Soia: nuovi equilibri, dal Sud America agli USA
17 Novembre 2023

Di: Elisa Donegatti ed Ester Venturelli

Il raccolto di Soia degli Stati Uniti, che costituisce il 28% dell’offerta mondiale, è ormai completo. La produzione, pur rimanendo ai minimi dal 2019, è stata superiore alle aspettative e il report WASDE degli USDA di Novembre ha aumentato le stime di produzione degli USA di 690.000 tonnellate. I prezzi della Soia sono però rimasti piuttosto stabili sostenuti in parte da una ripresa degli acquisti da parte della Cina e dalle preoccupazioni che stanno sorgendo per la produzione in Sud America.

Brasile e Argentina insieme producono più del 50% della Soia mondiale e, in termini di rese, sono rispettivamente al primo e al terzo posto a livello mondiale, avendo visto un importante miglioramento negli ultimi anni. 

Le condizioni climatiche in Brasile, però, non sembrano essere particolarmente favorevoli per la produzione di questa stagione (2023-24). Infatti, la carenza di piogge ha rallentato la semina di Soia e in alcuni casi potrebbe essere necessario ripiantare, soprattutto nel nord di Mato Grosso.

In Argentina l’arrivo tardivo delle piogge ha fatto sì che alcuni campi che dovevano essere destinati alla coltivazione di Mais o Girasole siano stati destinati alla produzione di Soia. Tuttavia, a causa del clima secco, la semina è indietro rispetto al ritmo medio delle ultime annate. Inoltre, l’Argentina sta producendo ridotte quantità di Farina di Soia, non riuscendo ad utilizzare gli impianti di frantumazione a piena capacità a causa dello scarso raccolto locale nella stagione 2022-23. 

Queste dinamiche stanno spingendo la domanda di Soia e Farina di Soia a spostarsi verso gli USA, generando elementi di supporto per i prezzi.

TESEO.Clal.it – Prezzi dei semi di Soia negli USA

Suini: difficoltà nel mercato USA
20 Ottobre 2023

Di: Marika De Vincenzi ed Ester Venturelli

Il settore suinicolo statunitense sta attraversando un periodo complesso. Nel 2022, le stime USDA dei costi e dei ricavi hanno indicato un margine alla stalla negativo. La situazione non risulta migliorata di molto nel corso del 2023. Infatti, nonostante siano diminuiti i costi dell’alimentazione, si registra una riduzione dei parti e un’accelerazione delle macellazioni con suini più leggeri, con un totale in tonnellate leggermente inferiore a quello registrato ad Agosto 2022. Per i prossimi mesi, gli analisti USDA si aspettano che il numero di parti si mantenga in calo, ma un incremento del peso dei suini alla macellazione, favorito dal calo dei costi dell’alimentazione.

Anche il trade sembra aver iniziato un processo di rallentamento. Le esportazioni Statunitensi di Carni Suine sono aumentate del 6,79% tra Gennaio e Agosto 2023, rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Tuttavia, hanno registrato un leggero rallentamento nell’ultimo mese (-3,79%, Agosto 2023 rispetto ad Agosto 2022). Il rallentamento dell’export ha tra le cause i prezzi all’esportazione, che in Agosto hanno registrato ancora valori elevati, e l’aumento del tasso di cambio del Dollaro USA rispetto alle monete dei principali mercati importatori. 

La diminuzione è principalmente associata a “Altre Frattaglie”, voce che ha visto un calo del 20,5% (circa 8.500 tonnellate). Questa riduzione è dovuta principalmente alla Cina, principale acquirente, che ha acquistato quasi il 30% in meno (Agosto 2023 vs Agosto 2022). La domanda Cinese è diminuita nello stesso mese anche per le “Carni Fresche Refrigerate e Congelate”, in calo del 43%. In Cina, infatti, il mercato è saturo della produzione locale, tanto che il governo è intervenuto ritirandone una parte dal mercato in un tentativo di rialzare i prezzi. Inoltre, il rallentamento dell’economia Cinese sta portando il Paese a rivolgersi a fornitori più convenienti, come il Brasile.

Un elemento positivo sembra essere la domanda dal Messico, che si mantiene in crescita. Le esportazioni verso il Messico sono aumentate sia per “Carni Fresche” che “Altre Frattaglie”. Anche se queste quantità in parte compensano le riduzioni verso la Cina, nel complesso il totale mensile di Agosto 2023 è risultato inferiore alle quantità esportate ad Agosto 2022 e Agosto 2021.

Mais e Soia: gli interrogativi sull’offerta dagli USA
14 Luglio 2023

Di: Elisa Donegatti ed Ester Venturelli

Tra Gennaio e Maggio 2023 l’export statunitense di Mais è calato del 33% (10 Mio Tons) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre quello di Soia, pur avendo registrato un complessivo aumento del 6%, è crollato ad Aprile e Maggio. Tra circa un mese, inizieranno ad entrare sul mercato le produzioni della nuova stagione, che saranno fondamentali per determinare l’andamento dei prezzi mondiali.

Mais

Le aspettative USDA, rispetto all’anno scorso, sono di un incremento della produzione di Mais Statunitense dell’11,6%. Le principali ragioni sono legate alla ridotta produzione dell’anno scorso a causa della siccità e all’importante espansione degli ettari destinati alla produzione di Mais nel Paese, che sarebbero aumentati del 6%. 

Il Clima non sembra, però, molto favorevole: giugno ha registrato precipitazioni inferiori alla media in diverse aree, tra cui la Corn Belt. Nonostante questo, le stime del WASDE (USDA) per la produzione di Mais non sono state ridotte nel report di luglio. La pioggia di inizio luglio ha suscitato, infatti, ottimismo, seppure permangano condizioni diffuse di siccità che lasciano un interrogativo sui potenziali raccolti.

Anche la domanda avrà un ruolo fondamentale per l’export e, di conseguenza, per il prezzo USA e mondiale. Negli ultimi mesi, gli USA hanno visto un calo delle vendite di Mais, dovuto in particolare ad uno spostamento della domanda Cinese verso il Mais Brasiliano. 

Soia

La situazione della Soia è diversa. Gli ettari destinati alla coltivazione sono stimati dall’USDA in riduzione del 5% rispetto alla stagione scorsa, contro le aspettative che indicavano, invece, un incremento. La minore offerta dovrebbe, poi, confrontarsi con una maggiore domanda domestica per la produzione di biocarburante, per la quale dovrebbe aumentare il consumo di semi di Soia, riducendo la disponibilità all’esportazione.

La Cina cerca Semi Oleosi in Nord America
7 Aprile 2023

Di: Elisa Donegatti e Ester Venturelli

CLAL.Teseo.it – Esportazioni USA di Semi Oleosi

Le esportazioni Statunitensi di Semi Oleosi registrano un aumento del +30,6% tra Gennaio e Febbraio 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022 nonostante i prezzi medi di tutti i principali prodotti siano in aumento. 

La maggiore crescita in quantità è legata alla Soia, che costituisce l’88% delle esportazioni USA di Semi Oleosi, ed è aumentata del +36,46%, che equivale a +3,7 Mio Tons (Gen-Feb 2023 vs Gen-Feb 22). La destinazione principale è stata la Cina, che ha assorbito il 63% del prodotto con quantità in aumento del 66,6%. 
Anche l’Unione Europea ha, però, una certa rilevanza acquistando il 10% della Soia USA esportata e registrando un aumento di quasi il 50%. Tra i principali Paesi UE che importano Soia dagli USA, troviamo Germania (+174%) e Italia (+35%).

Altro prodotto caratterizzato da una crescita importante delle esportazioni è la Colza. Sebbene si parli di quantità decisamente inferiori, l’export di Colza è aumentato del 64% (Gen-Feb 2023 vs Gen-Feb 22) raggiungendo le 38.800 Ton distribuite tra Canada e Messico.

Grazie alla domanda Cinese, anche il Canada aumenta le proprie esportazioni di Semi Oleosi (+74,1% Gen-Feb 2023 vs Gen-Feb 22). Il principale prodotto è la Colza, che registra una crescita dei volumi dell’83% (+659.887 tonnellate), seguita dalla Soia che aumenta del 68% (+301.482 tonnellate).

CLAL.Teseo.it – Esportazioni USA di Soia

Efficienza nelle vacche da latte USA
9 Marzo 2023

Secondo uno studio della National Milk Producers Federation ed altre associazioni USA, rispetto al 2007, le vacche da latte nordamericane producono il 6% in più di latte, consumano il 4% in meno di mangime e utilizzano il 13% in meno di terra. Inoltre, rispetto a 14 anni fa,  producono l’8% in meno di emissioni e consumano il 6% in meno di acqua. Questa riduzione nelle emissioni di gas serra equivarrebbe all’eliminazione di quattro milioni di auto dalla circolazione ed il risparmio idrico sarebbe sufficiente a soddisfare per due anni i bisogni di una città come New York.

Il Nord America, con appena il 4% delle vacche allevate nel mondo, produce il 15% del latte globale e la produzione di latte è aumentata di 3,5 volte tra il 1960 e il 2020, a differenza di 1,5 volte nelle altre aree mondiali di produzione lattiera. Oggi gli allevatori statunitensi producono più latte che nel 1944, seppur con 16 milioni di vacche in meno.

L’efficienza è data da genetica, tecnologia e gestione

Questi miglioramenti sono il risultato della genetica, della tecnologia, delle pratiche di gestione aziendale e di altre innovazioni che vanno a beneficio degli animali e degli allevatori, ma anche dell’ambiente e della società. Un allevamento di 750 vacche produce sostanza organica sufficiente per concimare  oltre 900 ettari di terreno, la tecnologia permette di convertire il metano in energia elettrica, il consumo di latte è buono per la salute.  Occorre però sfatare dei miti  che stanno prendendo piede, come ad esempio la supposizione che le vacche starebbero meglio al pascolo che nelle stalle. Eppure dalle valutazioni di stress ormonale risulta che le vacche si trovano meglio nelle stalle, dove è possibile intervenire per mitigare gli stress climatici, piuttosto che essere esposte all’esterno. Un altro mito riguarda il fatto che i succedanei di origine vegetale sarebbero più environmentally friendly del latte. Per sfatarlo basta solo notare che la quantità  di CO2 per grammo di proteine prodotte è minore nel latte che in tali bevande alternative.  

i dati sono sempre più alla base delle decisioni aziendali

Oggi gli allevatori hanno una visione più approfondita ed ampia delle loro attività, che consente di prendere decisioni migliori. Come mai prima, che si tratti della salute dell’animale, dell’alimentazione, della quantità di latte o della produttività complessiva della mandria, i dati sono sempre più alla base delle decisioni aziendali.

I miglioramenti apportati da una selezione genetica più appropriata, hanno contribuito in modo determinante all’aumento della produttività complessiva. La longevità della vacca, la trasformazione dell’alimento, la produzione di latte e la resistenza alle malattie, sono tutti parametri che sono migliorati grazie a questa selezione.

Internet e social media hanno poi aumentato considerevolmente la condivisione delle informazioni anche tra gli allevatori, fornendo un incrocio di idee ed esperienze che permette la condivisione delle esperienze e la diffusione delle migliori pratiche.

CLAL.it – Produzioni di latte per vacca negli USA

Fonte: AEM, NMPF, DFA

Il programma per l’agricoltura dello Stato di New York
3 Febbraio 2023

Secondo i dati del Dipartimento dell’agricoltura, nello Stato di New York operano circa 33 mila aziende agricole, con produzioni che spaziano dal latte (quinto posto nella classifica nazionale), alle mele, all’uva, per un valore totale di 3,3 miliardi di dollari, con 24 mila persone impiegate. Il 23% della superficie totale dello Stato è in uso agricolo, mentre nella zona dei grandi laghi, i Finger Lakes, i terreni agricoli rappresentano più del 40% della superficie totale.

Agricoltura ed allevamento sono dunque attività rilevanti e di recente è stato avviato un gruppo di lavoro fra i rappresentanti della pubblica amministrazione, degli agricoltori, dei lavoratori e delle associazioni di categoria. Il compito è organizzare incontri di confronto ed approfondimento svolti in estate nelle varie zone dello Stato, per identificare le necessità del comparto e le azioni da intraprendere. Sono state individuate le seguenti tematiche su cui è necessario intervenire:

  • Trasporti: affrontare le sfide legate alla movimentazione dei prodotti e le relative esigenze di investimento in strade, ponti ed altre infrastrutture vitali per portare i beni sul mercato;
  • Lavoro: individuare e formare la prossima generazione di agricoltori e lavoratori agricoli per sostenere un settore diversificato con le competenze necessarie per gestire le aziende agricole moderne.
  • Ambiente: affrontare le tematiche relative alla gestione del letame ed alla transizione verso fonti energetiche rinnovabili per raggiungere gli obiettivi climatici dello Stato e permettere alle aziende agricole di diventare neutrali rispetto alle emissioni di carbonio;
  • Alloggi per i lavoratori: fornire un ambiente di vita sicuro, vicino alle aziende agricole;
  • Tassazione: fornire indicazioni per migliorare le imposte sulla proprietà e l’accesso ai programmi di sgravio fiscale esistenti;
  • Tutela dei terreni agricoli: rivedere la normativa esistente per identificare i modi in cui lo Stato possa fattivamente garantire che i terreni agricoli produttivi rimangano accessibili agli agricoltori;
  • Territorio: sostenere le vendite dirette ed i circuiti corti, l’acquisto di prodotti del territorio da parte delle varie agenzie statali per creare catene di approvvigionamento locali, strettamente collegate con le aziende agricole.

Un rapporto finale sarà consegnato all’Ufficio del Governatore e identificherà le azioni, raccomandate dal gruppo di lavoro, che le agenzie statali possono intraprendere per sostenere a semplificare le attività produttive per gli agricoltori dello Stato di New York.

TESEO.Clal.it – Andamento dei costi e dei ricavi nelle Aziende da latte USA

Fonte: New York State Comptroller and New York State

La rincorsa fra prezzo del latte e costi di produzione
5 Settembre 2022

Il problema in fin dei conti è sempre quello: trarre un giusto reddito dalla propria attività. Ma come risolverlo nella produzione di latte, quando i costi crescono più dei prezzi pagati agli allevatori?

Come prezzo, l’ultimo anno è andato apparentemente bene per i produttori di latte USA dato che ha  avuto una crescita continua. Questa dinamica era iniziata con la ripresa dei vari settori dell’economia dopo il lockdown, con una domanda che ha richiesto grandi quantità di prodotti lattiero-caseari e che è stata spinta dall’export.

CLAL.it – Stati Uniti: Prezzo del latte

I prezzi record del latte sono stati però in gran parte vanificati dagli aumenti dei costi di produzione, uno fra tutti quelli dei mangimi che  rimangono ben al di sopra della media e per i quali l’incertezza sulle aspettative dei raccolti a livello mondiale continua ad esercitare una pressione al rialzo.

Un’analisi più approfondita dei costi di produzione e di gestione dell’azienda da latte evidenzia questo problema di marginalità. Se gli alimenti, compresi anche quelli prodotti in azienda ed il pascolo, hanno rappresentato la parte più consistente delle spese, aggravate anche dall’eccezionale siccità che ha colpito alcuni Stati, la seconda categoria in ordine di importanza è quella del capitale investito per la gestione dell’allevamento, che comprende spese per strutture di stabulazione, macchinari ed attrezzature, movimentazione del letame, stoccaggio degli alimenti od altro. Bisogna poi considerare anche il costo della manodopera, un ulteriore elemento rilevante dell’equazione. Tutti questi parametri evidenziano un margine operativo negativo in tutte le dimensioni aziendali.

Quindi, sebbene  le entrate siano apparentemente più elevate, di fatto il potere d’acquisto dei produttori sul mercato si è generalmente indebolito. Il problema è sempre lo stesso: avere un prezzo del latte che dia certezza al produttore per la sua attività, contrastando la volatilità del mercato.  

Le politiche agricole si pongono l’obiettivo di dare prospettive alla crescita produttiva, tenendo presenti gli aspetti economico, sociale, ambientale ed anche tecnologico, ma non saranno risolutive senza una visione globale e non settoriale. Di fatto, occorre affrontare la questione nella sua complessità  in modo coordinato a livello internazionale, innanzitutto attenuando i conflitti che sono forieri di stravolgimenti che non possono che aumentare le incertezze. Occorre poi unire le forze per contrastare i dirompenti effetti dei cambiamenti climatici ed il depauperamento delle risorse naturali.  

La domanda cui rifuggiamo è sempre quella: quanto è reale il postulato della crescita infinita?
Celebre a tal proposito è l’affermazione dell’economista inglese Kenneth Boulding: «Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un pazzo, oppure un economista».

TESEO.clal.it – Stati Uniti: Precipitazioni totali

Fonte: Dairy Producer

La famiglia, riferimento per l’azienda da latte
4 Agosto 2022

Sebbene le aziende da latte si concentrino ed aumentino di dimensione, sarebbe un errore pensare che il modello di azienda famigliare, su cui da sempre si è basato l’allevamento, sia superato. Descrivere il declino dell’azienda agricola a conduzione familiare e l’ascesa dell’azienda agricola di tipo manageriale non è un quadro accurato della realtà.

Aziende da latte USA, il97% è a conduzione familiare

Questo anche negli USA dove, sebbene il numero di aziende da latte sia diminuito, rimane il predominio di quelle a conduzione familiare. Delle 39.442 aziende agricole con vacche da latte di tutte le dimensioni, secondo i dati dell’USDA più di 38.200 sono a conduzione familiare. Si tratta di ben il 97%, una percentuale consolidata. Ad esempio, nel 2016 le aziende da latte erano oltre 48.000, di cui il 97,3% a conduzione familiare.

La dimensione media di una stalla da latte USA è oggi di 300 vacche, rispetto a 50 nel 1990. Quindi, anche con una dimensione maggiore che richiede nuove professionalità e grandi finanziamenti, l’azienda familiare rimane il fondamento dell’allevamento da latte.

É la realtà di tutti i grandi paesi tradizionalmente produttori di latte, purtroppo sottaciuta.

Se è giusto parlare di imprenditoria, date le competenze richieste a chi conduce l’azienda da latte, è indispensabile parlare di familiarità con tutta l’attenzione per il valore soprattutto sociale, oltre che economico, che la famiglia trasmette alle comunità in cui opera.

TESEO.clal.it – USA: Costi e ricavi delle Aziende da Latte

Fonte: Hoosier

Le quattro sorelle USA della Carne e la libertà di mercato
29 Settembre 2021

Cargill, il gigante mondiale delle commodity, Tyson Foods Inc, la maggiore azienda per la carne di pollo, la brasiliana JBS SA, leader mondiale della carne e la National Beef Packing Co, azienda controllata dalla brasiliana Marfrig Global Foods SA, sono i quattro operatori che macellano all’incirca l’85% del bestiame da carne USA. Nel 1977 questa percentuale era appena il 25%, ma nel 1992 aveva raggiunto il 71%. La necessità di ridurre il costo unitario di macellazione ha portato a costruire impianti sempre più grandi soppiantando quelli di piccole e medie dimensioni, come dimostra il fatto che mentre nel 1977 l’84% di vitelli e manze erano macellati in impianti con una capacità inferiore al mezzo milione di capi all’anno, nel 1997 tale percentuale crollava al 20%.

Un sistema concentrato diventa anche più fragile, come dimostrano tre eventi che hanno colpito il settore: nel 2019 il macello di Tyson Foods nel Kansas è stato chiuso per quattro mesi a causa di un incendio; il Covid lo scorso anno ha provocato la chiusura a singhiozzo di vari impianti per infezioni fra i lavoratori ed infine a maggio 2021 JBS ha subito attacchi informatici che hanno portato alla chiusura temporanea nei suoi macelli di bovini e suini.

Queste chiusure nelle attività di macellazione si ripercuotono pesantemente sugli allevatori che non riescono a vendere gli animali mentre, a causa della minore offerta di carne, i prezzi sul mercato aumentano a tutto beneficio degli operatori. L’esempio è l’incendio nel macello della Tyson, dopo il quale la differenza fra il prezzo degli animali e quello della carne raggiunse, secondo USDA, livelli record.

La proposta USDA per proteggere i Suinicoltori da pratiche sleali

Secondo gli allevatori, questa concentrazione di fatto si traduce in una diminuzione della concorrenza ed in uno svantaggio competitivo fra chi deve vendere gli animali e chi commercializza la carne. Da varie parti, compreso un gruppo di Governatori, viene dunque proposta la creazione di un ufficio per verificare le pratiche anti-competitive nel settore della macellazione. USDA intende utilizzare una norma esistente tesa a proteggere allevatori ed agricoltori da pratiche commerciali svalorizzanti, utilizzando parte dei 4 miliardi di dollari destinati a consolidare il sistema alimentare USA.

L’equilibrio fra domanda ed offerta deriva anche dall’assenza di posizioni dominanti e pertanto occorrono autorità di sorveglianza e meccanismi regolatori per assicurare la trasparenza del mercato.

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Fonte: Reuters

Anche in Nuova Zelanda sempre più terreni in mani straniere
2 Agosto 2021

Dei tre fattori di produzione dell’economia classica, terra – lavoro – capitale, l’unico che non emigra né delocalizza è la terra. Questo è un elemento di sicurezza che da sempre ha comportato la corsa all’accaparramento della terra, descritto oggi come land grabbing. Si tratta del fenomeno economico e geopolitico di acquisizione agricola su scala globale, particolarmente acuto in Africa ma che interessa tutti i Paesi che dispongono di questo bene prezioso.

Occorre dimostrare che l’acquisto di terreno comporta benefici per la Nuova Zelanda

Un caso significativo è quello della Nuova Zelanda dove, fra il 2010 ed il 2021, circa 180 mila ettari di terreni agricoli, 460 mila ettari di boschi (39% del totale), 70 mila ettari di terreni per aziende di bovine da latte (16%), 100 mila per allevare pecore ed altri animali da carne (22%) ed anche 8 mila ettari di terre a vigneti, pari al 2% di tutte quelle passate di mano, sono stati venduti a soggetti stranieri. Per queste operazioni, occorre presentare una domanda dimostrando che l’acquisto di terreno comporta dei benefici per la Nuova Zelanda in termini di posti di lavoro, impianti di trasformazione, maggiore export o nuove tecnologie.

Si stima che il valore di queste vendite sia stato di $ 1 miliardo per i terreni di aziende da latte, $ 224 milioni per le altre coltivazioni, $ 370 milioni per i terreni boschivi, $ 325 milioni per le vigne.

Gli operatori USA hanno acquistato il 45% del totale, privilegiando le aziende da latte ed i vigneti, seguiti dai cinesi col 18% e dai tedeschi col 10%. Acquisti di terreni sono stati fatti anche da inglesi ed olandesi. Il terreno passato in mani straniere è pari al 3% della superficie totale del Paese, una percentuale ancora bassa rispetto al 13,8% dell’Australia dove la fanno da padroni i cinesi. Il governo neozelandese è comunque favorevole all’arrivo di questi capitali stranieri per espandere ad esempio il settore boschivo e vitivinicolo e per la trasformazione in loco delle materie prime agricole in modo da aumentare il valore dei prodotti esportati.

In Nuova Zelanda non esistono sussidi agricoli, dunque gli apporti di nuovi capitali e tecnologie sono visti favorevolmente. È un Paese scarsamente popolato con grandi risorse naturali ed il governo è in grado di esercitare un peso nella trattativa con gli stranieri.

Fonte: eDairyNews

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