Filiere e prodotti etici col progetto Latte Dop Italia [intervista a Verrascina – Copagri]
17 Gennaio 2019

Franco Verrascina – Presidente Copagri

Franco Verrascina è presidente di Copagri dal 2009. Dal 3 luglio 2018, inoltre, guida il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative italiane dell’agroalimentare e Copagri, rappresentando oltre i due terzi delle aziende agricole italiane, il 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata, con oltre 800mila persone occupate nelle imprese rappresentate.

La produzione di latte europea sta crescendo, mentre la domanda mondiale sembra abbastanza stabile. Quali conseguenze prevede e come sostenere il Made in Italy lattiero caseario?

“È indubbio che negli ultimi dieci anni, a prescindere dalla fine del sistema delle quote latte, la produzione lattiero-casearia comunitaria stia crescendo, e questo avviene soprattutto grazie a un’espansione verso nuovi mercati, tra i quali ci sono certamente quelli del BRICS, ovvero di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, i quali rappresentano per l’Europa un’opportunità che bisogna continuare a sfruttare, sia in termini di quantità che di qualità.
Negli ultimi anni, infatti, le dinamiche europee stanno mostrando sempre maggiori criticità; nel Nord dell’Europa sembra ci si stia concentrando più sulla quantità, tanto che abbiamo tanto latte per conquistare le commodity di latte in polvere e sottoprodotti proteici, mentre il Sud del Continente, con l’Italia in testa, appare maggiormente concentrato sullo sviluppo della qualità. Riteniamo che, nonostante gli aumenti interni in area BRICS in termini di produzione, i prodotti lattiero caseari italiani possano riscuotere un successo ancora maggiore in termini di sviluppo, visto l’aumento del tenore di vita di queste aree. Questo benessere in aumento, infatti, porterà sempre più spesso i consumatori a ricercare prodotti agroalimentari di qualità, quali appunto le eccellenze lattiero-casearie del nostro Paese”.

L’area geografica che in prospettiva può darci più soddisfazioni è quella del BRICS

Quali potrebbero essere i mercati internazionali dove potersi espandere? Le DOP potrebbero essere l’apripista di un paniere più ampio, che comprende anche nuovi prodotti?

L’area geografica che sicuramente in prospettiva può darci più soddisfazioni è, come anticipato poco sopra, quella del BRICS, anche se non bisogna trascurare l’America del Nord, così come l’Asia, con gli Emirati Arabi in testa, e l’Oriente.
In questi Paesi tutto il nostro sistema di DOP è all’avanguardia e la continua richiesta di questi ultimi anni lo dimostra. Proprio in questi Paesi, però, nell’ambito di una seria politica che miri allo sviluppo dell’internazionalizzazione, si potrebbe puntare sulla produzione di latte in polvere con determinate caratteristiche, magari per l’infanzia; tale produzione, infatti, sebbene quasi abbandonata da lungo tempo in Italia, potrebbe dare grandi prospettive ai produttori nazionali e comunitari”.

Come potrebbe avvenire questa espansione sui mercati esteri?

“I formaggi duri sono la nostra prima modalità di conquista dei mercati esteri; per questo motivo noi sosteniamo che le politiche di internazionalizzazione vadano migliorate e debbano essere più coraggiose.
In questo senso sostenere e istituire il riconoscimento del Latte “Dop Italia”, come più volte chiesto dalla Copagri, potrebbe rappresentare un aiuto concreto per molti prodotti del segmento formaggi duri italiani 100%, che molta attenzione stanno avendo in questi ultimi due anni. Tale riconoscimento, che non vuole ovviamente andare a condizionare in negativo e togliere valore alla produzione di Grana Padano e di Parmigiano Reggiano, che sono in un certo senso i “principi” dei formaggi italiani nel mondo, servirebbe inoltre a evitare tutte le sperequazioni che ci sono tra le varie Regioni, oltre a soddisfare la “fame di Italia” all’estero”.

Franco Verrascina – Presidente Copagri

L’Olanda ha ridotto il numero di capi e, di conseguenza, la produzione lattiera. Inoltre, per agevolare un percorso di sostenibilità, ha introdotto le quote sui fosfati. Come dovrebbe comportarsi l’Italia?

“L’Olanda è da sempre il paese europeo dove nel settore zootecnico, e in particolare in quelli lattiero caseario e suinicolo, le misure ambientali hanno causato forti criticità. Basti pensare che in un territorio grande meno del doppio di quello della Lombardia vi sono una volta e mezza le vacche di tutta Italia, oltre a milioni di suini.
La Direttiva UE sui nitrati ha quindi obbligato questo Paese a una netta inversione di tendenza sul carico zootecnico, tanto che a livello amministrativo sono state introdotte le quote nitrati, con un mercato in continua ascesa speculativa, che ha svantaggiato gli allevatori con uno scarso capitale-terra; basti pensare, ad esempio, al fatto che il costo per sostenere lo smaltimento dei nitrati è di migliaia di euro all’anno per ogni bovina adulta, con le immaginabili conseguenze che questo comporta per le stalle di medio-grandi dimensioni. In Italia, tranne in alcune particolari zone della Pianura Padana, non si registrano particolari problematiche. Possiamo quindi rivendicare con forza il grande lavoro verso la sostenibilità ambientale e il benessere animale che i nostri produttori stanno sviluppando negli ultimi anni, tant’è che oggi tale fattore è tra i più premianti in tutte le aree a produzione DOP, requisiti richiesti nei disciplinari”.

Il benessere animale al giorno d’oggi è purtroppo un grande costo non riconosciuto dal sistema della catena del valore

Quanto incide il benessere animale nelle stalle da latte? È più un costo o un’opportunità?

“Quanto detto evidenzia come i produttori da molti anni stiano investendo in sostenibilità e benessere animale, anche se questo al giorno d’oggi è purtroppo un grande costo non riconosciuto dal sistema della catena del valore.
Il progetto della Copagri per il riconoscimento del Latte “DOP Italia” va, infatti, proprio nella direzione di costruire filiere e prodotti etici; vogliamo e dobbiamo essere partecipi del sistema virtuoso che fa riferimento all’economia circolare, nel quale i nostri prodotti straordinariamente unici possano essere riconosciuti e valorizzati dal consumatore, non solo italiano ma mondiale”.

 

Fermentazioni ruminali, produzione di latte ed emissioni di gas effetto serra (GHG)
9 Gennaio 2019

La manipolazione delle fermentazioni ruminali attraverso l’uso di additivi per diminuire le emissioni di metano aumentando l’energia a disposizione degli animali per le loro produzioni, è oggetto di molte ricerche. Negli ultimi anni però le strategie di possibile mitigazione delle emissioni di metano hanno suscitato un grande interesse soprattutto per la necessità di contenere le emissioni di gas effetto serra (Greenhouse Gas-GHG). Si stima infatti che ai bovini sia imputabile l’80% del totale di metano emesso in atmosfera.

L’uso del monensin, un antibiotico ionoforo, è da tempo diffuso negli allevamento d’oltre oceano per modificare le fermentazioni ruminali e migliorare l’efficienza alimentare dell’animale con un incremento della produzione di latte e la riduzione del rischio di acidosi. Di contro, questo antibiotico aumenta lo stress da caldo negli animali ed inoltre, non meno importante, il suo uso non è permesso in molti paesi, UE compresa. Dunque l’interesse dei ricercatori si è indirizzato anche verso altri additivi, come gli oli essenziali prodotti dalle piante ed estratti tramite distillazione con vapore o solventi.

Un recente studio condotto da ricercatori brasiliani e statunitensi ha messo a confronto l’additivazione con antibiotico nella razione rispetto a quella con oli essenziali derivati da anacardio e ricino. L’uso degli oli essenziali permetterebbe di avere un tenore in grasso nel latte maggiore, senza compromettere l’ingestione e la produzione negli animali allevati in condizioni di stress termico.

Il rumine è un fermentatore di enorme potenzialità. Aumentarne l’efficienza permette di accrescere la produzione dell’animale ma anche di ridurre le perdite in gas che si disperdono nell’atmosfera.

Fonte: ScienceDirect

Il parere dell’Allevatore

L’allevatore Alberto Cortesi

Ritengo che quanto esposto nell’articolo sia corretto, con l’unica precisazione che i risultati per ora sono in gran parte a livello sperimentale in quanto non ancora utilizzati normalmente nelle stalle. Devo aggiungere che la diminuzione di emissioni di gas serra negli allevamenti è ricercata, sia in Europa che in nord America, anche attraverso la selezione genetica delle vacche. Ma gli studi sono all’inizio e ci vorrà tempo.

Alberto Cortesi, allevatore in Roncoferraro loc. Garolda, Mantova – ITALIA

Ripartizione delle emissioni GHG (Green House Gas) da agricoltura

Brasile, il meteo rafforza l’offerta di Soia [Mais e Soia – n°12/2018]
21 Dicembre 2018

La produzione mondiale di Mais è prevista, per la stagione 2018-19, a 1.099,9 Mio Tons, +0,1% rispetto alle stime di Novembre, riflettendo maggiori raccolti attesi in Ucraina (con una produzione record di 35 Mio Tons) e Unione Europea, in particolare in Romania.

Negli Stati Uniti i dati più recenti sulla produzione di etanolo evidenziano una diminuzione, pertanto si prevede un minor impiego del Mais. A fronte di produzione ed export invariati, si attende una crescita degli stock finali (45,2 Mio Tons) rispetto alle previsioni precedenti.

La produzione globale di Soia è prevista a 369,2 Mio Tons, in aumento di +0,5% rispetto alle stime di Novembre 2018. L’incremento è dovuto soprattutto ad una maggiore produzione attesa in Brasile, secondo Paese Produttore: +1,2% rispetto alle previsioni del mese scorso e +1,4% rispetto alla stagione precedente, grazie a condizioni climatiche favorevoli nella Regione Centro-Ovest.

Brasile
+6.3% export di Soia (outlook 2018-19 rispetto alla stagione precedente)

L’offerta competitiva del Brasile determina un aumento delle esportazioni di Soia: +5,2% rispetto alle stime precedenti, +6,3% rispetto alla stagione 2017-18. Diminuiscono, di conseguenza, le esportazioni di Argentina, Canada e Paraguay, che aumentano il proprio livello di stock.

I magazzini finali USA sono confermati al livello record di 26 Mio Tons, date le stime invariate per produzione e export di Soia degli Stati Uniti.

WORLD | Principali Esportatori di Soia – Trend annuale

Fonte: USDA

Focus Italia:

Nel periodo Gennaio – Settembre 2018 le importazioni Italiane di Mais sono in aumento (+4%), per un volume totale di circa 3.9 milioni di tonnellate. Le importazioni Italiane di Soia si attestano hanno superato 1 milione di Tons, +7.6% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.

Italia | Import di Mais e Soia

In Novembre 2018 il costo dell’alimento simulato (modello teorico di alimento composto per il 70% da Mais e per il 30% da Soia) è diminuito rispetto a Ottobre 2018 (-0.84%). La prima metà di Dicembre mostra invece un incremento dello 0,6%.

L’indicatore Milk:Feed Radio di Novembre registra un aumento: con il ricavo ottenuto dalla vendita di 1 kg di latte si possono ottenere 1,58 kg di Alimento Simulato.

TESEO – Alimento Simulato
Mais & Soia - Dicembre 2018: Report di aggiornamento sui prezzi, i dati di produzione ed il Trade globale.
Mais & Soia - Dicembre 2018: Report di aggiornamento sui prezzi, i dati di produzione ed il Trade globale.
Mais & Soia - Dicembre 2018: Report di aggiornamento sui prezzi, i dati di produzione ed il Trade globale.
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Una coalizione per tutelare le risorse naturali
13 Dicembre 2018

Il tema della sostenibilità, che ormai rappresenta il vero criterio qualitativo per ogni produzione, ha fatto emergere il valore fondamentale delle risorse naturali come capitale, cioè di un bene da mettere a frutto. Ecco allora parlare di Natural capital, cioè di tutto quel patrimonio di risorse rinnovabili e non rinnovabili come piante, aria, acqua, terreni, minerali, che forniscono condizioni benefiche alla gente ed a tutti gli esseri viventi. Le condizioni vitali apportate dal “capitale naturale” comprendono una buona qualità dell’aria, del cibo e dell’acqua, ma anche l’energia, le abitazioni, la salute ed in genere tutte quelle materie prime e quelle condizioni sociali necessarie per ottenere i prodotti.

Stiamo depauperando le risorse ambientali ad una velocità ben superiore alla loro rigenerazione

Risulta però ormai evidente che stiamo depauperando tali risorse ad una velocità ben superiore alla loro rigenerazione e dunque bisogna invertire la tendenza. Il primo passo consiste nel valutare l’impatto delle attività produttive, attraverso la misura dei gas effetto serra (GHG), l’uso (impronta) dell’acqua, i residui, per definire un progetto di sostenibilità.

Acqua&Energia : Ripartizione delle emissioni GHG (Green House Gas) da agricoltura

Le grandi imprese alimentari, agendo a livello globale per il reperimento delle materie prime, la loro trasformazione e commercializzazione, hanno deciso di impegnarsi attivamente in questo contesto. Unilever ad esempio, ha identificato il Sustainable Living Plan (USLP) per misurare l’impatto di tutto il ciclo del prodotto, dalla materia prima alla sua trasformazione, fino al modo in cui giunge ad un consumatore che, nelle sue scelte d’acquisto, è sempre più attento alle tematiche della sostenibilità.

A livello agricolo, vengono prese in considerazione delle azioni specifiche per favorire la biodiversità

A livello agricolo, vengono prese in considerazione delle azioni specifiche per favorire la biodiversità, che comprendono aspetti legati innanzitutto alla fertilità del suolo ed alla gestione dei parassiti. Il tema dell’acqua come risorse idriche, loro utilizzo, depurazione e riciclo, per le imprese di trasformazione diventa sempre più il fattore fondamentale per l’identificazione del luogo dove costruire i nuovi stabilimenti e questo rappresenta sempre più un fattore di competitivitàEcco allora la ricerca per individuare nuove tecnologie per i lavaggi ed i risciacqui degli impianti.

Resta poi il problema del reperimento delle materie prime nel crescente contesto di competizione con le coltivazioni destinate a biocarburanti, legname, prodotti tessili. Si tratta dunque di coltivare, produrre, trasformare, trasportare, distribuire e confezionare i prodotti, tenendo conto dell’impatto sul ciclo vitale, il che comporta anche il reperimento di risorse finanziarie appropriate. Per questo si parla di “capitale naturale” di cui hanno bisogno i sistemi produttivi che dipendono da una organizzazione sempre più complessa ed articolata. Per questo è stata fondata una “coalizione per il capitale naturale” (Natural Capital Coalition), che riunisce i settori della scienza, formazione, business, finanza e legislazione, per una visione comune del tema sostenibilità.

Leonardo Becchetti (Economista, UNIVERSITÀ DI ROMA Tor Vergata) esplora il tema della Sostenibilità al CLAL Dairy Forum 2018

Le azioni produttive hanno un impatto ambientale e sociale, per cui vanno considerate nelle interrelazioni col mondo che le circonda, sia come azioni, sia come mercati. Globalizzazione e sostenibilità sono le due facce della stessa medaglia

Fonte: The Natural Capital CoalitionUnilever

Nuovi scenari in India e Cina per i consumi di latte
3 Dicembre 2018

Il continente asiatico conta la maggiore popolazione mondiale con due enormi realtà, India e Cina, opposte per quanto riguarda i consumi di latte, ma sempre più importanti per quanto concerne gli scambi commerciali. Urbanizzazione, classe media giovane in rapido aumento, informatizzazione, globalizzazione, sono una realtà dirompente.

Secondo Fonterra, l’India necessiterà di approvvigionarsi dall’estero per far fronte alla richiesta interna

In questo scenario, l’India si distingue fra i paesi asiatici per la presenza nella dieta alimentare di latte e derivati. Questo enorme Paese, al primo posto per la produzione mondiale di latte, presenta attualmente un equilibrio fra produzioni e consumi, però l’evoluzione della domanda lascia prevedere, secondo Fonterra, la necessità di approvvigionarsi dall’estero per far fronte alla richiesta interna. A differenza della Cina, l’import indiano non si concentra sul latte confezionato od in polvere, ma sulla necessità di reperire proteine che, per ragioni culturali e religiose, possono trovare nel latte una origine privilegiata. A riprova di questo, Fonterra esporta in India prodotti quali i derivati del siero, usati in sostituzione delle uova.

Jayen Mehta (General Manager, GCMMF Ltd., Amul) presenta “Amul e le variabili del marketing contemporaneo”

Riguardo alla Cina, la cosiddetta guerra commerciale con gli USA ed i conseguenti dazi di importazione, potranno tradursi in un aumento dei costi per la produzione del latte e dunque del prezzo pagato dal consumatore. Le esportazioni neozelandesi si trovano in vantaggio rispetto a quelle USA che perdono competitività, ma queste dovranno trovare altre destinazioni nel mercato del sud est asiatico, con una competizione accresciuta.

13 Milionidi persone si spostano ogni anno verso le aree urbane (Cina)

In Cina, ogni anno 13 milioni di persone si spostano verso le aree urbane, salgono nella scala sociale e di conseguenza cambiano le abitudini alimentari richiedendo nuovi prodotti con gusti diversi dai tradizionali, come il caffè con l’aggiunta di crema ed eventualmente di formaggi cremosi o gli yogurt al gusto di formaggio. Questo sarà uno stimolo sia per la produzione interna, che aumenta ad un ritmo del 1,7%, sia per le importazioni che continueranno a crescere ad un ritmo superiore al 4%, trainate dalla richiesta di proteine che permettono di valorizzare maggiormente il latte.

Manfredi Minutelli (European Food and Beverages Category Leader, Alibaba Group) presenta “E-commerce, Gateway to China”

Fonterra poi, data la vicinanza col continente asiatico, esporta in Cina anche latte fresco per i piccoli negozi che attuano la distribuzione di vicinato grazie alla crescente digitalizzazione.

Se i paesi asiatici, Cina in testa, sono stati i destinatari principali delle commodity del latte, ora con i rapidi cambiamenti in atto nei vari paesi, compresa l’India, si aprono scenari favorevoli per prodotti a più alto valore aggiunto. Anche in questo caso, l’innovazione è il fattore chiave e l’informatizzazione lo strumento per raggiungere questi grandi mercati.

Florent Courau (General Manager, JD.com 京东 France) presenta “Le dinamiche dell’e-commerce della Cina”

Fonte: nzherald

I formaggi del Trentino vanno esportati [intervista]
29 Novembre 2018

Franco Morandini
Predazzo, Trento – ITALIA

L’allevatore Franco Morandini

Azienda Agricola Morandini Franco.
Capi allevati: 150 | 50-70 in lattazione.
Ettari coltivati: 46.
Destinazione del latte: Puzzone di Moena Dop e altri formaggi tipici locali.

Un marchio sui prodotti di montagna come valore aggiunto per il prodotto e per il paesaggio: il rilancio del settore lattiero caseario Trentino passa (anche) da qui, secondo Franco Morandini, allevatore di Predazzo, nella alta Val di Fiemme.
Appassionato di sci e alpinismo (e come potrebbe essere altrimenti?), 56 anni, è alla guida dell’azienda agricola insieme al fratello Alberto e al nipote Matteo: 150 i capi allevati, prevalentemente di razza Pezzata Rossa e Bruna.
Nel 2008 l’azienda è stata spostata da Predazzo a Bellamonte per motivi logistici: la vecchia stalla di famiglia, attiva da oltre 40 anni, si trovava infatti proprio al centro del paese, con tutti gli inevitabili problemi legati allo smaltimento dei reflui.
La stalla è un serbatoio per formaggi di qualità. Il latte ottenuto, infatti, è conferito interamente alla Latteria sociale di Predazzo e Moena per la produzione del Puzzone di Moena Dop e altri formaggi tipici locali.

Solo con i fondi non si va molto lontano, se manca l’etica e lo sguardo al mercato

Come vede il futuro della zootecnia da latte in quest’area?

“Credo sia legata a due fattori: da un lato i finanziamenti europei, indispensabili, e dall’altro la politica regionale, che deve necessariamente indirizzare gli agricoltori verso strade corrette. Solo con i fondi non si va molto lontano, se manca l’etica e lo sguardo al mercato”.

In che senso?

“Se da un lato noi abbiamo l’obbligo di continuare a fare un prodotto di qualità, salvaguardando l’ambiente, dall’altro all’Unione Europea e alla politica spetta il compito di valorizzare quello che facciamo, non limitandosi semplicemente a erogare finanziamenti a pioggia. Ecco che un buon modo potrebbe essere quello di creare un marchio unico riservato ai prodotti di montagna, che trasmetta l’idea della genuinità e della salubrità dell’ambiente”.

La promozione può fare la differenza?

“Indubbiamente sì. Noi come cooperativa ci affidiamo a Trentingrana, sia per la pubblicità che per la promozione generale dei prodotti trentini. I risultati sono buoni, ma ci sono ancora margini di miglioramento”.

In Trentino ci sono tanti buoni prodotti: perché allora non puntare sull’export?

In che direzione?

“In relazione alla gestione della produzione, alla commercializzazione e alle vendite. L’80% del prodotto è venduto, infatti, in Trentino: bene, dico io, ma si può fare di meglio. Ci sono tanti buoni prodotti e i contadini del territorio lavorano bene: perché allora non puntare sull’export? Basta seguire l’esempio del vino, che ha saputo varcare i confini locali e spaziare”.

Analogamente, un’altra spinta può arrivare dal turismo, non crede?

“Esatto. La sinergia col turismo è fondamentale. Il turista conosce i prodotti attraverso il territorio, per questo può essere considerato, a ragione, un veicolo di promozione a costo zero. Anche per questo motivo non possiamo permetterci di trascurare il nostro ecosistema: chi viene da noi in vacanza cerca malghe e rifugi, vale a dire tutto quello che è ancora autentico e legato alla tradizione del posto. Lo deve trovare e, inoltre, deve poter vivere un’esperienza che lo emozioni. Solo così sarà un sostenitore delle nostre montagne e dei nostri prodotti”.

Bisogna partire dalla cooperazione per modernizzare, servono esperienza e professionalità per restare a galla

La cooperazione può essere applicata anche al contesto montano?

“Certo. La cooperazione è una grandissima cosa, se gestita bene; se viziata dai finanziamenti, si rischia invece di finire in un vicolo cieco. Per il nostro comparto esiste il Consorzio dei Caseifici sociali e dei produttori latte trentini (CON.CA.S.T.), nato nel 1951 come consorzio di secondo grado tra i caseifici sociali del Trentino. Al momento si occupa prevalentemente di analisi e commercializzazione, oltre ad affrontare e gestire le problematiche comuni del settore. Ne fanno parte tutti i contadini di Predazzo, che sono una decina di aziende. È da lì che bisogna partire per modernizzare, perché il mondo corre veloce e servono necessariamente esperienza e professionalità per restare a galla”.

Azienda Agricola Morandini Franco

Franco Morandini è intervenuto nell’incontro “La Sostenibilità nella filiera lattiero-casearia Trentina” del 10 Novembre 2017. Esplora i punti salienti dell’evento!

Chi sarà il tuo prossimo consumatore? [VIDEO]
20 Novembre 2018

Dopo i video, la parola ai giovani allevatori!

Al CLAL Dairy Forum 2018 un ricco parterre di relatori di rilievo dell’agroalimentare internazionale ha presentato a oltre 200 operatori del settore lattiero-caseario le molteplici sfaccettature del nuovo consumatore.

Il tema “Conosci il tuo prossimo consumatore” è stato trattato in tre sessioni:

  1. Affrontare altri stili di vita e rispondere ai nuovi bisogni

  2. Orientare al rispetto e alla scelta della Sostenibilità

  3. Adeguare l’offerta alle nuove modalità di acquisto

Ecco i video di tutte le presentazioni e della tavola rotonda conclusiva. Sotto i video, la parola ai giovani allevatori!

Affrontare altri stili di vita e rispondere ai nuovi bisogni

Orientare al rispetto e alla scelta della Sostenibilità

Adeguare l’offerta alle nuove modalità di acquisto

Abbiamo colto questa occasione per verificare, a poco più di un mese dall’evento, cosa fosse rimasto alla platea delle 20 presentazioni che si sono succedute durante la giornata. Per il nostro “sondaggio” abbiamo scelto un campione particolarmente vitale: i giovani produttori latte.

“L’incontro è stata un’esperienza molto positiva soprattutto per noi allevatori credo, che solitamente dedichiamo gran parte del nostro tempo ad altro” afferma Manuel Boschini“questo genere di incontri ci aiuta a capire dove potrebbe andare il mercato e come cambiano le esigenze ed i modi di acquistare del consumatore. Inutile produrre cose nelle quali il consumatore non vede un valore aggiunto che ne giustifichi il prezzo”.

“È stato interessante”, continua Barbara Greggio“vedere come le diverse aziende, provenienti da stati diversi, cerchino di soddisfare le richieste di mercati diversi e di superare la nuova sfida della sostenibilità attraverso: la valorizzazione dei loro punti di forza (per esempio le vacche al pascolo); la ricerca continua di nuovi prodotti da immettere sul mercato (per esempio lo yogurt che non va refrigerato); il marketing.”

Le relazioni della seconda sessione vertevano appunto sulla Sostenibilità economica ed ambientale, e la percezione del consumatore rispetto la sostenibilità è stato un tema trasversale alla maggior parte degli interventi. Argomento ricco di sfaccettature, come sottolinea Luca Perletti“mi sono reso conto che il concetto di Sostenibilità tocca moltissimi argomenti e che alcuni di questi non sono molto chiari al consumatore finale, ed alle volte nemmeno ai vari protagonisti del nostro settore. Si parla molto di Sostenibilità ma è difficile chiarirne il concetto. Ma una cosa è certa, questo è il futuro!  Lo chiede il consumatore, lo chiedono le grandi aziende lattiero casearie ma soprattutto ce lo chiede il mondo in cui viviamo.”

Alex Fiorini aggiunge: “dobbiamo fare in modo di avere sempre più trasparenza e dare una immagine di garanzia sui due fronti della sostenibilità e del benessere animale, ad un consumatore sempre più attento ed esigente”.

“Penso che sia più sensato dare un punteggio all’attenzione posta dall’allevatore sul benessere, piuttosto che al semplice fatto che gli animali pascolino” riflette Boschini, ed aggiunge: “è di tutto interesse per l’allevatore far star bene l’animale, che si traduce in migliori produzioni con costi minori e minori cure.”

Tuttavia, sebbene le presentazioni abbiano evidenziato che i consumatori intervistati si dicono ben disposti verso i prodotti sostenibili, è stato lanciato un monito: al momento dell’acquisto, il grosso dei consumatori non è disposto o non è in grado di spendere più soldi per alimenti più sostenibili. Ovvero: sarà molto difficile mettere la sostenibilità sul conto del consumatore.

“È un valore aggiunto che è difficile da valorizzare”, sostiene infatti Perletti“perché tutti vogliono un mondo più sostenibile ma pochi sono disposti a pagare per averlo, e questo in un certo senso non andrà a premiare le aziende che lavorano in questa direzione, ma probabilmente a eliminare dal mercato quelle che non lo faranno”.

L’argomento che ha destato più curiosità nella platea è stato sicuramente l’e-commerce, con le relazioni dei giganti cinesi JD.com ed Alibaba in primis.

L’opinione di Davide Lorenzi“I nuovi sistemi di acquisto di prodotti lattiero caseari online ci dà la possibilità di conoscere meglio i nostri consumatori i loro gusti le loro esigenze, ma allo stesso tempo ha dato la possibilità di creare prodotti in modo che potessero durare molti giorni e senza temperature controllate, in grado di resistere inalterati al viaggio verso chi li deve consumare (lo yogurt che è stato presentato è un esempio bellissimo). Questo ci sta dando la possibilità di allargare i confini del mercato dei prodotti lattiero caseari.”

La tavola rotonda conclusiva sulle nuove modalità di consumo ha coinvolto e-commerce, grande distribuzione, discount ed alcuni imprenditori italiani del settore lattiero caseario. Dibattito di grande interesse per Fiorini“Molto interessante la tavola rotonda con le discussioni tra grandi gruppi, dove le varie esperienze imprenditoriali possono dare spunti a noi giovani allevatori.”

Ecco dunque alcuni degli spunti che questi giovani imprenditori hanno portato a casa dal CLAL Dairy Forum 2018. Concludiamo con le parole di Alfredo Lucchini“Il Forum è stato, per me allevatore, un’iniezione di ottimismo per aprire gli occhi e vedere come mercati talvolta molto diversi dal nostro stiano sviluppando nuovi prodotti e innovando, mettendo oltretutto il produttore di latte alla base della filiera produttiva.”

Tutti i VIDEO del CLAL Dairy Forum 2018 sono ora disponibili su YouTube e Facebook

La Cina rivede i dati sul Mais: scorte triplicate [Mais e Soia – n°11/2018]
16 Novembre 2018

68%degli stock di Mais sono detenuti dalla Cina (Previsione 2018-19)

L’istituto statistico cinese NBS ha divulgato una sostanziosa revisione dei dati degli ultimi 10 anni relativi all’offerta di Mais della Cina. Per la stagione 2018-19 gli stock iniziali dovrebbero attestarsi a 223 Mio Tons (+180% rispetto alle previsioni di Ottobre 2018), e gli stock finali a 207 Mio Tons (+255%). Secondo queste informazioni, la quota di stock di Mais detenuta dalla Cina è del 68% a livello mondiale (seguita da una quota USA del 14%).

Gli stock globali di Mais riflettono questa revisione e sono stimati a 308 Mio Tons, +93% rispetto alle stime del mese scorso. Gli stock USA, invece, sono previsti in diminuzione (-4,2%).

Se si esclude la Cina, la produzione mondiale è pressoché stabile, infatti maggiori produzioni in Argentina, Kenya, Russia e Moldavia bilanciano le diminuzioni attese in UE (in particolare in Ungheria, Polonia e Germania) e in USA (-1%, a causa della minore resa).

La produzione mondiale di Soia, per la stagione 2018-19, è stimata in diminuzione (-0,5%) se confrontata con le stime del mese scorso. Maggiori raccolti in Cina, India e Ucraina sono parzialmente compensati da una riduzione delle produzioni negli Stati Uniti e in Argentina.

Per gli Stati Uniti si prevede una riduzione di 1 bushel/acro della resa dei terreni e una conseguente riduzione della produzione dell’1,9%.

Il Sud America orienterà l’export di Soia verso la Cina

L’export statunitense di Soia risente delle minori importazioni cinesi, a causa delle imposizioni dei dazi doganali in Cina, e le previsioni registrano -7,8%. La Cina, infatti, importerà meno Soia (-4,4%). Per la seconda parte dell’anno, si prevede che l’export USA di Mais si orienti verso altri mercati, e che il Sud America si orienti verso la Cina.

L’export di Mais degli Stati Uniti è influenzato dalla concorrenza dell’Ucraina ed è stimato a 62 Mio Tons (-1%).

WORLD | Stock finali Mais (Previsioni 2018-19)

Fonte: USDA

Focus Italia:

Nel periodo Gennaio – Agosto 2018 le importazioni di Mais Italiane sono in aumento per un volume di circa 3,6 milioni di tonnellate. Le importazioni Italiane di Soia si attestano oltre 1 milione di Tons, +1,9% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.

Italia | Import di Mais e Soia

In Ottobre 2018 il costo dell’alimento simulato (modello teorico di alimento composto per il 70% da Mais e per il 30% da Soia) è stabile rispetto a Settembre 2018 (+0,2%). La prima metà di Novembre mostra invece una diminuzione del 0,59%. L’indicatore Milk:Feed Radio di Settembre registra un aumento: con il ricavo ottenuto dalla vendita di 1 kg di latte si possono ottenere 1,55 kg di Alimento Simulato.

TESEO – Alimento Simulato
Mais & Soia - Novembre 2018: Report di aggiornamento sui prezzi, i dati di produzione ed il Trade globale.
Mais & Soia - Novembre 2018: Report di aggiornamento sui prezzi, i dati di produzione ed il Trade globale.
Mais & Soia - Novembre 2018: Report di aggiornamento sui prezzi, i dati di produzione ed il Trade globale.
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L’alimentazione di precisione per ridurre sprechi ed emissioni
7 Novembre 2018

Avere animali che utilizzano gli alimenti in modo più efficiente, riducendo la quantità di nutrienti e gas emessi nell’ambiente: questo è l’obiettivo della alimentazione di precisione (in inglese Precision Livestock Farming PLF), un modo integrato nella gestione dell’allevamento per renderlo meno impattante, contenendo i costi.

Si tratta di operare in una prospettiva a beneficio sia dell’allevatore sia della società.

Si tratta di operare in una prospettiva win-win, cioè a beneficio sia dell’allevatore che alimenta l’animale secondo i suoi specifici bisogni, sia della società che può convivere con produzioni più sostenibili. L’alimentazione di precisione si basa su: uso di precisi schemi dei fabbisogni alimentari; uso di precisi ingredienti; specifiche tecnologie nella preparazione degli alimenti; allineamento delle razione e della dieta ai bisogni specifici degli animali.

Secondo gli studi della Cornell University USA, ridurre di un punto percentuale le proteine grezze nella razione di una vacca che produce in media 30 kg di latte al giorno ed ingerisce 21 kg di sostanza secca, permette una riduzione annua di 12,5 kg nelle emissioni di azoto. Considerando che l’alimentazione rappresenta il 60-70% dei costi di produzione, la capacità di ridurre tale percentuale si può tradurre in un notevole vantaggio economico.

Diventa certamente difficile, nella pratica di allevamento, fornire l’esatto apporto giornaliero di nutrienti richiesto da ogni animale, ma occorre verificare le possibilità di adottare tutti i possibili miglioramenti attraverso una gestione attenta dei dati aziendali.

Risparmio annuo:135per vacca sui costi alimentari

In un progetto condotto durante tre anni per applicare la pratica della alimentazione di precisione su otto allevamenti, è stato possibile ridurre la somministrazione di proteine grezze alle vacche in una percentuale variabile da 1,7 a 14% , con un risparmio medio annuo nei costi alimentari stimabile in 135 Euro per vacca.

La sfida dell’attività agricola nel prossimo futuro, sarà la capacità di intensificare la produzione in modo sostenibile. Per vincere tale sfida occorrono gli sforzi e le inventive di tutti gli attori della filiera, in primo luogo gli allevatori.

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Fonte: ResearchGate

Benessere dell’animale: solo così si ottiene un prodotto di qualità [intervista]
5 Novembre 2018

Bernardo Boldini
Basilicanova, Parma – ITALIA

L’allevatore Bernardo Boldini

Soc. Agr. La Riana – Soc. Semplice di Boldini Bernardo e Luca.
Capi allevati: 650 | 300 in lattazione.
Ettari coltivati: 85.
Destinazione del latte: formaggio Parmigiano Reggiano DOP prodotto da stalla unica.

Punta tutto sul suo cavallo di battaglia, il formaggio prodotto da stalla unica. È quello il valore aggiunto rispetto a un prodotto, il Parmigiano Reggiano DOP, già di alta qualità, apprezzato tanto in Italia quanto all’estero. Bernardo Boldini, allevatore 39enne di Basilicanova, in provincia di Parma, sa bene che la filiera corta, anzi cortissima, è sinonimo di qualità. Nel breve raggio di pochi chilometri si trova l’intera produzione aziendale: 85 ettari coltivati pressoché integralmente a erba medica e loietto, destinati ai 650 capi di razza frisona allevati (di cui 300 circa in lattazione).

Non vogliamo fare il formaggio in modo industriale, ma artigianale

La produzione di latte tocca quota 100 quintali al giorno, con una media di 33-34 chilogrammi per capo. Il latte viene conferito in conto lavorazione e le forme intere sono vendute a privati, negozi e grossisti. Una produzione di 18 forme al giorno, che vengono stagionate in un magazzino generale. “Come stalla di dimensioni medie, siamo in grado di produrre circa 6.200 forme l’anno. Ma i numeri lasciano il tempo che trovano: noi preferiamo puntare sulla qualità. Non vogliamo fare il formaggio in modo industriale, ma artigianale”, afferma Boldini.

Parlando di innovazione, quali interventi avete realizzato di recente per migliorare l’azienda?

Abbiamo scelto di investire sulla qualità del fieno aziendale

“La nostra stalla è nata 14 anni fa, quando sono state divise le aziende di mio padre e di mio zio, pur essendo noi allevatori praticamente da sempre. Gli interventi più importanti che abbiamo effettuato riguardano da vicino il benessere animale. Innanzitutto, abbiamo ampliato la stalla libera, con zona di riposo a cuccette; quindi abbiamo installato un impianto fotovoltaico da 100 kw per l’immissione in rete di energia. Inoltre, abbiamo scelto di investire sulla qualità del fieno aziendale, acquistando altri 30 ettari di terreni per la produzione di foraggio. Adesso puntiamo a un nuovo ampliamento della stalla con l’introduzione di altri 250 capi”.

Benessere animale e sostenibilità vanno a braccetto?

“Assolutamente sì: benessere animale e sostenibilità sono imprescindibili. Proprio per questo abbiamo scelto di investire nel fotovoltaico, sfruttando per quanto possibile energia da fonti 100% rinnovabili. Non solo: abbiamo anche installato delle ventole ad acqua, che ci hanno regalato vantaggi enormi. E il nostro foraggio è esclusivamente tradizionale, perché l’unifeed secondo noi è sinonimo di minor qualità. Un animale che è sano e sta bene produce molto di più. E i dati lo confermano”.

Quanti siete in azienda?

“Io e mio fratello, oltre a tre dipendenti, che sono due mungitori e un responsabile del controllo vitelli e rimonta. Io mi occupo personalmente della gestione della stalla, che comprende la fecondazione e la cura degli animali, mentre mio fratello segue la parte più burocratica dell’azienda, tra cui i rapporti con le banche, le associazioni, i consorzi e la vendita del prodotto”.

Come è organizzata la stalla?

A guidarci è il benessere dell’animale

“Al momento abbiamo una sala di mungitura da 14+14 posti a pettine. Come per l’alimentazione, anche per la gestione cerco di mantenermi fedele alla tradizione del Parmigiano Reggiano: niente robot di mungitura. Piuttosto, abbiamo scelto di investire su un podometro per nutrire i bovini con gli auto-alimentatori: aiuta molto la gestione. Vorremmo costruire una stalla aperta e un piccolo paddock per le vacche che devono partorire o che hanno appena partorito. Ancora una volta, a guidarci è il benessere dell’animale, perché solo così si ottiene un prodotto di qualità”.

Come vedete il futuro del mercato?

“Tutto sommato positivo. Il controllo sulle grattugie è stato fondamentale: la gente continua a consumarlo. Quanto alla nostra nicchia di produzione, puntiamo sempre di più a diversificarci nella stagionatura, eliminando i grandi commercianti e i supermercati dalla filiera di commercializzazione”.