Il futuro? DOP e innovazione
28 Ottobre 2015

Tiziano Fusar Poli
Cumignano, Cremona – ITALIA

L’allevatore e presidente di Latteria Soresina soc. coop. Tiziano Fusar Poli

Azienda Fusar Poli Tiziano – Pattonieri‎ Rosa
380 capi totali | 150 in lattazione
60 ettari coltivati
Destinazione del latte: Grana Padano DOP, Latte alimentare (Latteria Soresina Soc. Coop.)

Quali sono i costi che maggiormente incidono nella produzione di latte?

“Il primo è il costo alimentare, che è variabile e legato evidentemente all’efficienza produttiva dell’azienda. Un costo come quello alimentare deve essere parametrato al chilo di latte prodotto. Solo così dà la misura reale del suo peso complessivo sul costo di produzione. Un conto è produrre con un costo di 5 euro per ogni 30 chili di latte prodotto, un altro è se i chilogrammi sono 20. C’è una differenza del 30 per cento. Bisogna sempre tenere a mente il livello produttivo”.

Secondo lei l’allevatore medio fa i conti giusti in stalla o no?

“No. Bisognerebbe calcolare, quanto si parla di gestione delle stalla, i costi legati agli ammortamenti delle strutture, gli affitti dei terreni, gli ammortamenti degli impianti, dei macchinari, del terreno, il costo manodopera, compresa quella famigliare. Invece in genere si tende a considerarne solo alcuni e a trascurarne altri. Così il calcolo delle spese diventa fuorviante”.

La strada del latte in Italia è quella delle Dop o esistono alternative?

“Credo che il sistema Italia, proprio perché paga un gap di costi strutturali non imputabili all’efficienza, ma a maggiori costi aziendali, imponga alla filiera di andare su prodotti con valore aggiunto importante e più elevato, come appunto le Dop. Abbiamo la fortuna di partire da un patrimonio di prodotti di questo tipo, che siamo stati bravi a crearci, e dunque la strada non può che essere questa”.

Significa che bisogna aumentare le produzioni Dop?

“Sì. Ma gradualmente. Non possiamo bloccare le produzioni, ma dobbiamo incrementarle in proporzione all’aumento delle quote di mercati che riusciamo a conquistare nel mondo. Il sogno è inserire tutto il latte italiano in prodotti ad alto valore aggiunto, dove chiaramente ci può essere il rischio delle imitazioni, ma più che un rischio è quanto avviene normalmente quando il modello sono prodotti apprezzati e conosciuti. L’importante è che vengano perseguite le frodi, le sofisticazioni, l’utilizzo illegale dei marchi. Ma l’imitazione, purtroppo, non possiamo fermarla”.

Il futuro è la specializzazione e l’alta qualità delle produzioni?

“Sì. Lo confermano i consumatori, che in questi otto anni di crisi sono stati comunque disposti a pagare di più ogni qualvolta hanno percepito il maggior valore sul prodotto. I prodotti premium prize sono incrementati anche a due cifre. Se invece il consumatore non distingue la qualità e pensa di avere a che fare con un prodotto indifferenziato, allora prende quello che costa meno. Il futuro, non dimentichiamolo, è anche servizio e innovazione”.

Che cosa intende per innovazione?

“Significa saper interpretare prima degli altri i piccoli segnali del mercato, i timidi trend per anticipare i bisogni dei consumatori. Negli Usa abbiamo portato con Latteria Soresina il burro senza lattosio, ma potrei fare molti altri esempi”.

Tipo?

“Come Soresina teniamo molto in considerazione l’aspetto ecologico, la sostenibilità. È un valore che il consumatore cerca sempre e riconosce. La nostra realtà cooperativa, pur avendo raddoppiato negli ultimi 10 anni i volumi di latte trasformato, arrivando a lavorare 4,3 milioni di quintali di latte, ha ridotto del 50% utilizzo acqua, del 10% l’utilizzo dell’energia elettrica e del 15% il consumo di metano. Eppure, abbiamo triplicato il fatturato, riuscendo persino a risparmiare ogni anno circa 1,6 milioni di euro. Sono operazioni che il consumatore premia”.

Che cosa ammira della cooperazione estera dei grandi numeri?

“Hanno avuto sicuramente il merito di capire che potevano vincere la battaglia del mercato solo mettendosi insieme. Hanno sentito tale esigenza prima di noi, perché erano nel mercato delle commodities. E in quel mercato o sei leader in termini di costo oppure non riesci a starci. Noi non produciamo commodities, ma l’elemento dell’aggregazione sarà fondamentale, perché i mercati in espansione, a fronte di mercati occidentali maturi, saranno quelli lontani o lontanissimi. E per raggiungerli servono percorsi sicuri e volumi importanti, per garantire la remunerazione”.

Come spiega la grande prudenza delle cooperative all’aggregazione?

“Secondo me è un fatto culturale e di protezione di situazioni di conservazione. È un sentimento che parte da lontano, dalla nostra storia italiana, che è quella di un Paese messo insieme recentemente. Ma bisogna cambiare mentalità. Abbiamo visto cosa è successo in questi ultimi anni, con molti marchi italiani finiti in mano ad aziende straniere. La dimensione è un elemento chiave”.

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Pubblicato da

Matteo Bernardelli

Giornalista. Ha scritto saggi di storia, comunicazione ed economia, i libri “A come… Agricoltura” e “L’alfabeto di Mantova”.

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