di: Elisa Donegatti ed Ester Venturelli
La differenza dei prezzi tra semi di Soia (443 €/Ton sulla piazza di Bologna il 24 Ottobre) e semi di Colza (458 €/Ton media Europea nel mese di Ottobre) si è ampliata negli ultimi mesi per via dell’aumento dei prezzi della Colza. Tale aumento è dovuto principalmente alle minori produzioni di Colza in Europa (dove il tasso di autoapprovvigionamento è intorno all’80%), in particolare in Francia, dove sono state ridotte le aree dedicate alla produzione e le principali aree produttive sono state colpite da piogge elevate e successivamente da siccità.
Allo stesso modo, anche la produzione in Ucraina è diminuita a causa del meteo sfavorevole. A questo si aggiungono le stime al ribasso per la produzione in Australia. Un quadro complessivo che lascia prevedere un’offerta mondiale in calo rispetto alla stagione passata.
Allo stesso tempo, la domanda di Colza continua a essere sostenuta, grazie all’impiego del prodotto nell’industria mangimistica, ma soprattutto per la produzione di biocarburanti. Questo squilibrio tra domanda e offerta genera tensioni nel mercato, contribuendo all’aumento dei prezzi della Colza.
A sostenere il prezzo della Colza contribuiscono anche le controversie in corso sul mercato della Canola tra Canada e Cina, l’indagine anti-dumping che quest’ultima ha dichiarato di voler avviare nei confronti del Canada.
Visto l’aumento dei consumi per biocarburanti, in particolare in Europa, e che i principali fornitori sono Ucraina e Australia, dove potrà l’Europa acquistare la Colza? La Soia potrà essere un valido prodotto alternativo? E con quali riflessi sui mercati internazionali?
In questa fase il mercato mondiale della Soia presenta un surplus di offerta rispetto alla domanda e questa dinamica favorisce una tendenza ribassista dei listini, che continuano a risentire di una minore pressione rispetto a quelli della Colza.