimo anno è andato apparentemente bene per i produttori di latte USA dato che ha  avuto una crescita continua. Questa dinamica era iniziata con la ripresa dei vari settori dell’economia dopo il lockdown, con una domanda che ha richiesto grandi quantità di prodotti lattiero-caseari e che è stata spinta dall’export.

CLAL.it – Stati Uniti: Prezzo del latte

I prezzi record del latte sono stati però in gran parte vanificati dagli aumenti dei costi di produzione, uno fra tutti quelli dei mangimi che  rimangono ben al di sopra della media e per i quali l’incertezza sulle aspettative dei raccolti a livello mondiale continua ad esercitare una pressione al rialzo.

Un’analisi più approfondita dei costi di produzione e di gestione dell’azienda da latte evidenzia questo problema di marginalità. Se gli alimenti, compresi anche quelli prodotti in azienda ed il pascolo, hanno rappresentato la parte più consistente delle spese, aggravate anche dall’eccezionale siccità che ha colpito alcuni Stati, la seconda categoria in ordine di importanza è quella del capitale investito per la gestione dell’allevamento, che comprende spese per strutture di stabulazione, macchinari ed attrezzature, movimentazione del letame, stoccaggio degli alimenti od altro. Bisogna poi considerare anche il costo della manodopera, un ulteriore elemento rilevante dell’equazione. Tutti questi parametri evidenziano un margine operativo negativo in tutte le dimensioni aziendali.

Quindi, sebbene  le entrate siano apparentemente più elevate, di fatto il potere d’acquisto dei produttori sul mercato si è generalmente indebolito. Il problema è sempre lo stesso: avere un prezzo del latte che dia certezza al produttore per la sua attività, contrastando la volatilità del mercato.  

Le politiche agricole si pongono l’obiettivo di dare prospettive alla crescita produttiva, tenendo presenti gli aspetti economico, sociale, ambientale ed anche tecnologico, ma non saranno risolutive senza una visione globale e non settoriale. Di fatto, occorre affrontare la questione nella sua complessità  in modo coordinato a livello internazionale, innanzitutto attenuando i conflitti che sono forieri di stravolgimenti che non possono che aumentare le incertezze. Occorre poi unire le forze per contrastare i dirompenti effetti dei cambiamenti climatici ed il depauperamento delle risorse naturali.  

La domanda cui rifuggiamo è sempre quella: quanto è reale il postulato della crescita infinita?
Celebre a tal proposito è l’affermazione dell’economista inglese Kenneth Boulding: «Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un pazzo, oppure un economista».

TESEO.clal.it – Stati Uniti: Precipitazioni totali

Fonte: Dairy Producer