L’importanza della gestazione per la salute del vitello
17 Luglio 2020

È noto che la salute del vitello e la sua carriera produttiva sono influenzate dal modo in cui è stata condotta la gestazione ed in particolare riguardo l’alimentazione della madre, il suo stato sanitario e gli stress. Su questi aspetti, l’Università della Florida ha condotto degli studi, i cui risultati sono stati presentati al Canadian Dairy Seminar 2020 in Alberta.

Un vitello che nasce sottopeso per carenze alimentari della vacca durante la gestazione, potrà avere compromessa la crescita, la capacità produttiva e la resistenza alle malattie. Non si tratta però solo di quantità della razione, ma anche della sua composizione ed additivazione.

È stato osservato che la colina è uno dei fattori nutrizionali che possono avere un’importanza diretta su salute e performance del vitello ed è stato dimostrato come la sua aggiunta nella razione della vacca per 3 settimane prima del parto fino a dopo il parto, comporta una minore mortalità dei vitelli a 24 giorni, minore incidenza di stati febbrili, maggior incremento di peso fino a 300 giorni. Riguardo le malattie, le infezioni alla vacca durante la parte finale della gestazione possono determinare una risposta immunitaria che si ripercuote sul vitello, condizionandone la salute.

Lo stress da caldo influisce negativamente sulla salute del vitello

Particolarmente importante è però un altro fattore osservato dai ricercatori statunitensi attraverso le osservazioni in utero della vacca a fine gestazione, cioè lo stress da caldo. Questo stato altera la capacità della vacca di scambiare principi nutritivi ed ossigeno al feto, riducendo la durata della gestazione. I vitelli alla nascita sono meno pesanti e questo stato persiste durante svezzamento e pubertà. L’animale potrà recuperare peso nel secondo anno di vita, ma si tratterà più di deposito adiposo che non di tessuto funzionale.

Quindi, vacche più grasse e con maggior insulina che metabolizzano più rapidamente il glucosio e di conseguenza minore capacità di trasformare i principi nutritivi in latte. Inoltre lo stress da caldo comporta minore possibilità di assorbire le immunoglobuline dal colostro e dunque ridotto stato immunitario del vitello.

In conclusione, bisogna prestare attenzione alle condizioni intrauterine negli ultimi tre mesi di gestazione. Questo non solo per la salute della vacca, ma per tutta la carriera produttiva del nuovo animale.

TESEO.it - Patrimonio Bovini da latte in Italia
TESEO.it – Patrimonio Bovini da latte in Italia

Fonte: Dairy Herd

Colostro bovino per sportivi e riabilitazione: i benefici nella dieta umana
7 Luglio 2020

Il centinaio di componenti bioattivi del colostro bovino rappresentano un potenziale notevole per modulare le diete in diversi ambiti, quali l’alimentazione sportiva, quella per l’età infantile e quella avanzata, ma anche per la riabilitazione conseguente a stati infettivi e di debilitazione.

Secondo la Sovereign Laboratories, azienda che produce colostro a fini commerciali, il prodotto può essere usato con profitto, ad esempio, per arricchire il latte artificiale dei necessari fattori immunitari e di crescita, oppure per contribuire a ricostruire la massa muscolare o per contrastare gli stati allergici.

Il suo uso potenziale si può estendere anche alle bevande ed alle barrette, prodotti sempre più diffusi in una alimentazione mirata, dato l’apporto specifico di fattori immunitari. La moderna tecnologia permette di mantenere inalterate le proprietà del colostro fresco, preservandone il contenuto in immunoglobuline ed evitando la degradazione durante il processo digestivo.

Il prodotto è disponibile sul mercato sotto forma di pillole od in polvere, ma il problema resta la sua limitata disponibilità, data la scarsa disponibilità di prodotto fresco ed i conseguenti problemi di raccolta e conservazione.

Anche il colostro dimostra quanto preziosi siano i benefici del latte e quante siano le possibilità di trarre profitto da questo oro bianco.

Fonte: Nutrition Insight

La sala di mungitura intelligente per la stalla del futuro [Intervista a Maurizio Ruggeri – TDM]
22 Giugno 2020

Maurizio Ruggeri - A. D. di TDM
Maurizio Ruggeri – A. D. di TDM

“La stalla del futuro sarà all’insegna del benessere animale, della qualità delle produzioni, grazie alla genetica, all’analisi dei dati, alla corretta alimentazione, ad innovazioni che nemmeno si possono oggi immaginare”.

Lo dice Maurizio Ruggeri, amministratore delegato di TDM, realtà nata nel 1992, e che oggi esporta tecnologia in tutto il mondo e ha 130 dipendenti.

Il suo motto è: “The limit is the sky”, il limite è il cielo, perché – ricorda – “negli ultimi 15 anni in allevamento si sono compiuti passi in avanti che nemmeno avremmo immaginato”.

Avete avuto difficoltà in queste settimane di lockdown?

“A parte la prima fase di choc, durante la quale abbiamo fermato quasi completamente l’attività garantendo ai clienti solamente l’intervento in caso di rotture, siamo successivamente riusciti a ripartire prima con le manutenzioni programmate e successivamente con installazioni di impianti nuovi. Il tutto non senza difficoltà, prima di tutte quella di salvaguardare la salute dei nostri dipendenti e dei clienti e poi altre difficoltà logistiche come ad esempio l’approvvigionamento delle merci causa chiusura dei fornitori e la difficoltà ad organizzare il ricevimento o la spedizione di merci con aumenti di costi a volte pari al triplo del normale. L’estero, invece, che per noi vale circa il 25% del fatturato, è ancora fermo anche se si intravedono ora le prime possibilità di una riapertura a breve. L’aspetto positivo è che abbiamo utilizzato questo periodo di fermo attività per fare formazione in remoto a tutti i tecnici installatori e manutentori”.

Sul vostro sito invitate a consumare latte italiano. Quanto è importante sostenere il Made in Italy?

Bisogna incentivare i prodotti italiani, ma ricordare che viviamo in un mondo interconnesso

“Ci sembra doveroso incentivare i consumi di prodotti italiani, anche perché la mia storia nasce in un’azienda agricola e da sempre conosco il valore dei prodotti Made in Italy, la passione, la fatica e la competenza che servono per ottenerli. È molto importante dare una mano ai nostri allevatori, ma allo stesso tempo, dobbiamo tenere presente che viviamo in un mondo interconnesso. Noi stessi facciamo export ed è impossibile mettere delle barriere e chiudere i confini, non sarebbe lungimirante. Resta il fatto che ritengo fondamentale dare al consumatore la possibilità di scegliere cosa acquistare in maniera consapevole evidenziando chiaramente in etichetta la provenienza del prodotto che sta comprando e raccontandogli quanto lavoro e quanta passione sono serviti per produrlo”.

Il prezzo del latte spot sta riprendendo quota. Come è possibile sostenere e rilanciare il prezzo del latte in questa fase?

“Abbassare le produzioni potrebbe sembrare la risposta più ovvia, ma è molto difficile per un allevatore che sta cercando di ridurre i costi attraverso un’economia di scala decidere di tornare indietro nella quantità di latte prodotto, e in ogni caso, il mercato italiano dipende molto da cosa avviene in Francia, Germania, Olanda piuttosto che in Nuova Zelanda o in Australia. Tenga conto che la situazione del mercato del latte pre-covid era buona e le proiezioni davano un aumento dell’1,3% annuo dei consumi mondiali di prodotti lattiero caseari da qui al 2030, questo avrebbe dato stabilità ai mercati. Io sono tendenzialmente ottimista e penso che, salvo un repentino ritorno del covid-19, i mercati, supportati da giuste campagne di promozione informazione, potrebbero ritornare in un periodo non troppo lungo a come erano prima”.

Quale altra soluzione potrebbe rispondere alle esigenze del mercato?

“Premetto che non è il mio campo e non mi occupo di mercati ma penso che potrebbero aiutare accordi di filiera che coinvolgano i produttori, l’industria di trasformazione e la grande distribuzione, con i quali definire ed indicare meccanismi per calcolare i giusti margini per tutti. Qualche centesimo può fare la differenza per l’allevatore e a volte per lui può significare la differenza tra produrre reddito e perdere, a fronte di un vero accordo di filiera che coinvolga sia l‘industria di trasformazione che la grande distribuzione si potrebbero definire dei criteri per una sorta di minima remunerazione per il produttore in base ai costi di produzione e ricavare i giusti spazi per tutti senza che il consumatore ne debba soffrire particolarmente. Certo che si dovrebbe riuscire a mettere sullo stesso piano tutti gli attori della filiera. Purtroppo devo dire che durante la fase di confinamento abbiamo visto anche dinamiche inspiegabili e penalizzanti per i produttori, con stalle che hanno venduto il latte a 23 centesimi al litro pur di non buttarlo. Bisogna che ognuno compia un passo avanti per uscire dalla crisi e da questo modello di mercato”.

Un Tavolo di filiera può aiutare a trovare una sintesi?

“Penso di si, il tavolo del latte è sempre stato gestito da Regione Lombardia e credo che serva una sorta di garante a livello istituzionale, in modo da facilitare il confronto fra i vari interlocutori. Sarebbe utile, in questa fase, inaugurare un nuovo metodo di dialogo, per coinvolgere tutti i protagonisti con nuove prospettive e idee innovative, perché da questa crisi senza precedenti possa scaturire qualcosa di buono per il futuro”.

Quanto è utile abbassare i costi di produzione?

“Torno volentieri sul nostro campo di azione; l’abbassamento dei costi di produzione è un punto centrale per la sopravvivenza degli allevamenti è una strada che perseguiamo da oltre 20 anni proponendo l’introduzione di tecnologie e di innovazione, oltre 20 anni fa abbiamo iniziato ad introdurre  l’utilizzo dei pedometri per la rilevazione dei calori e molti ci prendevano per pazzi, oggi la maggior parte delle aziende si è dotata di questi strumenti che contribuiscono ad abbassare il costo litro latte. Negli anni gli allevatori sono cresciuti molto, ma ci sono ancora margini di crescita ed ogni giorno in azienda c’è qualcosa di nuovo da imparare e o da applicare. La preparazione degli operatori, la conoscenza delle tecnologie ed il loro corretto utilizzo possono aiutare l’allevatore a migliorare la produttività dell’allevamento abbassando di conseguenza i relativi costi di produzione”.

Guardando alle nuove tecnologie, chi dovrebbero seguire come esempio di innovazione gli allevatori italiani?

“Su scala mondiale gli Usa sono da sempre il paese visto come riferimento, per contro la nostra azienda ha imparato molto da Israele, gli israeliani con una produzione per capo più alta al mondo, hanno un diverso approccio, più basato “sull’essenziale”, poi ci sono alcuni paesi nordici che pongono più attenzione al benessere animale e alla sostenibilità. Ma mi lasci dire però che gli allevatori italiani sono molto bravi e nulla hanno da invidiare rispetto ai colleghi di tutto il mondo. È necessario che i produttori scelgano validi collaboratori, professionisti, fornitori creando delle squadre di lavoro nelle quali ognuno possa portate la propria professionalità e le proprie esperienze. Le faccio un esempio: se sono il fornitore di tecnologia di un’impresa, mi sento responsabile di consigliare il prodotto giusto e dare un addestramento adeguato perché solamente in questo modo il cliente potrà ripagare l’investimento in breve tempo e poter fare ulteriori investimenti. Lo stesso vale per il veterinario che segue la mandria, perché il suo operato ricade sulla gestione e sul benessere degli animali”.

C’è spazio per aumentare la produttività per vacca? Dove si arriverà?

“Difficile dire dove si arriverà. Se me lo avesse chiesto solamente cinque anni fa avrei detto un valore che abbiamo già superato. Molti sono i fattori che influenzano l’aumento di produttività a partire dalla genetica, al benessere, all’alimentazione, all’utilizzo di tecnologie e ad una migliore preparazione degli operatori e sono convinto che questo trend sia destinato a crescere ancora in maniera importante”.

Come sarà la stalla del futuro?

La stalla del futuro sarà impostata verso il benessere animale

“Sarà impostata con una grande attenzione al benessere animale. Avremo sempre più sensori e strumenti che daranno informazioni precise sugli animali, meno manodopera e più automazione. L’obiettivo è far sì che l’animale sia in salute, sia alimentato bene, abbia una vita più lunga, avremo pertanto animali più produttivi che vivranno meglio, oggi l’allevatore ha compreso che il benessere animale è anche una questione economica.

Anche la sostenibilità avrà la sua importanza il che non vuol dire produrre meno o mettere le vacche al pascolo. Una stalla più performante inquina di meno di una meno efficiente”.

Oggi di quali dati ha bisogno l’allevatore dalla sala di mungitura? E poi: i dati hanno un valore economico?

“La sala di mungitura è un punto nevralgico nel quale vengono raccolti molte informazioni ma non solo, credo che l’allevatore si debba concentrare principalmente sui dati che riguardano la produzione, la salute, il benessere e la fertilità. Questi se bene interpretati possono dare informazioni utili. Qualche esempio: oltre alla quantità del latte, al grasso e alle proteine e alla conducibilità elettrica dello stesso, possiamo sapere ad esempio se l’animale ha sviluppato una chetosi o se c’è un problema di acidosi, se ha problematiche metaboliche, alimentari, oppure quanto ha ruminato, se è in calore, se respira correttamente o quanto l’animale rimane coricato. In pratica, andiamo ben oltre i dati legati al latte e alla mungitura, perché per mezzo di nuovi sensori e di algoritmi si sta allargando sempre più il ventaglio delle informazioni”.

In altri campi i dati hanno un valore economico, nel nostro sistema non esiste niente di tutto ciò, ma non è detto che si arrivi un giorno al fatto che l’allevatore possa in qualche modo valorizzare le informazioni relative ai propri animali”.

Quali innovazioni o strategie introdurrete in futuro?

Nuovi sensori che utilizzano l’IA per poter predire cosa potrà accadere ad un animale

“Stiamo studiando nuovi sensori, software, su pc ed in cloud, che utilizzano l’Intelligenza Artificiale per poter predire cosa potrà accadere ad un animale sulla base dell’analisi dei dati di oggi, sistemi che rendano i dati fruibili in maniera molto semplice e immediata da qualsiasi dispositivo fisso o mobile.

La robotizzazione inoltre avrà una parte importante sia essa relativa alla mungitura che all’alimentazione, stiamo anche lavorando ad un progetto completamente innovativo che è l’automazione dell’impianto di mungitura tradizionale e che potrà essere applicato ad impianti di mungitura esistenti rivoluzionando quella robotica attualmente disponibile nel nostro campo”.

L’apertura del consorzio del Grana Padano nei confronti del robot di mungitura porterà a un aumento delle vendite?

“Crediamo di sì. Siamo alle prese con un aumento di interesse e di vendite, le richieste sono aumentate negli ultimi anni trascinate anche dal prezzo del latte favorevole che dalla difficoltà sempre più crescente di reperire manodopera qualificata”.

Dove non è applicabile l’automazione?

“Non esiste una verità assoluta, ogni progetto va valutato nel proprio contesto di dimensione, di disponibilità di manodopera sia essa famigliare e non, di previsioni di sviluppo dell’allevamento del fatto che si facciamo 2 o 3 mungiture, dalla capacità di far fronte all’investimento e tanti altri fattori.

Da tenere presente anche l’attitudine dell’allevatore ad utilizzare la macchina. Il robot di mungitura ti fa cambiare la routine di lavoro nella stalla, i robot di oggi sono molto affidabili e funzionano bene, ma devono essere inserite nel contesto giusto il cambio di vita investe tanto gli animali quanto gli allevatori”.

Vacche: tra chiacchiere ed emozioni
16 Giugno 2020

Ogni allevatore sa che gli animali richiedono attenzione e che, se trattati bene, producono meglio. Però, si può arrivare a dire che anche le vacche esprimono emozioni?

Da uno studio australiano sulla comunicazione vocale delle vacche e le loro emozioni pubblicato sulla rivista Scientific Reports, sembra proprio di sì. I ricercatori hanno registrato per sei mesi i muggiti di 18 vacche in diversi contesti emotivi positivi, come prima dei pasti o durante l’estro, e negativi, come nella mancanza di cibo o nell’isolamento dalla mandria.

I muggiti sono stati valutati per picco, durata, intensità, ruvidità del suono, identificando oltre venti diverse vocalità. La prima osservazione riguarda l’individualità della voce: come per le persone, ogni animale dimostra di avere una propria vocalità, indipendentemente dal diverso contesto emotivo, la mantiene durante tutto il ciclo vitale e sa farsi riconoscere dai vitelli.

È stato poi dimostrato che i muggiti servono per mantenere l’animale in contatto con la mandria e possono esprimere soddisfazione, rabbia o dolore. Le vacche sanno “parlarsi” e, essendo animali addomesticati, sono socievoli e capaci di esprimere le loro emozioni, sia positive che negative. A livello pratico l’analisi dei muggiti o, per meglio dire, delle vocalizzazioni, potrebbe essere un mezzo semplice, diretto e non invasivo per valutare il grado di benessere animale, l’adattamento alle diverse pratiche aziendali ed anche il grado di interazione fra gli animali e le persone.

Tutto questo non è sorprendente e lo sapevano bene gli allevatori quando in passato usavano dare un nome ad ogni vacca. Bisognerebbe sempre ricordare che in ogni condizione di vita, sia allo stato naturale che nell’allevamento intensivo, si tratta di animali che interagiscono attraverso la loro emotività e cui occorre dunque prestare la dovuta attenzione.

TESEO.clal.it - UE-28: Numero medio di Capi da latte bovino per azienda
TESEO.clal.it – UE-28: Numero medio di Capi da latte bovino per azienda

Fonte: edairynews

Come cambiano i sistemi alimentari nel mondo
10 Giugno 2020

I sistemi alimentari sono sempre più globali ed interdipendenti

Gli ultimi cinquant’anni sono stati caratterizzati, a livello mondiale, da crescita economica ed urbanizzazione, unitamente a sviluppo tecnico e tecnologico. Questo ha riguardato anche l’agricoltura, la lavorazione e la conservazione degli alimenti attraverso sistemi sempre più integrati, che hanno considerevolmente trasformato tutta la filiera, dalla produzione al consumo, al controllo igienico-sanitario fino alla tutela del consumatore ed alla repressione frodi. Dunque, i sistemi alimentari sono sempre più globali ed interdipendenti e le diete alimentari sono in continua evoluzione.

Una analisi dei dati FAO di 171 Paesi dal 1961 al 2013 condotta su 18 gruppi di alimenti, dai cereali ai prodotti animali, ai vegetali agli zuccheri, agli oli, ha cercato di identificare i fattori multidimensionali alla base delle forniture alimentari che debbono far fronte alle mutate richieste nei vari contesti mondiali.

Il 90% della variazioni nelle forniture alimentari ha riguardato la domanda di quattro gruppi di alimenti: prodotti animali e zuccheri; prodotti vegetali, farinacei e frutta; pesce ed olio.

I maggiori cambiamenti nella dieta alimentare sono avvenuti in Corea del sud, Cina e Taiwan, dove prodotti animali e zuccheri hanno avuto un peso sempre più crescente. All’opposto, nei Paesi industrializzati occidentali il consumo di tali prodotti è in calo, mentre nelle regioni sub sahariane non sussistono evoluzioni particolari sulla composizione delle richieste alimentari.

Questo ha portato ad una generale convergenza nei metodi di produzione, distribuzione, conservazione e forniture alimentari per quanto riguarda soprattutto i prodotti di origine animale e gli zuccheri, con un impatto a livello ecologico e sociale.

L’analisi dei ricercatori guidati dall’università del Kent, UK, evidenziando la crescente interdipendenza fra i molteplici sistemi alimentari nei vari Paesi, permette di capire meglio l’evoluzione dei cambiamenti nelle domanda e dunque prevedere una impostazione delle forniture per assicurare diete bilanciate e sistemi alimentari sostenibili.

Fonte: Nature Food

Il valore della medica per la produzione di latte
4 Giugno 2020

È diffusa l’opinione che quando si hanno dei fieni scadenti basti spingere un po’ col mangime per mantenere la produzione di latte. Uno studio dell’università del Wisconsin dimostra come un simile comportamento sia però molto avventato per portare al risultato sperato.

Il fieno di medica di bassa qualità riduce la produzione di latte

Infatti, alimentando vacche da latte con razioni contenenti il 20%, 37%, 54%, e 71% di mangime e fieno di medica raccolta a quattro stadi crescenti di maturazione, da pre fioritura fino a fioritura molto avanzata è risultato che, nonostante l’aumento della percentuale di concentrato nella razione, l’uso di fieno di medica di bassa qualità comporta una riduzione nella produzione di latte dal 13% fino al 28%.

Questa influenza diventa poi evidente calcolando il prezzo dei fieni di diversa qualità rispetto al latte prodotto ed alla sua composizione. Nelle situazioni di bassi prezzi di mercato, dato che il costo dell’alimentazione rappresenta oltre la metà dei costi di produzione del latte, istintivamente si tende a risparmiare su tutti i componenti della razione, fieno compreso, senza considerare però che il primo elemento per assicurare i margini produttivi è la valorizzazione della qualità dei foraggi.

Questo tanto più quando si opera in situazioni di mercato critiche. Non bisogna mai dimenticare che la base alimentare dei bovini, in quanto ruminanti, sono i foraggi e che dalla loro qualità dipende la resa produttiva e che i mangimi sono un complemento della razione. Lo studio americano dimostra poi che, sebbene il prezzo di un fieno di buona qualità sia superiore a quello di uno scadente, il ricavato dalla maggiore resa in latte può comportare un compenso anche fino a tre volte la maggiore spesa.

È proprio in tali contesti che diventa dunque indispensabile misurare e monitorare con precisione la qualità del fieno impiegato, per cui non bisogna mai dimenticare quanto importante sia tutto il complesso delle operazioni di fienagione, dall’epoca di sfalcio della medica, fino alla sua raccolta e condizionamento.

Italia: Export di Erba Medica
Italia: Export di Erba Medica
TESEO.it - Costo delle razioni e dell'alimento simulato
TESEO.it – Costo delle razioni e dell’alimento simulato

Fonte: Hay and Forage

Carni suine italiane: nuove opportunità in Oriente [VIDEO]
29 Maggio 2020

Aumenta l’Export di Carni suine italiane nel periodo Gen-Feb 2020, con un incremento dei ricavi e nuove importanti opportunità in Oriente. L’Italia importa meno rispetto all’anno precedente, ma a prezzi superiori.

Francesco del Team di TESEO illustra l’andamento del trade di Carni Suine da e verso l’Italia nel seguente video.

L’Italia ha importato circa 190 mila tonnellate di Carni suine nel periodo gennaio-febbraio 2020: meno rispetto all’anno precedente, ma a prezzi superiori.

Export Italia
Carni Suine+6% Gen – Feb 2020

L’Export italiano è invece aumentato nel periodo gennaio-febbraio del +6,0%  accompagnato da un incremento dei prezzi all’export, in particolare per Carcasse e mezzene fresche (prezzo medio: 2,05€/kg) e per il Lardo (1,36€/kg).  Sebbene siano inferiori al picco di fine 2019, i prezzi all’export si mantengono a livelli sostenuti.

Come riportato nella news precedente, la Cina abbia raddoppiato le importazioni di Carni fresche, refrigerate o congelate dall’UE nel primo trimestre 2020, acquistando peraltro a prezzi superiori.

Export Italia verso Cina
Carni fresche, refrigerate o congelate1.577 tonnellate
Gen – Feb 2020

In merito all’Italia, nel 2019 la Cina ha fatto la sua comparsa come importante destinatario di Carni fresche, refrigerate o congelate. Nei primi due mesi del 2020 la Cina ha importato 1.577 tonnellate, divenendo il terzo importatore per questa voce dopo i Paesi UE ed il Giappone.

Auspichiamo che le imprese italiane possano aumentare la loro presenza in questa area in rapida crescita. 

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Carni suine: aumenta in volume e ancor più in valore l’export UE [VIDEO]
27 Maggio 2020

Le Imprese europee hanno aumentato l’export di Carni suine in volume, ma ancor più in valore, nel primo trimestre 2020. Qual è il principale driver di questa crescita?

Francesco del Team di TESEO illustra l’andamento delle esportazioni UE nel seguente video.

L’export UE di Carni suine e loro derivati è aumentato in volume, ma ancor più in valore, nel primo trimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.

Export UE
Carni fresche, refrigerate e congelate 776 mila tonnellate
Gen – Mar 2020

L’UE è il principale esportatore mondiale di Carni fresche, refrigerate o congelate: sotto questa voce sono state esportate circa 776 mila tonnellate nei primi tre mesi del 2020, per quasi 2,5 miliardi di dollari. I ricavi all’export sono di conseguenza aumentati del +27%, passando da 2,92 USD/kg nel primo trimestre 2019 a 3,18 USD/kg nel 2020. 

Ma com’è possibile che, sebbene quasi tutti i Player importatori abbiano ridotto gli acquisti dall’UE, l’export di questa voce sia aumentato del +26,2% in quantità e del +60,4% in valore?

Questo aumento è dovuto alla Cina, che ha raddoppiato le importazioni di Carni fresche, refrigerate o congelate dall’UE (+114,2%), acquistando peraltro a prezzi superiori (+56,7%).

Il principale driver di questo aumento è stata l’epidemia di African Swine Fever, che ha coinvolto il Paese nel terzo trimestre 2018 e fino ad oggi ha causato la morte o l’abbattimento di oltre 1.200.000 capi.

Il trend è confermato in marzo, ultimo mese disponibile nei dati, periodo in cui la Cina è arrivata ad assorbire il 69% dell’export UE di Carni fresche, refrigerate o congelate.

E le Carni suine italiane, sono presenti in Cina? Quali sono le performance del nostro export e del nostro import? 

Queste domande troveranno risposta nel prossimo video: registrati a TESEO.clal.it per rimanere aggiornato.

Agricoltura cellulare: l’alternativa all’attuale modello produttivo?
15 Maggio 2020

Se è innegabile che la zootecnia, così come ogni altra attività produttiva, ha un impatto sull’ambiente, è altrettanto innegabile la necessità di produrre cibo per nutrire una popolazione in continua crescita, con una domanda sempre più esigente in termini di principi nutritivi, soprattutto proteine.

Come aumentare le rese con minori risorse e sprechi?

Nonostante l’agricoltura abbia saputo rispondere alla sfida alimentare aumentando quantità e qualità del cibo, sempre più di frequente essa sembra essere messa alla gogna anche sui più diffusi mezzi di comunicazione come se fosse la causa del proprio male. Eppure, qual è l’alternativa, se alternativa esiste, all’attuale modello produttivo, per aumentare le rese con minori risorse e sprechi?

Potrebbe essere la cosiddetta agricoltura cellulare, producendo latte e carne direttamente dalle cellule piuttosto che dall’intero organismo animale? Indubbiamente, la diminuzione delle superfici coltivabili a causa degli usi civili od industriali, e la competizione fra le coltivazioni destinate al consumo umano rispetto a quelle per l’alimentazione animale, senza poi parlare delle criticità ambientali per le sempre maggiori dimensioni degli allevamenti intensivi, inducono a riflettere se il presente modello produttivo sia in linea con gli obiettivi ONU della sostenibilità, in particolare l’obiettivo due, eliminare la fame nel mondo, e l’obiettivo 12, produrre e consumare in modo responsabile.

Nel mondo si allevano circa 270 milioni di vacche e la produzione di latte è raddoppiata negli ultimi 40 anni, con un crescente impatto sulle risorse naturali, per gli aspetti sanitari e di benessere animale.
Per vari motivi oltre a quello semplicemente ecologico, nei consumi delle economie avanzate stanno diventando popolari i succedanei del latte ottenuti da fonti vegetali quali soia, avena, riso, che però non ne contengono gli stessi elementi nobili e che in ogni modo si basano sempre sulle coltivazioni convenzionali. Questi prodotti, comunque additivati essi siano, non potranno avere qualità, composizione, gusto, caratteristiche fisiche, di latte, yogurt e formaggio.

TESEO.it - Confronto tra numero di capi da latte e produzione complessiva di latte in UE
TESEO.it – Confronto tra numero di capi da latte e produzione complessiva di latte in UE

Ecco allora il ricorso alle biotecnologie, con la possibilità di produrre latte non più da un animale ma solo dalle sue cellule mammarie coltivate in vitro, il che lascia intravedere uno scenario in cui si potrebbe ridurre il carico di bestiame pur rispondendo alle crescenti esigenze alimentari della popolazione, nel rispetto dell’ambiente.

Questa non è fantascienza, dato che l’azienda biotecnologica TurtleTree Labs, una start-up basata a Singapore ed operante a san Francisco, ne ha annunciato la produzione. Dopo la possibilità di produrre carne direttamente dalla moltiplicazione delle cellule animali, si intravede ora quella di ottenere vero latte da cui produrre veri formaggi, od almeno teoricamente tali.

Tutto ciò sarebbe l’uovo di Colombo: risolti tutti i problemi di impatto ambientale, benessere animale, sicurezza alimentare. Dunque, sarà la biotecnologia a salvare il mondo? Basterà prendere una cellula e moltiplicarla per sostituire tutto il patrimonio delle interrelazioni vitali che comprendono anche i fattori emotivi e sociali, il pathos, l’aspetto morale e spirituale che pure sono parte integrante quanto impalpabile dell’essere, cioè della vita?

Questi fenomeni del nostro tempo in cui tutto cambia in un batter d’ali e la presa di coscienza che il nostro mondo, più che dover essere in guerra contro qualcuno o qualcosa, vedi virus, sia malato ed abbia bisogno di attenzione e cura, dovrebbero spingerci non a sperare in soluzioni semplicistiche od a puntare il dito contro qualcuno, ma ad affrontare la complessità dei processi vitali con estrema umiltà ed attenzione, cercando di comprenderli attraverso le conoscenze che anche scienza e tecnica ci mettono a disposizione.

Questo nello spirito della ecologia integrale, dato che tutti gli esseri vitali sono interdipendenti. Come non mai, oggi non bisogna cadere nella banalizzazione della complessità.

Fonte: Research Gate

L’importanza degli oligoelementi nella razione alimentare
8 Maggio 2020

I minerali non possono essere sintetizzati dagli organismi viventi

La supplementazione minerale è un fattore essenziale del razionamento. Mentre macrominerali quali calcio, fosforo, potassio, sodio, magnesio, sono importanti costituenti delle ossa, di altri tessuti e dei fluidi corporei, i micro od oligoelementi minerali quali zolfo, ferro, rame, zinco selenio, iodio, svolgono specifiche funzioni biochimiche come il bilanciamento acido-base, la pressione osmotica, le trasmissioni nervose e rientrano nella composizione di enzimi ed ormoni. 

I minerali non possono essere sintetizzati dagli organismi viventi, le piante li assorbono con le radici, e gli animali li ottengono con la razione alimentare. 

Usualmente la supplementazione di oligoelementi per la vacca da latte avviene tramite sali minerali (es. solfato di rame) od ossidi (es. ossido di zinco). Il problema però di tali composti inorganici è che una certa parte si perde nel rumine senza raggiungere l’intestino per passare nel sangue, vanificando così la supplementazione alimentare.

Gli oligoelementi possono raggiungere facilmente l’intestino ed essere più biodisponibili

Per superare questo problema e rendere biodisponibili gli oligoelementi in modo da sostenere la fisiologia dell’animale per la produzione di latte, gli oligoelementi possono invece essere somministrati in associazione con aminoacidi, proteine, acidi organici in modo da raggiungere facilmente l’intestino ed essere così più biodisponibili. Questi composti debbono però essere solubili, rimanere stabili lungo il processo digestivo, essere facilmente assorbibili.  

Diversi studi dimostrano i benefici degli oligoelementi forniti sotto forma organica per aumentare la produzione di latte, ridurre il tasso di cellule somatiche, contenere le zoppie.

Il loro uso dipenderà poi anche dal beneficio economico che porteranno, il che rimanda comunque alla figura dell’allevatore per una oculata gestione dell’allevamento.

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TESEO.it – Valuta l’evoluzione del costo alimentare e la convenienza economica dell’auto-produzione di materie prime e foraggi

Fonte: Hubbard Feeds