Acqua e produzioni agroalimentari
29 Maggio 2015

La disponibilità di acqua rappresenta un fattore cruciale nelle produzioni agricole.

Solo il 2.5% delle acque sulla terra è costituito da acqua dolce, ma una crescente parte di questa è inquinata e dunque non utilizzabile. Il 70% dell’acqua dolce disponibile sul pianeta è impiegato lungo la filiera agroalimentare e rappresenta pertanto un fattore produttivo essenziale, da utilizzare con grande attenzione. Le produzioni animali sono quelle che richiedono più acqua per unità di prodotto e la misurazione dell’impronta dell’acqua (water footprint) rappresenta un parametro da prendere seriamente in considerazione.

La tecnica irrigua ha già permesso di compiere enormi passi avanti nella gestione delle risorse idriche, favorendo l’estensione delle coltivazioni anche in zone semi-aride od in condizioni ambientali rese maggiormente difficili dai cambiamenti climatici in atto.

Tuttavia, il tema della gestione dell’acqua è cruciale anche durante i processi di trasformazione dei prodotti agricoli, ma sono poche le imprese che intervengono per ottimizzare in tale ottica le diverse fasi produttive. Nello studio Feeding Ourselves Thirsty, sono state esaminate le metodologie e le strategie adottate da 37 fra le maggiori imprese alimentari mondiali per minimizzare l’uso dell’acqua lungo il ciclo produttivo ed è apparso come solo un terzo di queste adotti dei provvedimenti adeguati.

L’adozione anche nella filiera lattiero-casearia, di tecnologie di trasformazione eco-friendly, diventa sempre più necessaria ed urgente.

Le tematiche di acqua ed energia verranno presentate in modo dettagliato nel sito TESEO che Clal.it lancerà in ottobre in occasione della Fiera di Cremona.

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Fonte: Ceres

El Niño e mercati agricoli: siccità?!!
15 Maggio 2015

Più volte annunciato come una possibilità, ora le agenzie meteorologiche giapponese ed australiana affermano che si sono manifestati i segni per il succedersi di fenomeni climatici estremi noti come El Niño, tali da interessare vaste regioni, dall’America meridionale al sud-est asiatico, con pesanti riflessi sulle produzioni agricole.

Con el Niño e la Niña si descrivono fasi opposte di oscillazioni delle temperature fra oceano ed atmosfera nella zona equatoriale del Pacifico. La Niña è la fase fresca di tali oscillazioni (indicate con la sigla ENSO – El Niño-Southern Oscillation), el Niño quella calda. Queste deviazioni dalle normali temperature di superficie degli oceani possono avere un grande impatto sulle condizioni climatiche a livello mondiale. Nel 1600, dei pescatori al largo delle coste dell’America Latina, rilevarono come le acque dell’oceano Pacifico fossero stranamente calde per la stagione ed essendo a dicembre, chiamarono il fenomeno el Niño (il bimbo), dato il Natale ormai vicino.

Quest’anno, una siccità primaverile in Asia meridionale ha già influito negativamente sui raccolti di olio di palma e potrebbe comportare problemi nelle piantagioni di caffè in Colombia e di cacao in Africa occidentale. All’opposto, delle piogge eccessive potrebbero danneggiare i raccolti di canna da zucchero in Brasile.

Negli USA il fenomeno potrebbe avere invece effetti positivi comportando una stagione fresca ed umida in favore dei raccolti di mais ma con una generale diminuzione nella qualità dei prodotti; già ora si notano ricorrenti ed intense piogge nelle pianure centrali del paese.

In India la conseguenza di questo cambiamento meteorologico è la ridotta intensità dei monsoni, che potrebbe avere riflessi sul raccolto di cotone di cui il paese asiatico è il maggior produttore, mentre la ridotta produzione di olio di palma in Indonesia e Malesia sarebbe favorevole per il mercato delll’olio di soia.

Le previsioni climatiche sono influenzate da una molteplicità di fattori che le rendono complesse, ma bisognerà sempre più considerare l’insorgere dei fenomeni climatici estremi ed i conseguenti effetti su mercato e quotazioni mondiali dei prodotti agroalimentari.

Nuova Zelanda: probabilità di precipitazioni oltre la norma in primavera in caso di El Niño
Nuova Zelanda: probabilità di precipitazioni oltre la norma in primavera in caso di El Niño

Fonte: Agrimoney

Interesse mondiale per l’agricoltura africana
13 Maggio 2015

L’Africa è un continente strategico per gli approvvigionamenti utili a soddisfare i bisogni alimentari del mondo. Le maggiori potenze economiche e le aziende multinazionali si interessano sempre più al continente africano per utilizzare il suo potenziale agricolo.

Fra queste Cargill, azienda presente in Africa da oltre 30 anni, dove però opera solo l’1% dei propri 143 mila dipendenti. Il continente nero rimane un netto importatore di alimenti, nonostante possegga oltre la metà delle terre arabili mondiali. Si tratta di un enorme potenziale produttivo, il cui utilizzo richiede notevoli investimenti finanziari ed energie organizzative.

L’interesse di Cargill è concreto soprattutto in Africa australe, dove ha investito 12,5 milioni di Dollari per un nuovo mangimificio in sud Africa, mentre in Zambia sta completando l’acquisizione dell’impresa di lavorazione di semi oleosi Zamanita per una spesa di 25,7 milioni di Dollari.

Altra dimostrazione di questo interesse per il continente nero è dato dal gruppo Agco, proprietario della Massey Ferguson. L’azienda ha annunciato un piano strategico con CNFA (Cultivating New Frontiers in Agriculture), organizzazione per lo sviluppo economico fondata a Washington nel 1984, per migliorare l’attività agricola nell’Africa sub-sahariana.

Resta da vedere come sarà garantita la sostenibilità sociale ed ambientale di tutti questi investimenti, per contrastare il fenomeno del “land grabbing” (accaparramento della terra) che si va radicando proprio in Africa.

Africa: importazioni di alcuni prodotti lattiero-caseari
Africa: importazioni di alcuni prodotti lattiero-caseari

Fonte : Agrimoney

La tecnica al servizio della produzione agricola
1 Aprile 2015

Dal 1948, l’area coltivata in Israele è passata da 1650 a 4350 chilometri quadrati, e la superficie coltivata da 30 mila a 190 mila ettari.

Nel 1950 ogni agricoltore alimentava 17 persone; nel 2010, 113. Attualmente è attiva in agricoltura solo il 2% della popolazione, che fornisce però il 95% dei bisogni alimentari e delle materie prime necessarie alle imprese di trasformazione del paese.

Circa il 60% delle terre coltivate si trova nell’area desertica del Néguev. Fra il 1999 ed il 2009 la produzione agricola totale è aumentata del 26%, benché il consumo di acqua sia diminuito del 12% grazie all’introduzione di tecniche avanzate di irrigazione e controllo delle perdite nelle condotte idriche.

Nel 2010, Israele esportava il 33% dei vegetali, 27% dei fiori, 16% della frutta ed il 9% degli agrumi che produceva.

S/STEMA STALLA
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