In Cina, a Giugno, sono diminuiti i prezzi dei beni non alimentari, inclusi quelli energetici e dei trasporti. Questo ha fatto sì che, contro le aspettative, l’inflazione annuale si attestasse allo 0%, nonostante sia rimasta in crescita l’inflazione associata ai beni alimentari. In generale, comunque, l’appiattimento dei prezzi indica che l’economia Cinese sta facendo i conti con una domanda particolarmente debole. Il governo Cinese probabilmente prenderà delle misure a fine luglio per favorire la ripresa economica del Paese e queste potrebbero essere associate a nuovi supporti finanziari e monetari. Le aspettative sono, in ogni caso, di un’inflazione superiore a 0 nella seconda metà dell’anno.
Cosa sta succedendo, invece, nei Paesi occidentali?
In Giugno, l’Unione Europea ha registrato un tasso di inflazione in diminuzione rispetto a Maggio grazie ai costi energetici in calo. La variazione annuale è quindi passata da +6,1% a +5,6% rispetto al 2022. I prezzi alimentari a livello Europeo hanno rallentato l’aumento. Anche dagli USA ci sono segnali di miglioramento, con l’inflazione annuale scesa dal +4% di Maggio al +3% a Giugno, tuttavia i Prezzi Alimentari nel Paese sono leggermente aumentati.
La cosiddetta Core Inflation, che include tutto ciò che non è alimentare o energetico, ha registrato invece un aumento rispetto a Maggio sia in UE che negli USA, evidenziando la persistenza di pressioni diffuse sui prezzi. Per questo la BCE (Banca Centrale Europea) e il FED (Federal Reserve Board) sembrano intenzionate ad aumentare ancora i tassi d’interesse.
Analogamente, in Italia si è arrestata la crescita dell’inflazione e si è registrata una variazione del CPI (Consumer Price Index) dello 0% a Giugno. Questo ha portato la stima per la media complessiva annuale da +7,6% a +6,4%. Secondo ISTAT, il rallentamento è dovuto principalmente ai costi energetici e ai trasporti, mentre le voci dei costi alimentari si dividono, con un ridimensionamento dell’inflazione associata agli Alimentari Lavorati ma un ulteriore aumento degli Alimentari non Lavorati.
L’opinione di Angelo Rossi
Ci sono, quindi, segnali positivi per l’economia, tuttavia, i prezzi rimangono elevati. Per quanto tempo questo sarà sostenibile, prima che la domanda si raffreddi tanto da portare ad una deflazione?
La Catena di Approvvigionamento, composta da Aziende Agricole, Imprese di Trasformazione e la Distribuzione, può trovare nell’analisi del mercato, nella collaborazione e nella trasparenza gli strumenti per far fronte all’inflazione.
I numeri, innanzitutto, indicano la forza del Consorzio del Prosciutto di Parma, che opera per tutelare e promuovere uno dei prodotti simbolo del Made in Italy. Oggi le aziende associate al Consorzio del Prosciutto di Parma sono 136. Nel 2022 sono stati marchiati circa 7.850.000 prosciutti, in leggera flessione rispetto all’anno precedente e, in attesa di terminare l’elaborazione dei dati export, “possiamo anticipare che rispetto all’andamento del 2021 si registra una moderata contrazione, determinata dalle problematiche generate dal contesto socio-politico e dal quadro economico dell’anno appena terminato”. Cifre e analisi dell’ente consortile guidato da Alessandro Utini, che Teseo ha intervistato.
Presidente Alessandro Utini, come
definirebbe l’attuale situazione di mercato?
“Attualmente il mercato attraversa una fase complessa, generata da un quadro congiunturale che nel corso dell’anno passato ha riportato criticità via via crescenti. La dinamica dei prezzi generata dalle conseguenze del conflitto in Ucraina ha innescato una spirale inflattiva che ha eroso pesantemente il potere d’acquisto dei consumatori, inclini a selezionare prodotti più economici, e per le imprese ha comportato un’enorme crescita dei costi produttivi. Di conseguenza, al momento registriamo per la nostra DOP la necessità di consolidare le vendite, mantenendo un prezzo che copra le spese di produzione sostenute dalle nostre aziende”.
Il prezzo della coscia è particolarmente
elevato. Quali potrebbero essere le conseguenze a breve, medio e lungo periodo
sia per le imprese che per il consumatore?
“L’attuale prezzo delle cosce fresche sta
fortemente preoccupando i nostri consorziati. Il forte rincaro della materia
prima impone inevitabilmente alle imprese di trasformazione di effettuare un
adeguamento sui prezzi, con il sistema distributivo che gioca un ruolo
importante nel processo di trasferimento dei costi sul prezzo finale. In un
contesto di breve termine, che tende come naturale conseguenza a generare una
flessione nei consumi, la sfida più impegnativa è mantenere le componenti in
gioco, cioè livello produttivo, costi e prezzi, in equilibrio. Sul lungo
periodo si rivelerà determinante individuare quali tra le dinamiche attuali
abbiano una matrice congiunturale e quali imporranno invece un cambiamento
strutturale di più ampio respiro, necessario a calibrare l’ago della bilancia
che regola domanda e offerta”.
Molti settori stanno vivendo una fase di
incertezza per l’assenza di manodopera. È così anche per il Prosciutto di
Parma?
Il tessuto produttivo della DOP persegue la sostenibilità sociale
“Anche il nostro comparto affronta una situazione di scarsità di manodopera qualificata. Questa tematica ci offre lo spunto per affrontare un aspetto a cui teniamo particolarmente. Il sistema delle DOP trova nella territorialità delle proprie produzioni un carattere distintivo. Per il Prosciutto di Parma la zona tipica è un elemento imprescindibile e costitutivo nel quadro qualitativo del prodotto. Anche alla luce di questo dato, va sottolineato come le nostre aziende contribuiscano ad un’attività importantissima, talvolta trascurata: la sostenibilità sociale perseguita dal tessuto produttivo della nostra DOP si pone l’obiettivo di innestare sul territorio un adeguato livello occupazionale, per assorbire la domanda di lavoro e al contempo contrastare lo spopolamento delle zone rurali, in cui si riconoscono straordinarie risorse anche in termini di biodiversità”.
La produzione di Prosciutto di Parma è in
flessione. Quali aspettative avete per il 2023? Quali sono gli effetti sul
mercato della minore produzione?
“Un’analisi di breve periodo dei dati relativi ai suini e alle cosce fresche permette una proiezione sul prossimo biennio caratterizzata da una relativa carenza di prodotto. Le attività che stiamo organizzando per la nostra DOP contemplano un piano di consolidamento delle vendite in linea con la situazione produttiva attuale: lo sviluppo del mercato deve infatti essere pianificato con coerenza rispetto alle proiezioni di disponibilità, e all’interno di un quadro in cui la diminuzione dell’offerta potrebbe generare tensioni sui prezzi”.
L’export è una delle strade obbligate.
Come è andato il 2022? Quali sono i Paesi target del 2023 e come pensate di
incrementare le performance?
Sul medio e lungo periodo si confermano stime di crescita dell’export
“Un’analisi puntuale dei risultati export riferiti al 2022 restituisce un quadro piuttosto prevedibile, caratterizzato da una moderata flessione; questa è stata generata dalla chiusura di mercati strategici, (Cina e Giappone in primis), imposta dalla guerra e dalla peste suina africana, e dalle conseguenze negative dell’aumento dei prezzi. Nel contesto contingente, pertanto, la sfida da cogliere non è quella di puntare sull’espansione ma sul mantenimento dei livelli attuali di esportazione, con un focus specifico sui mercati tradizionali, che trovano negli Stati Uniti un leader consolidato. Diversa è l’analisi ad ampio raggio: sul medio e lungo periodo si confermano stime di crescita, supportate e tutelate da un mercato già ampiamente diversificato”.
Chi sono i Prosciutto di Parma Specialist?
Che risultato vi stanno dando queste figure?
“I Prosciutto di Parma Specialist sono, per definizione, sia le persone che i luoghi appartenenti al dettaglio tradizionale e alla ristorazione nei mercati esteri, che meglio riescono a trasmettere i valori del prodotto, veicolando tradizioni e conoscenze utili a contestualizzare la nostra DOP. Nel corso degli anni questo progetto, che riconosce a livello globale i retailer più appassionati, ha garantito l’instaurarsi di un dialogo continuo all’interno dei Paesi. Questa dinamica ha interessato in prima istanza i consumatori – coinvolti in molteplici attività informative ed educative che hanno indubbiamente agevolato la loro preferenza di acquisto – ma ha anche unito il Consorzio, i produttori e gli importatori in una dinamica proficua. A convalidare il successo dell’iniziativa il fatto che dal 2022 si sia deciso di estenderla anche al mercato italiano, confermando quanto il lavoro svolto oltre confine rappresenti un pattern di successo da riproporre per la promozione sul terreno domestico”.
Quando si parla di Prosciutto di Parma,
quali sono le differenze fra i consumatori italiani e quelli esteri? È
necessaria una segmentazione del prodotto?
“Prendere in considerazione le
caratteristiche che distinguono i consumatori esteri risulta tanto più
complesso se ci si ferma ad osservare quanto quelli domestici siano già al loro
interno ampiamente differenziati. Portare il nostro prodotto in Francia,
Germania, Stati Uniti, per citare alcuni Paesi, significa interfacciarsi con
mercati differenti da un punto di vista identitario, retti da dinamiche peculiari
e con competitor propri. In questo contesto sfaccettato sono le nostre aziende
che, in prima persona, operano una segmentazione sul loro prodotto e danno
un’impronta precisa al loro modo di occupare i mercati in cui esportano il
Parma”.
Alcuni prosciuttifici stagionano prosciutti non destinati alla DOP. Quali effetti ha tale pratica sul mercato?
“La produzione di prosciutti non destinati alla DOP all’interno di aziende consorziate è un fenomeno che si riscontra con frequenza, nell’ambito della libera attività imprenditoriale delle singole imprese. Disporre di prosciutti alternativi al Parma amplia l’offerta al consumatore, in un’ottica di diversificazione del prodotto, e garantisce versatilità nella proposta anche sui mercati internazionali”.
La suinicoltura italiana dovrebbe forse
immaginare una nuova fase per valorizzare non solo la coscia, ma anche gli
altri tagli. Che suggerimenti ha?
“Pur ritenendo indispensabile un’azione
volta a valorizzare gli altri tagli del suino e auspicando una diretta
iniziativa in tal senso da parte di allevatori e macellatori, evidenziamo che,
per statuto, il nostro Consorzio deve perseguire la tutela e la valorizzazione
del Prosciutto di Parma”.
Dall’interprofessione al ruolo dei Consorzi, passando per la vocazione all’export della salumeria italiana alla sostenibilità ambientale. Il presidente di Assica, l’Associazione degli industriali delle carni suine, Ruggero Lenti, parla a tutto tondo in questa intervista rilasciata a Teseo.
Presidente Lenti, la
situazione della filiera suinicola è oggettivamente complicata. Come se ne
esce?
“Oggi è più che mai necessario trovare
un punto di equilibrio del sistema. Come se ne esce? Sicuramente superando le
logiche del passato per le quali la crescita di un segmento poteva essere
ottenuta solo a scapito della prosperità di altri anelli della filiera. È
arrivato il momento che la filiera non sia solo una parola ma condivisione
vera. Il benessere di ciascun anello della filiera è garantito dal benessere
della filiera stessa”.
Altre volte, in passato, sono
stati organizzati tavoli di filiera. È necessario convocare un nuovo tavolo?
Quali dovrebbero essere gli attori e quali le finalità?
Un progetto di filiera che tenga conto del consumatore
“Più che organizzare un tavolo di filiera come quelli che sono stati fatti fino ad oggi, vedo più efficace lavorare ad un progetto pilota che metta allo stesso tavolo tutti i componenti della filiera in cui si tenga conto di quello che il consumatore, oltre alle Istituzioni nazionali ed europee, richiede con sempre maggiore chiarezza: non più solo prodotti buoni per il palato, ma anche per l’ambiente e per la società, attenti al benessere animale, con un impatto ambientale minore e migliori sotto il profilo etico e di sostenibilità. Si tratta di un cambio culturale necessario, che può assicurare alle imprese di essere ancora attive sul mercato nel prossimo futuro. È fondamentale inoltre che la filiera sia completa, a partire dai mangimisti e fino alla grande distribuzione, con la necessaria presa si responsabilità da parte di ognuno dei componenti”.
Che ruolo immagina per i
Consorzi di tutela delle grandi Dop della salumeria italiana, a partire dai
prosciutti di Parma e San Daniele?
“Le produzioni Dop e Igp rappresentano
un’importante chiave per lo sviluppo del settore in Italia e all’estero. I
Consorzi che ne raggruppano i produttori sono un riferimento fondamentale per
la crescita delle produzioni che rappresentano e per la tutela sul mercato
delle stesse. L’esperienza italiana è sempre stata all’avanguardia in questo ambito,
specie nel settore dei salumi. É ora di costruire un nuovo slancio per i
Consorzi, favorendo l’ammodernamento della loro disciplina e delle funzioni
loro riconosciute dalla normativa comunitaria, ampliandone l’ambito di azione e
contribuendo a un loro ruolo più centrale nella tutela legale e commerciale
delle produzioni”.
Come sostenere l’export del
settore?
“Con circa 20 milioni di euro
persi ogni mese da gennaio 2022 per mancato export verso Oriente a causa della
PSA sul territorio continentale, è importante contribuire alla ripartenza
dell’export di carni suine e salumi. Per esportare, le aziende della salumeria
devono spesso investire in strutture e stabilimenti dedicati per soddisfare i
requisiti di abilitazione dei Paesi Terzi, spesso più stringenti delle norme Ue.
Bisogna chiedere alle Istituzioni di sostenere tali investimenti che sono
fondamentali per imprimere slancio all’export di salumi nazionali”.
Come pensa si possa
valorizzare i tagli di carne fresca del suino italiano?
“Da una recente indagine del
Censis il 96,5% degli italiani consuma diverse tipologie di carni che considera
alimenti parte della dieta mediterranea (Rapporto Censis, Assica-Unaitalia). La
carne suina rappresenta, insieme ad altre tipologie di carni, uno dei pilastri
identitari del posizionamento delle insegne sia nella parte cosiddetta tal
quale (il fresco) sia per la parte lavorata/ricettata.
La filiera deve raccontarsi di più
Ma se sulle carni bovine e
avicole c’è stata un’evoluzione di comunicazione e di branding in questi anni –
situazione che ha reso possibile delle narrazioni più articolate – sulla carne suina
si è fatto molto meno. Dalle interviste di una ricerca presentata nell’ambito
del progetto “Eat Pink” emerge che la grande distribuzione chiede ai produttori
e agli allevatori di promuoversi di più e fare sistema. La filiera deve
raccontarsi di più e affrontare meglio la sostenibilità e l’innovazione. Se le
vendite di carne di suino, specialmente il taglio fresco, che è ancora la quota
maggioritaria, sono piuttosto statiche, dall’altro i nuovi stili e abitudini di
consumo che si stanno consolidando, come il barbecue, sono i nuovi driver.
Opportunità arrivano poi dalla crescita del mercato del ready-to-cook e
ready-to- eat, opzioni sospinte dalla crescita dei costi energetici”.
Il modello spagnolo può essere
per qualche aspetto imitato anche in Italia?
“Non credo. La produzione di
carne suina in Spagna è molto elevata e destinata in larga parte all’export tal
quale, situazione non replicabile in Italia. Per quanto riguarda i salumi, non
dimentichiamoci che noi esportiamo di più e con una maggiore varietà. Un buon
lavoro fatto in Spagna riguarda invece l’interprofessione: la hanno costituita
da anni e lavora molto bene in ambito promozionale, facendo pagare poco a tutti
i numerosi produttori, dagli allevatori alle aziende”.
La peste suina costituisce una
spada di Damocle. Le Regioni stanno sostenendo gli investimenti per la
protezione degli allevamenti. Pensa che in chiave di filiera possa essere
previsto uno specifico aiuto da tutti i player per arginare il fenomeno?
“È necessario un cambio di passo
nelle attività per l’eradicazione della malattia, che ci sta penalizzando
fortemente in ambito export. Il Commissario straordinario sta facendo un ottimo
lavoro, ma deve essere messo in condizioni di lavorare di più e meglio
attraverso un’adeguata dotazione finanziaria, che fino a ora è mancata. Non
possiamo permetterci di distruggere anni di lavoro per portare i nostri
prodotti nelle tavole di tutto il mondo”.
Più attenzione alla sostenibilità, anche sociale
Pensa che nei prossimi anni
cambierà la suinicoltura in Italia? In quale direzione?
“Credo che assisteremo a una
svolta in tempi brevi verso una maggiore attenzione ai contenuti dei prodotti
da parte dei consumatori. Soprattutto in tema di sostenibilità ambientale, ma
anche sociale. La revisione della legislazione unionale sul benessere animale è
iniziata e sarà certamente un punto di svolta”.
Causa manutenzione straordinaria, alcune componenti del sito potrebbero non funzionare nel modo previsto. Ci scusiamo, ed invitiamo a segnalarci eventuali imprecisioni.
Sabato 2 Dicembre
Fiera di Cremona
Vi aspettiamo all’incontro con il nostro Team, organizzato da Ruminantia presso Fiera Cremona:
Valorizzazione del Latte Italiano nel Mercato Globale
sabato 2 Dicembre 2023, ore 12:00 - 13:00
Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona Area Ruminantia, Padiglione 2
Analizzeremo le performance dei formaggi italiani all’export, il valore del latte e dei suoi
derivati in Europa e il payout del Grana Padano DOP per ricostruire il valore economico del
Latte italiano, con uno sguardo all’evoluzione dei costi, in collaborazione con il dott.
Alessandro Fantini e lo staff di Ruminantia.
Iscriviti alle TESEO News
La Newsletter è gratuita, e ti terrà sempre aggiornato con gli ultimi articoli pubblicati su TESEO News!