L’India è il secondo produttore mondiale di Riso al mondo, dopo la Cina, con 132 Mio Ton per la stagione 2023-24, secondo le stime USDA. Con un’autosufficienza del 112%, sono i primi esportatori mondiali con un export di più di 20 Mio Ton per la stagione 2022-23, coprendo circa il 37% dell’export mondiale.
Nel 2023, la stagione monsonica Indiana è stata caratterizzata da piogge scarse che hanno danneggiato il raccolto principale del Paese e, negli ultimi mesi, la carenza di umidità ha avuto un impatto negativo anche sul secondo raccolto. Di conseguenza, la disponibilità di Riso nel Paese è limitata.
Per questo motivo, già lo scorso Luglio il governo Indiano aveva vietato le esportazioni di Riso bianco non basmati, nel tentativo di frenare l’inflazione dei prezzi alimentari, che lo scorso Dicembre era del +10% rispetto un anno prima. Inoltre, sull’export del Riso parboiled è stata fissata una tassa del 20%. Adesso, il governo ne sta considerando l’estensione oltre il 31 Marzo, data in cui dovrebbe terminare.
Queste tensioni potrebbero avere un effetto rialzista sui mercati del Riso, che vedono già prezzi a livelli elevati nei mercati Asiatici, ma anche Africani e del Medio Oriente.
L’India non è nuova a restrizioni sulle esportazioni di prodotti alimentari: nel 2022 il governo ha vietato le esportazioni di Grano e nel 2023 quelle di Canna da Zucchero.
A Luglio 2023, il governo indiano ha bloccato le esportazioni di Riso non basmati dal Paese. Le esportazioni totali di Riso dall’India equivalgono a circa il 40% delle esportazioni mondiali, e la nuova misura dovrebbe quasi dimezzare le quantità esportate dal Paese.
Il blocco è una risposta al rincaro dei prezzi del Riso, dovuto ad un aumento della domanda registrato negli ultimi anni e, più recentemente, all’interruzione della Black Sea Grain Initiative e ai danni provocati dalle piogge monsoniche di entità eccezionale nelle regioni settentrionali del Paese. Alcuni analisti, però, interpretano la manovra come preventiva e mirata ad evitare che il costo della vita aumenti eccessivamente in vista delle elezioni del prossimo anno.
Anche in Tailandia e Vietnam, secondo e terzo esportatore mondiale, i prezzi del Riso stanno aumentando. L’Indice FAO per il prezzo mondiale del Riso è, infatti, aumentato del 20% a Luglio 2023 rispetto Luglio 2022.
Le tensioni legate all’offerta di Riso potrebbero aumentare ulteriormente: per via della carenza di pioggia in Thailandia, il governo sta incentivando gli agricoltori a ridurre l’area destinata alla coltivazione di Riso per la prossima stagione, in favore di colture pluriennali. Inoltre, gli stock mondiali sono stimati da USDA in diminuzione (v. grafico).
Professionisti motivati che operano per i produttori ed insieme a loro senza trincerarsi dietro scusanti burocratiche e posizioni di potere, questo è il riferimento operativo che permette il successo della grande cooperativa del latte indiana.
Dal suo avvio nel 1973, la Gujarat Cooperative Milk Marketing Federation Limited (GCMMF) è rimasta un’azienda guidata dal consiglio di amministrazione che rappresenta effettivamente gli allevatori e gestita da personale che mette al servizio della filiera le necessarie competenze tecniche e manageriali. È formata da 3.6 milioni di soci che consegnano 35 milioni di litri di latte al giorno a 18 centri distrettuali di lavorazione che commercializzano tutti i prodotti con l’unico marchio Amul.
Si tratta di un sistema organizzativo ed operativo lungo, complesso e difficile ma che permette anche ad un piccolissimo allevatore di un villaggio sperduto di far arrivare il proprio latte nelle grandi metropoli di Delhi o Calcutta, traendone il necessario valore per il sostentamento della sua famiglia.
Il “modello Amul” funziona perché ha saputo mantenere il legame diretto fra chi produce e chi consuma a migliaia di chilometri di distanza contenendo al massimo il differenziale fra il costo pagato dal consumatore col prezzo riconosciuto al produttore e per l’aver messo da parte carrierismo e vincoli burocratici focalizzandosi sul vincolo con i produttori.
In India il 40% della popolazione è attiva in agricoltura, con una presenza preponderante delle piccole realtà produttive, spesso marginali, nella rete dei villaggi rurali che caratterizzano il grande paese asiatico, che con 176 milioni di tonnellate, è anche il leader mondiale di latte, una delle produzioni basilari dell’agricoltura indiana, radicata nei suoi costumi e tradizioni. Di conseguenza, tutti gli sforzi per accrescere il reddito delle popolazioni rurali passano da un efficientamento del sistema, che si basa su di un modello diffuso di piccolissime realtà aziendali, apparentemente in contrasto col modello produttivo delle grandi realtà mondiali di produzione lattiera, Cina compresa.
Diventa dunque prioritario per il governo indiano migliorare il sistema per rispondere alla domanda interna, con le necessità di sicurezza alimentare ed innovazione delle affluenti fasce di popolazione urbana, ma anche per cercare di trarre profitto dall’export, settore verso cui l’India si è orientata solo recentemente.
Una serie di piani strategici, predisposti dall’agenzia pubblica National Institution for Transforming India, per raddoppiare il reddito degli allevatori entro il 2023
In tale contesto si colloca il piano predisposto dall’agenzia pubblica National Institution for Transforming India, che prevede una serie di misure che ambiscono a raddoppiare il reddito degli allevatori entro il 2023. Prendendo a riferimento il 2015, queste dovrebbero comportare però notevoli sforzi tecnici, infrastrutturali, come l’aumento delle superfici irrigate (19%), l’uso dei fertilizzanti (3%) e delle sementi selezionate (167%) per aumentare il fabbisogno di alimenti zootecnici. Sono stati predisposti una serie di piani strategici lungo tutta la filiera per sostenere il miglioramento delle attrezzature nelle aziende e degli impianti di raccolta, trasporto e lavorazione del latte, con un solido investimento pubblico ed il coinvolgimento delle maggiori aziende, cooperative e private.
L’obiettivo è di arrivare ad una produzione di 250 milioni di tonnellate di latte, il che comporta una crescita annuale del 8,5%, integrando meglio la fitta rete di allevatori ed operatori commerciali, nel contesto delle imprese di trasformazione sia cooperative che private.
Aumentare l’efficienza produttiva, ridurre i costi e ricercare le economie di scala, non basta; occorre anche gestire i surplus ed avere una attenta conoscenza e strategia dei mercati.
Il continente asiatico conta la maggiore popolazione mondiale con due enormi realtà, India e Cina, opposte per quanto riguarda i consumi di latte, ma sempre più importanti per quanto concerne gli scambi commerciali. Urbanizzazione, classe media giovane in rapido aumento, informatizzazione, globalizzazione, sono una realtà dirompente.
Secondo Fonterra, l’Indianecessiterà di approvvigionarsi dall’estero per far fronte alla richiesta interna
In questo scenario, l’India si distingue fra i paesi asiatici per la presenza nella dieta alimentare di latte e derivati. Questo enorme Paese, al primo posto per la produzione mondiale di latte, presenta attualmente un equilibrio fra produzioni e consumi, però l’evoluzione della domanda lascia prevedere, secondo Fonterra, la necessità di approvvigionarsi dall’estero per far fronte alla richiesta interna. A differenza della Cina, l’import indiano non si concentra sul latte confezionato od in polvere, ma sulla necessità di reperire proteine che, per ragioni culturali e religiose, possono trovare nel latte una origine privilegiata. A riprova di questo, Fonterra esporta in India prodotti quali i derivati del siero, usati in sostituzione delle uova.
Jayen Mehta (General Manager, GCMMF Ltd., Amul) presenta “Amul e le variabili del marketing contemporaneo”
Riguardo alla Cina, la cosiddetta guerra commerciale con gli USA ed i conseguenti dazi di importazione, potranno tradursi in un aumento dei costi per la produzione del latte e dunque del prezzo pagato dal consumatore. Le esportazioni neozelandesi si trovano in vantaggio rispetto a quelle USA che perdono competitività, ma queste dovranno trovare altre destinazioni nel mercato del sud est asiatico, con una competizione accresciuta.
13 Milionidi persone si spostano ogni anno verso le aree urbane (Cina)
In Cina, ogni anno 13 milioni di persone si spostano verso le aree urbane, salgono nella scala sociale e di conseguenza cambiano le abitudini alimentari richiedendo nuovi prodotti con gusti diversi dai tradizionali, come il caffè con l’aggiunta di crema ed eventualmente di formaggi cremosi o gli yogurt al gusto di formaggio. Questo sarà uno stimolo sia per la produzione interna, che aumenta ad un ritmo del 1,7%, sia per le importazioni che continueranno a crescere ad un ritmo superiore al 4%, trainate dalla richiesta di proteine che permettono di valorizzare maggiormente il latte.
Manfredi Minutelli (European Food and Beverages Category Leader, Alibaba Group) presenta “E-commerce, Gateway to China”
Fonterra poi, data la vicinanza col continente asiatico, esporta in Cina anche latte fresco per i piccoli negozi che attuano la distribuzione di vicinato grazie alla crescente digitalizzazione.
Se i paesi asiatici, Cina in testa, sono stati i destinatari principali delle commodity del latte, ora con i rapidi cambiamenti in atto nei vari paesi, compresa l’India, si aprono scenari favorevoli per prodotti a più alto valore aggiunto. Anche in questo caso, l’innovazione è il fattore chiave e l’informatizzazione lo strumento per raggiungere questi grandi mercati.
Florent Courau (General Manager, JD.com 京东 France) presenta “Le dinamiche dell’e-commerce della Cina”
L’India, oltre ad essere il maggior paese produttore e consumatore di latte al mondo, ha anche la mandria più consistente. Solo metà del latte però è di origine bovina, sia da razze locali che da incroci con frisone, jersey e brown swiss, mentre la restante metà è prodotta dalle bufale. La domanda interna cresce del 4,2% dal 2000 e dunque diventa essenziale agire sulla selezione genetica e l’evoluzione della mandria per aumentare la produzione.
La produttività per capo è però bassa rispetto ai riferimenti internazionali. Infatti, i picchi produttivi degli animali più selezionati superano appena i 30 quintali di latte all’anno. Bisogna però considerare le condizioni ambientali indiane, che non sono certo adatte alle razze più selezionate. Alte temperature, umidità ed una diffusa presenza di patologie e parassiti, sono fattori che non permettono tanto facilmente di introdurre gli animali generalmente presenti nelle maggiori aree lattiere mondiali. Bisogna poi considerare i maggiori bisogni alimentari degli animali più produttivi, oltre alla diversa gestione aziendale, rispetto alle razze locali più rustiche ed adeguate all’ambiente.
Per questo diventa interessante il ruolo bufalino, animali che insieme ad una buona produzione di latte rispetto alle razze locali e con ottimi contenuti, soprattutto per il grasso, sono ben adattati alle condizioni climatiche, resistenti alle malattie ed in grado di utilizzare al meglio gli alimenti disponibili.
Occorre poi tener conto del fatto che in India la mandria è rappresentata in media da uno-due animali per famiglia, il che rende difficile l’adozione di tecniche evolute di allevamento. Inoltre è fondamentale considerare il fattore culturale indiano, per cui in molti stati è vietato macellare le vacche, condizione che non esiste i per i bufalini ed infatti l’India è un grande esportatore di carne di questi animali.
Anche per la composizione della mandria, l’India assume una posizione originale nel contesto della produzione di latte.
Più volte annunciato come una possibilità, ora le agenzie meteorologiche giapponese ed australiana affermano che si sono manifestati i segni per il succedersi di fenomeni climatici estremi noti come El Niño, tali da interessare vaste regioni, dall’America meridionale al sud-est asiatico, con pesanti riflessi sulle produzioni agricole.
Con el Niño e la Niña si descrivono fasi opposte di oscillazioni delle temperature fra oceano ed atmosfera nella zona equatoriale del Pacifico. La Niña è la fase fresca di tali oscillazioni (indicate con la sigla ENSO – El Niño-Southern Oscillation), el Niño quella calda. Queste deviazioni dalle normali temperature di superficie degli oceani possono avere un grande impatto sulle condizioni climatiche a livello mondiale. Nel 1600, dei pescatori al largo delle coste dell’America Latina, rilevarono come le acque dell’oceano Pacifico fossero stranamente calde per la stagione ed essendo a dicembre, chiamarono il fenomeno el Niño (il bimbo), dato il Natale ormai vicino.
Quest’anno, una siccità primaverile in Asia meridionale ha già influito negativamente sui raccolti di olio di palma e potrebbe comportare problemi nelle piantagioni di caffè in Colombia e di cacao in Africa occidentale. All’opposto, delle piogge eccessive potrebbero danneggiare i raccolti di canna da zucchero in Brasile.
Negli USA il fenomeno potrebbe avere invece effetti positivi comportando una stagione fresca ed umida in favore dei raccolti di mais ma con una generale diminuzione nella qualità dei prodotti; già ora si notano ricorrenti ed intense piogge nelle pianure centrali del paese.
In India la conseguenza di questo cambiamento meteorologico è la ridotta intensità dei monsoni, che potrebbe avere riflessi sul raccolto di cotone di cui il paese asiatico è il maggior produttore, mentre la ridotta produzione di olio di palma in Indonesia e Malesia sarebbe favorevole per il mercato delll’olio di soia.
Le previsioni climatiche sono influenzate da una molteplicità di fattori che le rendono complesse, ma bisognerà sempre più considerare l’insorgere dei fenomeni climatici estremi ed i conseguenti effetti su mercato e quotazioni mondiali dei prodotti agroalimentari.