Una OP per allevamento e macello migliora la conoscenza [intervista]
25 Novembre 2019

Lorenzo Fontanesi
ITALIA

Lorenzo Fontanesi, produttore di 50mila maiali all’anno allevati su più siti a cavallo delle province di Mantova, Reggio Emilia e Modena, è una figura di spicco del settore suinicolo. Presidente di OPAS, organizzazione di produttori che conferisce circa un milione di suini al macello cooperativo di Carpi di cui è proprietaria, Fontanesi è riuscito ad aggregare i suinicoltori intorno al progetto ambizioso di gestire un macello, portandolo su numeri da primi della classe in Italia. Partiamo proprio da qui.

Lorenzo Fontanesi – Presidente OPAS

Presidente Fontanesi, quali sono i vantaggi di poter gestire, come OP, un macello?

“Il vantaggio più importante è la maggiore conoscenza della filiera, perché solo gestendo un macello riesci a capire più approfonditamente le dinamiche di mercato e le esigenze della catena produttiva. In questo modo trasmetti direttamente a chi produce le necessità di chi sta a valle del macello, dall’industria di trasformazione ai prosciuttifici”.

È stata un’evoluzione inaspettata?

“Sì. Siamo relativamente giovani nella gestione del macello di Carpi, dal 2014. Ma è stata una scelta naturale, che ha permesso di salvare l’ex macello Italcarni e ci ha fatto crescere, diversificando le produzioni e garantendo in prima persona come allevatori della genuinità dei processi di allevamento, attraverso filiere diversificate e mirate a rispondere alle richieste dei consumatori”.

Eat Pink Opas

Dove si stanno orientando i consumatori?

“La qualità è ormai un prerequisito. Oggi l’attenzione è legata al benessere animale, all’uso consapevole del farmaco, ai prodotti pronti all’uso, che noi vendiamo con il marchio Eat Pink. Rispondiamo in maniera più fluida alle necessità  del consumatore, dell’industria e della grande distribuzione organizzata, grazie a un dialogo più aperto e collaborativo, perché chi si confronta con noi sa che siamo anche allevatori”.

Quali sono invece le difficoltà principali nella gestione del macello?

“Sicuramente, visto che siamo diventati in pochissimo tempo il primo macello in Italia per numeri di capi macellati, il punto più critico riguarda la gestione finanziaria, con risorse impiegate molto ampie e una velocità di processo rapida e costante”.

L’esposizione finanziaria e la gestione operativa sono le principali difficoltà del macello

Che cosa significa, concretamente?

“Significa che come macello paghiamo subito i maiali, mentre i tempi per incassare dalla vendita dei vari tagli sono più lunghi, con conseguente esposizione finanziaria. Ancora più impegnativa è la gestione operativa del macello, che ha volumi e ritmi impressionanti: ogni settimana è un bilancio a sé e la settimana successiva non è mai uguale alla precedente. Tutto questo impone tempi di reazione velocissimi, garantendo sempre il ritiro e la macellazione dei suini”.

Cosa prevede per il mercato da qui a fine anno?

“La pesantezza del mercato del prosciutto dovrebbe continuare anche nel primo semestre 2020”

“Fare le previsioni è sempre un azzardo. Diciamo, però, che si consolida una situazione non particolarmente fluida per effetto del mercato dei prosciutti. Temo però che la pesantezza del mercato del prosciutto si trascinerà per buona parte del primo semestre 2020”.

Quali sono le cause di quella che definisce pesantezza del mercato del prosciutto?

“Spiace dirlo, ma credo che la situazione in cui oggi si trova il mercato sia figlia di una programmazione superficiale da parte del Consorzio di Tutela del Prosciutto di Parma. I dati ufficiali relativi al bilancio 2018 del Consorzio evidenziano una produzione di 9,1 milioni di prosciutti, a fronte di quote produttive di 9,5 milioni di cosce e di un mercato che, però, ne assorbe 8,5 milioni”.

Quindi?

“Purtroppo si sono sbagliati i conti, forse illusi da un biennio 2016-2017 molto positivo, ma che ha portato a forzare le produzioni nel 2018, con conseguente stoccaggio eccessivo di pezzi nei magazzini e crollo dei listini. Ma così si è dovuto ricorrere a una svendita di una Dop prestigiosa. Non ultime, le vicende sul benessere animale e delle genetiche, gestite in maniera scandalistica, con effetti destabilizzanti sulle vendite. Uno scenario che ha condizionato i prezzi di tutto il maiale, dal momento che oggi le cosce rappresentano il 50% del valore dell’intero animale”.

Questa situazione ha avuto conseguenze anche sulla qualità del prosciutto?

“Quello che vediamo è sempre frutto di un percorso. La situazione attuale nasce e si sviluppa nell’ultimo decennio, che ha portato inevitabilmente a una spaccatura della filiera, con ciascun soggetto coinvolto che si limitava a guardare il proprio orticello.

Nel periodo ante 2016 l’allevatore ha sofferto molto, rispondendo così alla crisi cercando di produrre suini più performanti in termini di resa, impattando così negativamente sulle reali necessità della salumeria Dop, che necessita invece di animali più grassi. Così facendo ci siamo andati a confondere con il suino estero, creando molta più variabilità nelle caratteristiche organolettiche del prosciutto, andando a compromettere i livelli raggiunti di un’ottima standardizzazione qualitativa delle produzioni. Abbiamo così avuto un abbassamento non tanto della qualità, ma della uniformità dei risultati. Effetto anche di una crociata dei consumatori contro i grassi, che ha portato ad avere non più un solo mercato, ma molti mercati, dalla GDO all’estero, alle nicchie, con esigenze qualitative diverse. L’allevatore, inevitabilmente, si è adeguato. Parallelamente, è emersa l’esigenza di segmentare le produzioni per dare maggiore chiarezza. Una richiesta che è stata avanzata anche al Consorzio del Prosciutto di Parma e che richiede che il consumatore sia adeguatamente informato”.

Il Consorzio del Prosciutto di Parma è disponibile a diversificare l’offerta, pur rimanendo nell’ambito della DOP

Il Consorzio ha recepito?

“Sì. Sembra finalmente disponibile a recepire in senso generico la possibilità di diversificare l’offerta, pur rimanendo nell’ambito della Dop. Una risposta che evita il rischio di disaffezionare il consumatore al prodotto prosciutto di Parma”.

Avete progetti come OP per migliorare il benessere animale?

“Al nostro interno abbiamo un servizio tecnico che collabora con i veterinari e che accompagna gli allevatori nello sviluppare diverse filiere, fra le quali anche quella sul benessere animale. Il fatto di essere una OP e di gestire un macello ci porta a individuare le best practice in allevamento e condividerle con gli altri allevatori, per portare benefici collettivi”.

Il macello cooperativo di OPAS

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Pubblicato da

Matteo Bernardelli

Giornalista. Ha scritto saggi di storia, comunicazione ed economia, i libri “A come… Agricoltura” e “L’alfabeto di Mantova”.

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