Loietto e Mais Ceroso: foraggi essenziali per la zootecnia
4 Marzo 2025

Di: Ester Venturelli

Il Loietto (o Loiessa) è una delle graminacee più diffuse in Italia per la produzione di foraggio. È particolarmente apprezzato nell’allevamento delle vacche e degli ovini da latte perché  è un foraggio di alta qualità e molto appetibile per gli animali.

Il Loietto prevede la semina in autunno in terreni a medio impasto e 1 o 2 sfalci primaverili. Ci sono principalmente due tipologie di Loietto: diploide, con meno umidità nello stelo e quindi più adatto a fienagione o insilamento, e tetraploide, maggiori steli e superficie fogliare che, aumentando l’umidità, lo rendono più adatto alla foraggiata verde o insilamento con pre-essiccamento in campo.

Le produzioni di Loietto in Italia sono aumentate del 6% nel 2024 rispetto al 2020, grazie ad un aumento delle aree destinate alla coltivazione. Essendo una coltura che dà un foraggio di qualità ma con bassi livelli proteici ed energetici, spesso viene coltivato in miscugli con leguminose. 

Un foraggio ampiamente utilizzato per l’apporto di energia nella razione bovina è il Mais Ceroso. Per ottenere Mais Ceroso si seminano varietà da trinciato e pastone e si raccoglie la pianta intera in modo da ottenere un equilibrio tra amido e fibre tale per cui la sostanza secca risulti del 35%. Le problematiche legate alla produzione di Mais Ceroso sono, quindi, le classiche del Mais associate ai costi ed ai problemi di irrigazione. Negli ultimi anni, in Italia, le produzioni sono leggermente diminuite passando da 20.65 nel 2020 a 18.99 milioni di tonnellate nel 2024, a fronte di un calo dei terreni destinati.

Entrambi i prodotti sono per lo più prodotti dalle aziende zootecniche per l’autoconsumo, le poche quantità scambiate sul mercato tendono a seguire il prezzo del fieno di prato e dell’erba medica che negli ultimi mesi hanno avuto una tendenza in crescita causata dalla poca produzione di qualità ottenuta nella scorsa campagna.

TESEO.Clal.it – Produzioni e Rese di Loietto in Italia

Sorgo: alternativa interessante per Agricoltori ed Allevamenti
19 Febbraio 2025

Di: Ester Venturelli

Date le condizioni climatiche che rendono sempre più difficoltosa la coltivazione del Mais, molti agricoltori in Italia preferiscono produrre Sorgo. Infatti, nonostante una resa inferiore rispetto al Mais, 5,75 Ton/ettaro rispetto a 10.04 Ton/ettaro stimate nel 2024, il Sorgo presenta diversi vantaggi che lo rendono una coltura conveniente, dati i bassi costi di produzione.

Rispetto al Mais, il Sorgo ha un ridotto fabbisogno idrico e una buona resistenza alla siccità che lo rende particolarmente adatto a zone con scarsità di piogge e terreni difficili da irrigare. Il fabbisogno idrico rispetto al Mais è inferiore del 50% nelle varietà da granella e del 30% nelle varietà da insilato. Inoltre, non richiede molta concimazione e non rischia di sviluppare micotossine. Dal punto di vista nutrizionale, ha un contenuto minore di amido ma maggiore di proteine rispetto al Mais, a cui è comunque molto simile, e con opportuni aggiustamenti può sostituire quest’ultimo nella dieta dei bovini, ma anche dei suini e degli avicoli. 

TESEO.Clal.it – Produzioni e rese di Sorgo in Italia

A livello mondiale, i principali Paesi produttori di Sorgo sono USA, Nigeria e Brasile. Gli Stati Uniti sono anche i maggiori esportatori, seguiti da Australia e Argentina, mentre la Cina è l’acquirente per eccellenza con un import di più di 6 milioni di tonnellate stimate per la stagione corrente. L’Unione Europea è autosufficiente, mentre l’Italia ha visto ridurre la propria autosufficienza al 78,5% e si rifornisce principalmente da Ungheria e Ucraina.

Il mercato del Sorgo è, in volume e in valore, inferiore rispetto a quello del Mais, ed essendo le due commodities sostituibili, il prezzo del Sorgo segue l’andamento del prezzo del Mais. Infatti, nonostante le stime indichino maggiori produzioni di Sorgo nel 2024 rispetto al 2023 in Italia, in UE e a livello mondiale, i prezzi del Sorgo in Italia sono in aumento da alcuni mesi.

TESEO.Clal.it – Confronto dei prezzi del Sorgo, quotazioni di Bologna

Foraggi: la Cina acquista dall’UE
13 Febbraio 2025

Di: Ester Venturelli

Dopo lo scoppio del Covid, grazie alla convinzione che il consumo di latte rafforzasse il sistema immunitario, il settore lattiero-caseario cinese ha vissuto un periodo positivo, portando le aziende locali a investire ed espandere la produzione. Ciò ha aumentato la domanda di fieno e le importazioni, nonostante i prezzi più alti. Gli USA sono il principale fornitore di fieno per la Cina dal 2008, coprendo oltre l’80% delle importazioni, grazie alla produzione abbondante e ad una maggiore qualità rispetto al fieno prodotto localmente.

Tuttavia, il successivo rallentamento della domanda di latte ha ridotto i prezzi alla stalla, abbassando la redditività e diminuendo la richiesta di fieno. Nel 2023, le importazioni di fieno in Cina, soprattutto di Erba Medica, sono calate del 45% complessivamente, rispetto al 2022, con una riduzione del 35,9% nello specifico degli Stati Uniti. Nel 2024, la domanda è parzialmente risalita, con un aumento delle importazioni di foraggi del 23,7% rispetto al 2023, soprattutto dall’Australia e dall’UE, mentre le quantità acquistate dagli USA sono rimaste piuttosto stabili (+3,6%). L’Australia è il principale fornitore di erba d’avena, favorita dalla vicinanza e dall’assenza di tariffe all’export, mentre l’UE è il primo fornitore di erba medica (99%), con 19.523 tonnellate, in aumento del 36,21% nel 2024.

TESEO.Clal.It – Import di Foraggi da parte della Cina

In Italia le produzioni di Erba Medica sono cresciute nel 2024 rispetto al 2023, tuttavia i prezzi dei foraggi sono in aumento: il Fieno Maggengo è passato da 128€/ton ad ottobre 2024 a 177€/ton a Febbraio 2025, mentre l’Erba Medica Disidratata in Balloni da 245€/ton è arrivata a 302€/ton. Nonostante il miglioramento, le rese sono infatti rimaste a livelli inferiori rispetto alla media storica. 

Il limite alle rese è dovuto principalmente alle condizioni climatiche. Le regioni del Centro Sud sono state colpite da siccità in primavera ed estate con vasti danni alle produzioni di foraggio. Al Nord, dove si trovano le principali aree di produzione, si sono verificate condizioni opposte con ingenti piogge sia per tutta la primavera che nel periodo di raccolta, ritardando le operazioni in campo, se non addirittura impedendole, e intaccando la qualità del raccolto.

TESEO.Clal.it – Prezzi dei Foraggi in Italia

Non solo Mais: un’alternativa nella razione bovina
14 Febbraio 2024

Di: Elisa Donegatti ed Ester Venturelli

La South Dakota State University ha sperimentato nella razione dei Bovini da Carne la sostituzione di un 30% di Mais con la Segale ibrida lavorata. 

Il risultato dello studio ha mostrato che tale sostituzione porta a risultati molto simili nonostante la Segale abbia un apporto energetico inferiore rispetto al Mais. 

L’inclusione di una quota importante di Segale nella dieta dei bovini ridurrebbe la dipendenza dal Mais nelle razioni e questo si tradurrebbe in un vantaggio economico, dato che il suo prezzo è in genere inferiore a quello del Mais. 

Inoltre, questa modifica faciliterebbe la rotazione delle colture come anche la lotta ai parassiti. Lo stesso studio ha anche dimostrato che la coltivazione della Segale, oltre ad essere resistente a diverse condizioni meteo, può avere effetti positivi sulle rese delle successive produzioni di Mais e Soia.

Altri studi hanno indagato l’efficacia della Segale nell’alimentazione bovina, non necessariamente come sostituto del Mais.

Uno studio condotto dall’Università del Saskatchewan (Canada) ha testato la combinazione di insilato di Segale e insilato di Orzo come foraggio nella dieta dei bovini da carne. Questa combinazione, secondo i ricercatori, potrebbe essere quella ottimale. Per quanto riguarda la Segale è importante, tuttavia, ridurre al minimo i rischi della presenza di Segale cornuta anticipando il taglio della pianta. 

Un altro studio effettuato dall’ Università del Wisconsin ha esaminato l’impatto dell’inclusione della segale e del triticale nella razione per le vacche da latte. In questo caso, però, non si tratta di un’alternativa al mais, ma al fieno fino ad un terzo della sostanza secca. Lo studio ha evidenziato che entrambi possono essere un’ottima fonte di fibre digeribili se raccolte nella fase di avvio soprattutto per le vacche in lattazione, mentre per le manze gravide possono essere utilizzate anche se raccolte ad una maturità più avanzata.

L’impatto del cambiamento climatico sulle maggiori coltivazioni mondiali
26 Gennaio 2024

La nostra alimentazione si basa su poche, grandi coltivazioni quali grano, riso, mais, soia, oppure banane, presenti sulle tavole in tutto il mondo.

Diffusione di parassiti e difficoltà di conservazione degli alimenti

Il cambiamento climatico mette a rischio la sicurezza alimentare mondiale. Non si tratta solo dell’impatto sui raccolti, ma anche della maggiore diffusione di parassiti e patologie, delle difficoltà nella conservazione degli alimenti per la presenza di insetti e muffe resistenti alle crescenti temperature. Esiste poi il rischio che la crisi climatica accresca la malnutrizione, riducendo la disponibilità di nutrienti e la qualità del cibo. Ad esempio, le temperature più elevate e l’aumento delle concentrazioni di CO2 nell’aria possono comportare la riduzione di proteine, ferro zinco e microelementi in colture come soia, grano o riso. Questo problema renderebbe molto più esposte le popolazioni di quei Paesi in cui l’alimentazione si basa su uno o due alimenti di base. I cambiamenti climatici influenzano poi anche prodotti quali caffè e cacao, che sono ormai trasformati e consumati abitualmente nei paesi economicamente più avanzati.

Alcuni esempi: la produzione globale di mais subirà probabilmente una massiccia riduzione entro il 2050 a causa delle variazioni di temperatura e della diminuzione delle precipitazioni. Se negli Stati Uniti od in Brasile saranno colpite le potenzialità di export, in luoghi come il Mozambico dove il mais viene coltivato per il consumo locale, l’effetto sarà probabilmente devastante.

In India, Paese che produce il 14% del grano mondiale, la diminuzione della produzione nelle regioni di coltivazione più calde e secche avrà un impatto significativo sulla popolazione. Lo stesso in America centrale ed in Africa, dove le rese potrebbero diminuire del 3% o più. Invece nelle regioni temperate, come in Nord America ed in Europa, la produzione di grano potrebbe registrare un aumento delle rese di oltre il 5%.

Prospettive inquietanti poi per il riso, alimento base per oltre 3,5 miliardi di persone in Asia ed Africa, le cui rese a livello mondiale secondo alcune stime potrebbero diminuire anche dell’11% entro il 2050.

Gli effetti del cambiamento climatico sulle rese della soia sono contrastanti, in quanto è stato riscontrato che le piante rispondono positivamente alle maggiori concentrazioni di CO2 nell’aria. I raccolti di soia potrebbero anche aumentare se la sua coltivazione potesse avvenire in aree che oggi sono troppo fredde, come lo Stato di New York ed il Canada meridionale, sebbene a scapito del grano. Tuttavia, si prevede che l’intensificarsi dello stress idrico e termico comporti una diminuzione delle rese nel corso del secolo.

Stessa dinamica anche per le banane, coltivate ai tropici come colture da reddito o come fonti alimentari locali. A causa dell’aumento delle temperature negli ultimi 20 anni, le produzioni diminuiscono ed aumenta la diffusione delle patologie. Tuttavia i cambiamenti climatici previsti potrebbero rendere coltivabili le banane anche in zone più vaste delle attuali.

Infine il cacao ed il caffè, colture che sostengono le economie dei Paesi produttori attraverso l’export e che sono un business notevole nei Paesi consumatori. La domanda di cioccolato è in crescita, ma in Africa occidentale, Costa d’Avorio e Ghana in testa, dove si ottiene metà della produzione mondiale di cacao, già sono evidenti piogge irregolari e venti caldi che impattano sulle rese. Per il caffè, l’Etiopia, primo produttore africano, potrebbe perdere il 25% dei suoi raccolti entro il 2030.

Allora, che fare per evitare interruzioni dell’approvvigionamento, prezzi più alti ed un numero maggiore di persone sottonutrite?

Uno sforzo comune per affrontare gli stravolgimenti climatici

Occorrerebbe espandere la produzione, ma questo richiederebbe più terreno agricolo che invece viene continuamente consumato. Sarebbe opportuno adottare tecniche di agricoltura di precisione e conservativa. Diventerà necessario coltivare varietà più resistenti. Forse si dovranno introdurre nuove colture adatte alle nuove condizioni climatiche e di conseguenza nuovi alimenti

Di certo gli stravolgimenti climatici coinvolgono nel proprio vortice i produttori come i consumatori, in tutto il mondo. Quindi la soluzione del problema (di cui nessuno ha la ricetta) non può che essere uno sforzo comune.

Fonte: Action Against Hunger

TESEO.clal.it – Brasile: Condizioni di salute della vegetazione (indice VHI)

L’UE rallenta la domanda di Semi Oleosi
19 Gennaio 2024

Di: Elisa Donegatti ed Ester Venturelli

La produzione Europea di Semi Oleosi nel 2023 è aumentata per il terzo anno consecutivo. Questo ha permesso di ridurre la domanda di Semi Oleosi extra-UE che nel complesso, tra Gennaio e Novembre 2023, è calata del 10%, rispetto allo stesso periodo del 2022.

Il prodotto che ha registrato le variazioni maggiori nel trade è il Girasole, per il quale l’UE ha un’autosufficienza del 91,5%. L’import è diminuito del -63%, che equivale a -1,3 Milioni di Tonnellate, limitato anche dal prezzo medio unitario di acquisto che ha avuto un andamento instabile nel corso del 2023, con un valore medio di 874 €/Ton, superiore alla media del 2022. Al contrario, le esportazioni UE del prodotto sono aumentate del 74% (+251.000 Tonnellate) con un prezzo medio unitario di 1.120 €/Ton

Risulta in calo anche la domanda UE di la Farina di Soia che ha registrato una diminuzione di 1,3 Milioni di Tonnellate (-8,8%), probabilmente a causa della minore disponibilità dall’Argentina. 

Infine, le esportazioni di Colza rimangono stabili nel complesso, ma si modificano le tratte: meno acquisti da parte di Regno Unito e Pakistan, e una crescita verso il Canada (che potrebbe essere dovuta a dinamiche di triangolazioni commerciali).

Le produzioni in UE di Cereali, invece, si sono mantenute stabili e l’effetto sul trade è stato quello di un leggero aumento complessivo sia per l’import (+1,8 Mio Ton) che per l’export (+2,8 Mio Tons). In particolare, è aumentato l’export di Mais verso la Corea del Sud e l’export di Orzo verso la Cina che è tornata ai livelli del 2021, mentre riguardo all’import si sono intensificati soprattutto gli acquisti di Grano Tenero da Ucraina e Regno Unito.

La tua Azienda è pronta per l’Intelligenza Artificiale?
16 Gennaio 2024

Premesso che nulla e nessuno potrà mai sostituire l’occhio e la mano dell’allevatore, cioè la sua esperienza, è opportuno chiedersi se ed in che modo le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale, quali ChatGPT, possano servire per migliorare benessere animale e produttività nell’allevamento da latte. Oggi in azienda i sensori sono presenti nei robot di mungitura, nei sistemi automatici di miscelazione ed alimentazione, nei boli ruminali; esistono poi sensori per la previsione del parto e strumenti per il controllo dello stato generale delle bovine. Di conseguenza viene prodotta una grande serie di dati, che andrebbero letti ed analizzati in modo appropriato per avere informazioni utili ad aumentare l’efficienza aziendale. Il rischio è che solo una parte di tali dati venga sfruttata in modo appropriato, perdendo tante potenzialità.

Vacche più sane, maggiore qualità del latte, minori costi

L’innovazione chiave apportata da Chat GPT (e dai suoi concorrenti) consiste nel poter raccogliere ed analizzare enormi quantità di dati per ottenere informazioni facili da usare per l’allevatore.
Questa tecnologia permette innanzitutto di monitorare prontamente lo stato di salute degli animali e di avere un quadro chiaro sulla composizione del latte.
Permette poi di stabilire piani di razionamento precisi e personalizzati per una alimentazione ottimale analizzando in tempo reale i dati sul valore nutrizionale dei componenti la razione, insieme a quelli prodotti dai sensori sugli alimentatori e miscelatori. La nutrizione di precisione porta a vacche più sane, ad una maggiore qualità del latte e ad una riduzione dei costi di produzione.

ChatGPT può quindi semplificare la gestione aziendale aiutando gli allevatori ad organizzare le operazioni quotidiane in modo più efficiente, effettuando rapidamente le decisioni gestionali ed in generale offrendo suggerimenti per migliorare la produttività complessiva.
Può poi servire per far comunicare l’allevatore col mondo esterno all’azienda agricola generando contenuti informativi e coinvolgenti, come post su blog o aggiornamenti sui social media. Quindi il modello informatico può aiutare gli allevatori ad informare ed educare i consumatori sulle pratiche agricole sostenibili, sul benessere degli animali e sui benefici nutrizionali dei prodotti lattiero-caseari. Dato poi che i sistemi di IA parlano direttamente con altri sistemi di IA, ChatGPT potrebbe aiutare gli allevatori a prendere decisioni di mercato, dagli input per gli alimenti animali ai contratti per il latte, cogliendo il momento migliore per acquistare e vendere.

Bisogna però sempre tener presente che, sebbene il ChatGPT abbia un grande potenziale, si tratta pur sempre di una tecnologia per assistere gli allevatori piuttosto che sostituirsi ad essi. Ciò comporta la necessità di conoscere la nuova tecnologia per poterne giudicare l’utilità dell’inserimento in azienda. Poi, in caso positivo, occorre dotarsi delle necessarie professionalità per usare tali nuovi strumenti, il che probabilmente è il problema maggiore derivante dalle nuove tecnologie.

Fonte: Dairy Herd

Suini: l’importanza di una dieta corretta dopo lo svezzamento
10 Novembre 2023

Una recente riesamina della letteratura, in cui hanno collaborato ricercatori di diverse università e centri di ricerca in Canada, USA e Olanda, ha evidenziato che durante la prima settimana dopo lo svezzamento i suinetti guadagnano un peso uguale alla quantità di alimento ingerito. Tuttavia, questo guadagno è solo apparente in quanto l’aumento del peso è associato non ad uno sviluppo dell’animale ma alla formazione di edema.

La causa sarebbe nella razione, spesso composta da 40% di amidi, a cui vengono aggiunti altri zuccheri per aumentarne la palatabilità. Questo eccesso di zuccheri nella dieta porta ad un’elevata produzione di insulina combinata ad una carenza di acido fosforico (funzionale all’efficacia dell’insulina). Di conseguenza, si crea uno squilibrio all’interno dell’organismo che causa l’edema. 

Un miglioramento della composizione della dieta può ridurre rischi durante la crescita dell’animale. In particolare, subito dopo lo svezzamento i suinetti non hanno necessità di assumere molte proteine perché l’aumento di massa muscolare è ridotto, ma l’assunzione di aminoacidi quali cisteina, istidina e triptofano è comunque importante per rispondere allo stress metabolico dello svezzamento. Tuttavia, ulteriori approfondimenti sono necessari sulle modalità ideali di somministrazione di aminoacidi e minerali.

Fonte: animal

Sud America: la siccità cambia le carte degli scambi internazionali
8 Maggio 2023

Di: Elisa Donegatti e Ester Venturelli

CLAL.Teseo.it – Andamento delle precipitazioni in Sud America

Il Sud America è una regione determinante per la disponibilità di alimenti zootecnici a livello globale. In particolare, Brasile e Argentina sono tra i principali esportatori di Mais e Soia. Negli ultimi anni, però, il cambiamento climatico ha portato ad un aumento delle temperature che, insieme alla persistenza della Niña, ha creato condizioni di pesante siccità in buona parte della regione provocando modifiche agli scambi agroalimentari.

Il cambiamento più eclatante caratterizza l’Argentina, dove la siccità ha colpito il 75% delle aree coltivate. Il Paese, per il primo trimestre 2023, ha registrato esportazioni dimezzate per i Cereali e ridotte di più di un terzo per i Semi Oleosi. Il calo dei volumi riguarda tutti i principali prodotti esportati, ma le maggiori riduzioni sono associate al Frumento Tenero (-86,8%), a fronte di produzioni diminuite del 40% rispetto alla stagione scorsa. 

Una situazione opposta ha caratterizzato il Brasile che, pur essendo stato colpito da siccità in alcune zone a sud ed ovest del Paese, ha avuto condizioni favorevoli nelle aree di maggiore produzione di Mais e Soia ottenendo raccolti record. Le ottime produzioni brasiliane sono state fondamentali per rispondere ad una domanda mondiale che ha visto mancare parte delle produzioni di USA e UE a causa della siccità. Le esportazioni Brasiliane di Cereali sono, di conseguenza, quasi raddoppiate grazie anche ad un intenso lavoro diplomatico.

Ci sono anche altri Paesi, nella regione, che sono stati colpiti da siccità estrema, tra questi l’Uruguay e il Cile. Il primo ha registrato produzioni ridotte di Mais e Soia, rispettivamente del -43% e -63%. Di questo calo si percepiscono gli effetti anche sul trade, che vede un import in aumento sia per i Cereali che per i Semi Oleosi da Argentina, Brasile e Paraguay. Il Cile è colpito da siccità da diversi anni, favorita dal cambiamento climatico e dallo sfruttamento delle risorse idriche e aggravata dalla Niña. La situazione è tanto grave che a Gennaio il governo Cileno ha decretato lo stato di emergenza per l’agricoltura.

Questi Paesi, pur non avendo un peso pari ad Argentina e Brasile sui mercati internazionali, rappresentano comunque importanti fattori di domanda e offerta per determinare la disponibilità dei prodotti agricoli nel Mondo.

CLAL.Teseo.it – Andamento delle Produzioni di Soia nei principali produttori in Sud America

Serve un fronte comune per la suinicoltura italiana [Intervista]
23 Gennaio 2023

Michele Carra – Amministratore Delegato di Carra Mangimi S.P.A. e Vicepresidente di Assalzoo

Michele Carra
Parma – ITALIA

Michele Carra, amministratore delegato dell’omonima azienda mangimistica alle porte di Parma, è vicepresidente di Assalzoo con la delega alle filiere suina e lattiero casearia. Nel cuore della Food Valley, Carra Mangimi occupa 43 persone fra dipendenti e collaboratori, sviluppa un fatturato di circa 68 milioni di euro e serve le filiere della salumeria Dop con particolare attenzione al circuito del Prosciutto di Parma e San Daniele e, nel settore dei formaggi, gli allevamenti nelle zone Dop del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano. La qualità è il punto di forza dell’azienda, che esporta mangimi per suinetti per circa il 6,7% del fatturato. L’azienda nel 2023 taglierà il traguardo dei primi 90 anni di attività.

Dottor Carra, come avete reagito ai rincari che stanno accompagnando il settore da oltre un anno?

“I primi aumenti delle materie prime li abbiamo avuti già nei mesi di settembre-ottobre 2020. La dinamica non è nuova: di fatto l’azienda mangimistica fa da ammortizzatore con gli acquirenti a valle. Lavoriamo con i contratti di fornitura e, in questo modo, abbiamo contenuto o, almeno in parte compensato, l’aumento. Vede, il settore della mangimistica di solito attende qualche settimana o anche qualche mese per vedere se gli aumenti si consolidano o se, al contrario, sono fenomeni speculativi o si tratta di fluttuazioni e punte che poi scendono. Gli aumenti che abbiamo avuto, come sa, non hanno rappresentato un fenomeno transitorio, con la conseguenza che il sistema mangimistico ha adeguato i listini, per quanto tali aumenti ancora oggi non coprono la reale crescita dei mercati delle materie prime”.

Come hanno reagito gli allevatori?

“Nel complesso hanno accettato gli aumenti, anche se questo ha drenato molto della loro liquidità e in qualche caso ha creato qualche problema”.

Qual è stata la filiera che ha sofferto di più?

“Quella dei suini, che ha dinamiche diverse rispetto a quella lattiero casearia. Nel latte i prezzi sono definiti per un periodo più lungo, mentre per i suini le quotazioni sono settimanali. Nel corso del 2022, in particolare, abbiamo registrato un adeguamento dei prezzi del latte più in linea rispetto ai costi di produzione a differenza del settore suinicolo. Le filiere Dop casearie, poi, possono contare sulla forza della cooperazione e su produzioni che negli ultimi anni sono state in grado di assicurare un maggiore valore aggiunto rispetto alle filiere suinicole”.

Come ha influito la guerra in Ucraina? Avete dovuto modificare le strategie di approvvigionamento?

La guerra e la siccità hanno cambiato gli scenari

“La guerra in Ucraina ha cambiato completamente gli scenari, e al quadro si è aggiunta anche la siccità, che ha colpito in Italia e non solo, con la conseguenza che abbiamo avuto meno materie prime a disposizione.

A causa della guerra in Ucraina si sono bloccate per oltre due mesi le esportazioni di mais e grano da alcuni paesi dell’Est Europa. Alcuni commercianti che avevano contratti in essere con le aziende mangimistiche per l’importazione di cereali si sono resi insolventi. Le difficoltà di import di grano hanno pesato prevalentemente sui molini, mentre l’industria dei mangimi ha risentito delle difficoltà legate al mais. Le nostre imprese hanno dovuto fare i conti con un prezzo del mais schizzato a 400 euro alla tonnellata per effetto di diversi fattori: la guerra in Ucraina, gli effetti climatici sulle produzioni, la forte spinta delle importazioni cinesi”.

Si parla di sovranità alimentare di questi tempi. Servirebbe una strategia nazionale di approvvigionamento?

“Sì, dovremmo attuare strategie europee da un lato e trovare allo stesso tempo soluzioni italiane. Se pensiamo alla situazione nazionale non possiamo dimenticare che nel giro di 20 anni la produzione di mais è passata da 10 a 5 milioni di tonnellate. Inoltre, alla minore produzione si affianca una concorrenza di biogas e biometano. La verità è che senza il mais estero oggi non siamo autosufficienti”.

Da cosa è dipeso, secondo lei, il calo delle superfici e delle produzioni di mais in Italia?

“Ritengo da più fattori concomitanti. Le rese per ettaro negli ultimi due decenni non sono aumentate e, addirittura, sono in parte diminuite. Poi si è innescata una questione di prezzi e di concorrenza dei mercati internazionali. La stessa Ucraina dal 2010 ha iniziato a esportare mais in Europa a prezzi bassi mettendo di fatto fuori mercato le produzioni italiane. Questo ha portato una progressiva riduzione delle superfici coltivate a mais, perché era più conveniente acquistare dall’estero. Contemporaneamente, alcuni fattori climatici hanno reso più complessa la produzione italiana di mais. Ma il sistema Italia dovrebbe sostenere le produzioni interne, anche a vantaggio delle grandi Dop sul territorio, che sempre più dovranno fare i conti con le produzioni nazionali”.

Ricerca e sviluppo restano essenziali per la crescita di un’azienda. In quale direzione vi state muovendo? Avete sperimentazioni in corso?

Puntiamo a trovare nuove soluzioni, naturali, innovative e
tecnologiche

“Il nostro lavoro sta cambiando. Le normative tengono sempre più conto del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, sono stati limitati i mangimi medicati, per cui la mangimistica è chiamata a intensificare gli sforzi in ricerca e sviluppo. Come azienda abbiamo sviluppato da più di otto anni una funzione di ricerca e sviluppo per rispondere alle esigenze del mercato e produrre linee specifiche di prodotti nutraceutici, che non sono farmaci, tengo a sottolineare. Da qui è nata la linea Anhea, dedicata alla salute animale.

Collaboriamo con gli Atenei di Parma, Milano e Bologna e con le facoltà di Scienze delle Produzioni animali e Veterinaria. Puntiamo a trovare nuove soluzioni, naturali, innovative e tecnologiche per supportare l’animale in determinate fasi della vita in allevamento, per ridurre l’incidenza di patologie; non è semplicissimo, ma ci avvaliamo di tutte le ricerche disponibili a livello mondiale”.

L’allevatore partecipa con interesse?

“Sì, c’è molta collaborazione e partecipazione da parte degli allevatori. Non dimentichiamo che molte prove si svolgono negli allevamenti, si studiano le risposte specifiche dei mangimi e si provano i diversi prodotti naturali”.

Le produzioni Dop stanno rafforzando il legame col territorio anche dal punto di vista della produzione degli alimenti zootecnici. Che evoluzioni, opportunità, ostacoli vede?

“Tutte le Dop più rilevanti dal punto di vista delle produzioni si trovano di fatto nella stessa area e mi riferisco, nello specifico, a Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma e di San Daniele, per citare quelle numericamente più rilevanti. Gli ostacoli sono, quindi, il reperimento della materia prima per l’alimentazione dei bovini e dei suini. Bisognerà studiare valide soluzioni, se vogliamo dare un futuro di crescita a tali Dop.

Sui formaggi vediamo che stanno prendendo sempre più forza, sono comparti dove il prodotto fa la differenza. Sui prosciutti è un po’ più complesso, perché il sistema è un po’ più in crisi”.

Come uscirne?

“Serve un dialogo che coinvolga tutti gli attori della suinicoltura, così da pianificare una crescita ed evitare il rischio di incorrere in nuove crisi, che sarebbero dolorose per il settore. Bisogna valorizzare le produzioni italiane rispetto a quelle estere e serve un fronte comune per la suinicoltura Made in Italy”.

Sempre più il benessere animale e la sostenibilità passano attraverso la razione alimentare. Quali saranno le nuove frontiere sulle quali lavorerete?

“Come azienda stiamo lavorando sui concetti di precision feeding, cioè la nutrizione di precisione, per ottenere una maggiore corrispondenza tra i fabbisogni e gli apporti nutrizionali per evitare o comunque ridurre fortemente gli sprechi. Un altro obiettivo del precision feeding è, invece, legato all’ambiente: migliorando gli apporti amminoacidici all’interno della formula alimentare si punta a ridurre le emissioni azotate in atmosfera, grazie anche all’utilizzo di enzimi specifici che migliorano la digeribilità degli alimenti e l’efficienza della nutrizione animale”.

Come vede i mercati dei cereali, dei semi oleosi e dei foraggi nei prossimi mesi?

Dobbiamo conoscere il mercato per limitare gli effetti della volatilità

“Difficile dare una risposta, ma vediamo come operatori due spinte diverse e contrapposte nel mercato. Una direzione è determinata dai fondamentali del mercato, con i deficit di mais, frumento e foraggio che potrebbero infiammare i listini e una tendenza opposta dovuta alla contingenza dell’economia, che potrebbe portare a una minore domanda, spegnendo le quotazioni.

Dalle informazioni che abbiamo l’Argentina sta attraversando una fase di siccità e dovrebbe fare i conti con una produzione in diminuzione. Il Brasile non ha per ora incertezze sul piano climatico, ma i raccolti li avremo tra febbraio e marzo, per cui è presto per sbilanciarsi.

Parallelamente, abbiamo segnali di contrazione dei consumi, che sono già in atto. Dobbiamo capire se il calo influirà e in che misura sulle materie prime. Se, invece, i consumi dovessero ripartire, avremo una spinta al rialzo delle materie prime. Di fatto, come mangimisti siamo diventati degli operatori finanziari, dobbiamo conoscere il mercato e coprirci dai rischi per limitare gli effetti della volatilità, che temiamo possa comunque accompagnarci anche per il 2023”.

Lei è vicepresidente di Assalzoo. Avete mai pensato come settore mangimistico di operare attraverso acquisti congiunti?

“In verità no, perché ogni singola impresa ha le proprie politiche di acquisto, ma è un tema che potremmo affrontare, pur nella consapevolezza che non è facile dare indicazioni a tante aziende diverse”.