“Gli ultimi dati Nielsen sui Consumi dei Prosciutti, che si fermano all’ultima settimana di Febbraio, indicano un timido segnale di ripresa. È una speranza, anche se dobbiamo essere chiari: in Italia e all’estero quella dei Prosciutti Dop e, in particolare, parliamo del Parma che rappresenta un riferimento in grado di trascinare l’andamento degli altri prosciutti a denominazione di origine, è una famiglia di prodotti in difficoltà a causa dei rincari e dell’inflazione, che inevitabilmente ha rallentato i consumi”.
È Luca Albertini, Direttore Commerciale di Salumifici GranTerre, a spiegare le dinamiche in atto, che frenano gli acquisti. All’orizzonte non pare di intravedere spiragli positivi.
“Il problema nasce all’origine – prosegue Albertini -. Se parliamo di Prosciutto di Parma stiamo collocando un prodotto di cui abbiamo pagato la coscia fresca oltre i 6 euro al chilogrammo e ancora oggi stiamo rimpiazzando le uscite dalla stagionatura con cosce che hanno una quotazione analoga, molto elevata. A queste condizioni dovremmo vendere il prodotto in osso ad almeno 12 euro, mentre sul mercato ci sono quotazioni intorno ai 10 euro”.
Siamo di fronte a cifre che, prima o poi, secondo Albertini, “imporranno un aumento di prezzo alla vendita e, di conseguenza, un ritocco dei listini al consumo”.
I consumi non sono in frenata solamente in Italia. “All’estero alcuni discount hanno eliminato le vendite di pre-affettati, in quanto uscivano dal punto prezzo che si erano imposti come target per i salumi. Temo, dunque, che il dato sui consumi possa peggiorare”. A meno che non si restituisca maggiore potere di acquisto al Consumatore.