La prospettiva mondiale sui fertilizzanti
21 Luglio 2015

I fertilizzanti rappresentano uno dei fattori basilari per la produzione agricola.

Secondo i dati FAO, la domanda di fertilizzanti, a livello mondiale, è aumentata nel 2014 del 2% arrivando a 187 milioni di tonnellate e si prevede che cresca del 1,8% all’anno fino al 2018. Di contro, la produzione mondiale di cereali si stima che sia stata di 2.498 milioni di tonnellate. Anche se si tratta di un valore del 2,2% inferiore alla produzione record del 2013, è pur sempre un dato ragguardevole, che non sarebbe stato possibile senza l’apporto dei fertilizzanti.

Per il periodo indicato, si prevede che la domanda per concimi azotati, fosfatici e potassici aumenti, rispettivamente, nelle percentuali del 1.4, 2.2 e 2.6 all’anno.

  • L’Africa resterà il maggior esportatore di fosfati ed in secondo luogo di azoto, continuando ad essere invece deficitaria in potassio. Nel 2013 ha rappresentato il 3% del consumo mondiale di fertilizzanti.
  • Il maggior consumo di concimi avviene in Asia, che rappresenta oltre la metà del fabbisogno mondiale; nello specifico, in Asia viene utilizzato il 62% dell’azoto, il 58% del fosforo ed il 46% di potassio.
  • Segue l’America, col 24 % del consumo mondiale, di cui il 13% in nord America ed il restante 11% in America latina e Caraibi.
  • L’Europa rappresenta il 12,5% della domanda mondiale di fertilizzanti e si caratterizza per un surplus di azoto, che però tende a diminuire.
  • L’Oceania ha un deficit netto per i tre elementi, ma rappresenta solo l’1,7% del consumo mondiale di fertilizzanti.
    Italia: Prezzi di alcuni fertilizzanti
    Italia: Prezzi di alcuni fertilizzanti

    Fonte: FAO

Sosteniblità ambientale e mercato del latte
8 Luglio 2015

Anche per il mercato di latte e derivati si accenna sempre più frequentemente agli effetti derivanti dal cambiamento climatico, a causa delle conseguenze che questi eventi potrebbero avere sulle produzioni e dunque sui prezzi.

Tali fenomeni vanno però distinti fra il riscaldamento mondiale, che significa l’aumento nella temperatura della superficie terrestre, ed il cambiamento del clima, che comprende anche gli effetti secondari del riscaldamento, come scioglimento dei ghiacciai, precipitazioni intense o siccità prolungate. Quindi, l’aumento delle temperature è uno dei sintomi del cambiamento climatico, che può derivare da fattori naturali, come le glaciazioni, oppure dalle conseguenze dell’attività umana con l’aumento del tasso di anidride carbonica ed altri gas effetto serra (Greenhouse gases-GHG). Oltre che dalla combustione delle sostanze fossili e delle sostanze inquinanti, i GHG sono anche la diretta conseguenza anche dell’attività agricola.

Nella lunga storia del pianeta, la terra ha avuto cambiamenti climatici, alternando periodi glaciali con altri periodi caldi “interglaciali”, in cicli di circa 100 mila anni. Si ritiene che l’ultimo di questi cicli di basse temperature si sia concluso con l’inizio del ventesimo secolo. Mentre nelle ultime cinque decadi i fattori naturali avrebbero comportato una scarsa diminuzione delle temperature della superficie terrestre, si capisce come il fenomeno dell’attuale riscaldamento terrestre sia probabilmente il più rapido fra quelli di ogni era interglaciale. Inoltre, le osservazioni di indicatori naturali come gli anelli di crescita degli alberi, i coralli ed i coni dei ghiacciai, dimostrano che negli ultimi due mila anni ci sono state sì oscillazioni climatiche, ma mai in modo così intenso e repentino degli ultimi 30 anni. Questo non tanto come conseguenza di cause naturali, ma determinato dall’attività umana.

Di conseguenza, la filiera produttiva deve risolvere rapidamente e con responsabilità un problema mai affrontato prima: la sostenibilità ambientale.

Siccità e prezzi delle commodity lattiero-casearie in Oceania
Siccità e prezzi delle commodity lattiero-casearie in Oceania

Fonte: Climate.gov

Acqua e produzioni agroalimentari
29 Maggio 2015

La disponibilità di acqua rappresenta un fattore cruciale nelle produzioni agricole.

Solo il 2.5% delle acque sulla terra è costituito da acqua dolce, ma una crescente parte di questa è inquinata e dunque non utilizzabile. Il 70% dell’acqua dolce disponibile sul pianeta è impiegato lungo la filiera agroalimentare e rappresenta pertanto un fattore produttivo essenziale, da utilizzare con grande attenzione. Le produzioni animali sono quelle che richiedono più acqua per unità di prodotto e la misurazione dell’impronta dell’acqua (water footprint) rappresenta un parametro da prendere seriamente in considerazione.

La tecnica irrigua ha già permesso di compiere enormi passi avanti nella gestione delle risorse idriche, favorendo l’estensione delle coltivazioni anche in zone semi-aride od in condizioni ambientali rese maggiormente difficili dai cambiamenti climatici in atto.

Tuttavia, il tema della gestione dell’acqua è cruciale anche durante i processi di trasformazione dei prodotti agricoli, ma sono poche le imprese che intervengono per ottimizzare in tale ottica le diverse fasi produttive. Nello studio Feeding Ourselves Thirsty, sono state esaminate le metodologie e le strategie adottate da 37 fra le maggiori imprese alimentari mondiali per minimizzare l’uso dell’acqua lungo il ciclo produttivo ed è apparso come solo un terzo di queste adotti dei provvedimenti adeguati.

L’adozione anche nella filiera lattiero-casearia, di tecnologie di trasformazione eco-friendly, diventa sempre più necessaria ed urgente.

Le tematiche di acqua ed energia verranno presentate in modo dettagliato nel sito TESEO che Clal.it lancerà in ottobre in occasione della Fiera di Cremona.

Segui il Dairy Forum di CLAL.it! Oggi in diretta streaming
Segui il Dairy Forum di CLAL.it! Oggi in diretta streaming

Fonte: Ceres

El Niño e mercati agricoli: siccità?!!
15 Maggio 2015

Più volte annunciato come una possibilità, ora le agenzie meteorologiche giapponese ed australiana affermano che si sono manifestati i segni per il succedersi di fenomeni climatici estremi noti come El Niño, tali da interessare vaste regioni, dall’America meridionale al sud-est asiatico, con pesanti riflessi sulle produzioni agricole.

Con el Niño e la Niña si descrivono fasi opposte di oscillazioni delle temperature fra oceano ed atmosfera nella zona equatoriale del Pacifico. La Niña è la fase fresca di tali oscillazioni (indicate con la sigla ENSO – El Niño-Southern Oscillation), el Niño quella calda. Queste deviazioni dalle normali temperature di superficie degli oceani possono avere un grande impatto sulle condizioni climatiche a livello mondiale. Nel 1600, dei pescatori al largo delle coste dell’America Latina, rilevarono come le acque dell’oceano Pacifico fossero stranamente calde per la stagione ed essendo a dicembre, chiamarono il fenomeno el Niño (il bimbo), dato il Natale ormai vicino.

Quest’anno, una siccità primaverile in Asia meridionale ha già influito negativamente sui raccolti di olio di palma e potrebbe comportare problemi nelle piantagioni di caffè in Colombia e di cacao in Africa occidentale. All’opposto, delle piogge eccessive potrebbero danneggiare i raccolti di canna da zucchero in Brasile.

Negli USA il fenomeno potrebbe avere invece effetti positivi comportando una stagione fresca ed umida in favore dei raccolti di mais ma con una generale diminuzione nella qualità dei prodotti; già ora si notano ricorrenti ed intense piogge nelle pianure centrali del paese.

In India la conseguenza di questo cambiamento meteorologico è la ridotta intensità dei monsoni, che potrebbe avere riflessi sul raccolto di cotone di cui il paese asiatico è il maggior produttore, mentre la ridotta produzione di olio di palma in Indonesia e Malesia sarebbe favorevole per il mercato delll’olio di soia.

Le previsioni climatiche sono influenzate da una molteplicità di fattori che le rendono complesse, ma bisognerà sempre più considerare l’insorgere dei fenomeni climatici estremi ed i conseguenti effetti su mercato e quotazioni mondiali dei prodotti agroalimentari.

Nuova Zelanda: probabilità di precipitazioni oltre la norma in primavera in caso di El Niño
Nuova Zelanda: probabilità di precipitazioni oltre la norma in primavera in caso di El Niño

Fonte: Agrimoney

Interesse mondiale per l’agricoltura africana
13 Maggio 2015

L’Africa è un continente strategico per gli approvvigionamenti utili a soddisfare i bisogni alimentari del mondo. Le maggiori potenze economiche e le aziende multinazionali si interessano sempre più al continente africano per utilizzare il suo potenziale agricolo.

Fra queste Cargill, azienda presente in Africa da oltre 30 anni, dove però opera solo l’1% dei propri 143 mila dipendenti. Il continente nero rimane un netto importatore di alimenti, nonostante possegga oltre la metà delle terre arabili mondiali. Si tratta di un enorme potenziale produttivo, il cui utilizzo richiede notevoli investimenti finanziari ed energie organizzative.

L’interesse di Cargill è concreto soprattutto in Africa australe, dove ha investito 12,5 milioni di Dollari per un nuovo mangimificio in sud Africa, mentre in Zambia sta completando l’acquisizione dell’impresa di lavorazione di semi oleosi Zamanita per una spesa di 25,7 milioni di Dollari.

Altra dimostrazione di questo interesse per il continente nero è dato dal gruppo Agco, proprietario della Massey Ferguson. L’azienda ha annunciato un piano strategico con CNFA (Cultivating New Frontiers in Agriculture), organizzazione per lo sviluppo economico fondata a Washington nel 1984, per migliorare l’attività agricola nell’Africa sub-sahariana.

Resta da vedere come sarà garantita la sostenibilità sociale ed ambientale di tutti questi investimenti, per contrastare il fenomeno del “land grabbing” (accaparramento della terra) che si va radicando proprio in Africa.

Africa: importazioni di alcuni prodotti lattiero-caseari
Africa: importazioni di alcuni prodotti lattiero-caseari

Fonte : Agrimoney

La tecnica al servizio della produzione agricola
1 Aprile 2015

Dal 1948, l’area coltivata in Israele è passata da 1650 a 4350 chilometri quadrati, e la superficie coltivata da 30 mila a 190 mila ettari.

Nel 1950 ogni agricoltore alimentava 17 persone; nel 2010, 113. Attualmente è attiva in agricoltura solo il 2% della popolazione, che fornisce però il 95% dei bisogni alimentari e delle materie prime necessarie alle imprese di trasformazione del paese.

Circa il 60% delle terre coltivate si trova nell’area desertica del Néguev. Fra il 1999 ed il 2009 la produzione agricola totale è aumentata del 26%, benché il consumo di acqua sia diminuito del 12% grazie all’introduzione di tecniche avanzate di irrigazione e controllo delle perdite nelle condotte idriche.

Nel 2010, Israele esportava il 33% dei vegetali, 27% dei fiori, 16% della frutta ed il 9% degli agrumi che produceva.

S/STEMA STALLA
S/STEMA STALLA

Le stalle olandesi sono pronte per il post quote latte
18 Marzo 2015

In Olanda la produzione lattiero-casearia è strategica: 17.800 stalle con 1,55 milioni di vacche producono oltre 12 milioni di tonnellate di latte, trasformate da 22 imprese in 55 stabilimenti. I 2/3 del latte è destinato alla trasformazione casearia e le esportazioni rappresentano il 65% del totale.

Nel 70% dei casi le vacche sono al pascolo da aprile a novembre, pratica tradizionale e percepita positivamente dall’opinione pubblica, mentre gli allevamenti più grandi praticano la stabulazione per questioni gestionali ed organizzative; circa 2000 stalle hanno robot di mungitura.

Questa struttura ed organizzazione permette alle stalle olandesi di essere pronte per il post quote, con potenzialità di aumento produttivo, come ha dimostrato l’incremento delle consegne registrato nella prima metà dello scorso anno, poi rallentato nella prospettiva del super prelievo combinata ad un prezzo del latte inferiore all’anno precedente. Però il fattore limitante la potenzialità produttiva, è la normativa ambientale riguardanti le emissioni di fosfati e nitrati. Una nuova norma stabilisce che l’incremento produttivo sarà possibile solo se sarà garantita la possibilità di trattamento degli effluenti.

Fonte: Dairy Herd

Olanda: Export lattiero caseario in Valore (€)
Olanda: Export lattiero caseario in Valore (€)

Buone prospettive per la domanda mondiale di fieno di medica
6 Marzo 2015

A livello mondiale resterà sostenuta nel medio periodo la domanda per il fieno di medica di alta qualità, anche se la recente diminuzione nel prezzo del latte comporterà una riduzione dei prezzi per il calo delle richieste nelle maggiori aree di acquisto, Cina ed Emirati Arabi in testa. Basti considerare che la Cina copre il 20% delle esportazioni totali di fieno USA.

In California i prezzi si sono già ridotti a 250-290 Dollari per tonnellata rispetto al picco di 339 Dollari raggiunto lo scorso anno per il fieno di medica di ottima qualità. La ridotta domanda mondiale ed un Dollaro più forte rallentano dunque le prospettive di esportazione, per cui gli agricoltori quest’anno punteranno più sulla produzione di un fieno di qualità che sulle rese.

A questo contribuisce anche la necessità di far fronte ad una permanente scarsità di acqua irrigua e la conseguente competizione fra diverse colture.

Nel corso degli ultimi 10 anni il prezzo del fieno di medica è più che raddoppiato e le previsioni di Rabobank restano comunque buone, nonostante la volatilità che si fa sentire anche in questo settore.

Fonte: AGweb

Alimento Simulato
Alimento Simulato

Il Cile effettua la prima esportazione di manze gravide in Cina
25 Febbraio 2015

Si tratta del primo carico di 7 mila animali su di un totale di 20.000 capi di bestiame che si prevede vengano inviati nel paese asiatico entro il prossimo anno, dal momento che le autorita’ di Pechino stanno cercando di incrementare la capacita’ produttiva interna per quanto riguarda carne e latte.

La decisione della Cina di certificare il Cile come uno dei pochi paesi autorizzati per importare bestiame vivo, riflette gli sforzi profusi negli ultimi anni dal paese sud americano per migliorare la qualita’ genetica del bestiame nazionale ed incrementare gli standard sanitari negli allevamenti. Le autorità cilene prevedono che le esportazioni potranno continuare nell’arco del prossimo decennio.

Le 7 mila giovenche da inviare in Cina sono state selezionate dopo attenti esami veterinari da un gruppo di 8.000 animali in circa 300 allevamenti. Prima della spedizione, avvenuta dal porto meridionale di Puerto Montt il 26 dicembre scorso, gli animali sono stati sottoposti ad un periodo di 30 giorni di quarantena.

Nel corso degli ultimi 20 anni, il Cile ha condotto delle campagne per eradicare tubercolosi bovina, brucellosi ed afta epizootica ed attualmente il paese sta sviluppando programmi quali l’impiego di seme sessato per avere un numero sufficiente di animali da esportare. Altro investimento per l’export degli animali vivi, riguarda la predisposizione di adeguate infrastrutture portuali.

Fonte: GlobalMeat

 

CLA.it – Cina: Produzioni di latte ed Export in equivalente latte
 Cina: Produzioni di latte ed Export in equivalente latte

La concentrazione degli allevamenti da latte in Francia
17 Febbraio 2015

Uno degli effetti della fine delle quote latte potrà essere l’accelerazione nella concentrazione degli allevamenti, dinamica già ben avviata in paesi come Danimarca, Olanda o Gran Bretagna. Questo è quanto si prevede in Francia, dove attualmente solo il 16% delle aziende da latte hanno più di 100 vacche, contro l’80% della Gran Bretagna. Fra cinque anni, questa percentuale potrebbe arrivare al 32%, con una concentrazione significativa nei territori più vocati di pianura, dove già si è manifestata la maggior tendenza alla concentrazione negli allevamenti ed alla crescita produttiva.

Non è un caso se dal 2006 la produzione di latte, pur aumentando in media del 10%, si sia ridotta del 22% nelle regioni del sud ovest, meno vocate. Questa redistribuzione della produzione di latte nel territorio, risulta evidente considerando che dal 2008 il 25% delle aziende agricole con una produzione superiore ai 7.000 quintali ha aumentato la produzione del 40%. Si è trattato delle aziende più performanti e strutturate, con quelle collocate in zona di pianura che hanno segnato incrementi produttivi pari quasi al doppio di quelle di montagna.

I Produttori Latte Italiani ritengono possibile una concentrazione degli allevamenti? Con quali opportunità / sfide?

Fonti: Web-agri, Institut de l’Elevage

TESEO - Francia: Aziende e capi da latte per estensione agricola
Francia: Aziende e capi da latte per estensione agricola
Italia: Aziende e capi da latte per estensione agricola
Italia: Aziende e capi da latte per estensione agricola