C’è un mercato nuovo che chiama [intervista]
17 Dicembre 2019

Thomas Ronconi
Marmirolo, Mantova – ITALIA

“I prezzi dei suini così elevati? Sinceramente non me l’aspettavo, così come penso che non se lo aspettasse nessuno sei mesi fa. Ma per quello che sta accadendo in Cina con la peste suina, listini così alti sono giustificati e trovano una spiegazione”.

Thomas Ronconi - Presidente Associazione Nazionale Allevatori Suini
Thomas Ronconi – Presidente Associazione Nazionale Allevatori Suini

Thomas Ronconi, allevatore di Marmirolo (Mantova) e presidente dell’Associazione nazionale allevatori suini (Anas), non nasconde la sorpresa del boom attuale dei prezzi, partiti dallo scorso luglio con una rincorsa che ha tutti i connotati di un boom storico.

Da cosa dipendono i prezzi così alti? È solo l’effetto della peste suina in Cina?

“Sì, solo quello”.

Quanto andrà avanti, secondo lei, questa situazione di mercato?

“Difficile rispondere, ma tutti gli indicatori fanno pensare che andremo avanti con prezzi sostenuti almeno per un anno, per tutto il 2020”.

L’Italia ha iniziato a esportare in Cina?

“No, se non in minima parte. Confidiamo nel 2020”.

C’è un mercato nuovo che chiama, quello cinese, e ci troviamo impreparati

Da cosa sono dipesi questi ritardi?

“È un ritardo tutto italiano. Le nostre strutture si sono accreditate lo scorso autunno, cioè inverosimilmente tardi rispetto agli altri Paesi europei”.

L’economia italiana lamenta un grave ritardo anche nelle infrastrutture e nella logistica. È così?

“È una domanda che noi suinicoltori non ci eravamo mai posti, perché siamo importatori per il 45% di carne di maiale e quindi per il nostro circuito la necessità di dover esportare non c’è mai stata. Adesso però che c’è un mercato nuovo che chiama come quello cinese, ci troviamo impreparati”.

Come si potrebbe armonizzare il mercato in questa fase di prezzi elevati?

“Secondo me non è possibile fare un ragionamento di filiera, come peraltro non è mai stato fatto in passato. Oggi come oggi manca la merce, facciamo fatica noi allevatori a rispondere alla domanda, spinta dalla Cina, sia ben chiaro. Questo spiega perché i prezzi sono elevati: manca la merce. Ma bisogna anche dire le cose come stanno”.

E cioè?

“Che il prezzo medio di quest’anno è stato finora di 1,45 €/kg, che è di poco al di sopra del costo di sopravvivenza, che si aggira intorno a 1,40 euro al chilogrammo”.

Come si può valorizzare il prosciutto DOP?

“È un’altra domanda complicata, perché molto spesso si dimentica che la qualità c’è, anche se va comunque migliorata, ma bisognerebbe sovvertire un processo dinamico che invece si è consolidato negli anni e che è emerso anche agli Stati generali della suinicoltura, organizzati a fine novembre da Assica. E cioè che i prosciutti DOP sono venduti e purtroppo hanno mercato solo quando sono in promozione”.

Prosciutto DOP: dovremmo puntare sull’export. Anche in Asia

L’export può essere una soluzione anche per risollevare il mercato dei crudi a denominazione?

“Sì. Anzi, è proprio sull’export che dovremmo puntare. Invece è fermo”.

In quale parte del mondo converrebbe concentrarsi?

“Bisognerebbe percorrere strade nuove, senza trascurare i canali commerciali già aperti. Mi spiego meglio: si continui pure a vendere in Francia, Germania e Regno Unito, dove la presenza è consolidata negli anni, ma allo stesso tempo si cerchino nuovi mercati, soprattutto in Asia, dove le potenzialità sono notevoli”.

Che cosa manca alla suinicoltura italiana?

“Non vedo lacune particolari. Ma se guardiamo al segmento allevatoriale, sarebbe forse necessaria maggiore armonia. I prezzi dei cereali esageratamente bassi rischiano di portare a una conversione delle aziende, con l’effetto di una carenza della materia prima. La stessa cosa vale per i suinetti: se facciamo morire le scrofaie piccole, poi avremo meno disponibilità di lattoni”.

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Pubblicato da

Matteo Bernardelli

Giornalista. Ha scritto saggi di storia, comunicazione ed economia, i libri “A come… Agricoltura” e “L’alfabeto di Mantova”.