“Il mercato del bovino a carne rossa negli ultimi tre esercizi è stato caratterizzato da un andamento positivo. Quest’anno è invece molto più complesso, con una distonia fra i prezzi dei bovini da ristallo francesi, che hanno raggiunto valori mai visti e totalmente disconnessi con il prezzo del bovino ingrassato. Nel passato abbiamo affrontato periodici momenti di crisi, ma la situazione attuale è inedita e non si intravedono segnali di riequilibrio nel breve termine”.
C’è preoccupazione nelle parole di Alessandro De Rocco, 57 anni, Allevatore, Presidente della cooperativa AZOVE. L’Associazione zootecnica veneta ha sede a Cittadella (Padova) e conta circa 80 soci allevatori per una produzione e lavorazione delle carni di circa 50.000 bovini annui.
“Negli ultimi quattro anni i dati indicano il progressivo calo del patrimonio europeo sia di vacche nutrici che da latte in misura variabile tra l’1% e il 2% annuo con le conseguenti minori nascite di vitelli da ingrasso. Questi dati hanno un impatto sulla disponibilità di carne e quindi sui prezzi e, normalmente, dovrebbe ripartirsi sulle varie fasi della filiera sino al consumo. Negli ultimi mesi, invece, gli ingrassatori subiscono la minor disponibilità di bovini da allevamento pagando prezzi più alti anche del 15% rispetto allo scorso anno, mentre il mercato dei bovini da macello resta pesante”, prosegue De Rocco.
“Il mercato per ora resta un’incognita e per molti Allevatori che stanno ristallando in queste settimane il ciclo produttivo sarà una vera e propria scommessa ed è veramente arduo pensare ad un recupero dei costi di produzione – dice il Presidente di AZOVE -. I distributori mettono in competizione tra loro i Macelli per tenere bassi i prezzi delle carni macellate, nonostante la produzione sia a volte persino insufficiente a soddisfare la domanda”.
“Per avere una bistecca, tenendo conto di tutto il ciclo produttivo dal bovino dal concepimento del vitello, alla sua nascita, arrivando all’ingrasso e alla macellazione, sono necessari almeno tre anni di lavoro – riassume il Presidente di AZOVE – con uno sforzo notevole. Se consideriamo tutto questo forse sapremo riconoscere il vero valore dell’alimento carne”.
“Con un primo calcolo non esaustivo – spiega De Rocco – basterebbe che agli Allevatori venisse riconosciuto un aumento di prezzo al dettaglio di 70/90 centesimi per chilogrammo di carne e le stalle potrebbero investire in tema di benessere animale, competitività, sostenibilità. Servirebbe maggior etica nella filiera, ma è un concetto che da solo il mercato non conosce”.
“Si rischia la ulteriore chiusura di altri allevamenti e si sta scoraggiando l’insediamento dei giovani senza il quale non c’è futuro. Ma se cede l’anello più debole, l’allevamento, anche gli altri ne subiranno le conseguenze”.