Diminuzioni significative nel trade di bovini (Gen-Ott 2015)
9 Dicembre 2015

Ultimi aggiornamenti riguardo al Trade di Bovini. I dati confrontano il periodo

Gennaio-Ottobre 2015

con lo stesso periodo dell’anno precedente.

La Cina, pur rimanendo il principale acquirente di bovini da latte per l’Australia, ha ridotto il suo import del 29%.
Le importazioni statunitensi di bovini da latte sono diminuite del 40%; l’unico fornitore è il Canada. In Ottobre l’import di bovini da latte è stato di 979 capi, mentre l’import totale di bovini (da latte e non) ha superato i 167.000 capi.
La Turchia ha importato il 63% in più di bovini da latte dagli Stati Uniti, per un volume di 3.458 capi nel periodo Gennaio-Ottobre 2015. La Turchia è il secondo mercato per gli Stati Uniti. Il primo acquirente è il Messico, che tuttavia ha ridotto le sue importazioni dagli Stati Uniti del 58%.

El Niño e mercati agricoli: siccità?!!
15 Maggio 2015

Più volte annunciato come una possibilità, ora le agenzie meteorologiche giapponese ed australiana affermano che si sono manifestati i segni per il succedersi di fenomeni climatici estremi noti come El Niño, tali da interessare vaste regioni, dall’America meridionale al sud-est asiatico, con pesanti riflessi sulle produzioni agricole.

Con el Niño e la Niña si descrivono fasi opposte di oscillazioni delle temperature fra oceano ed atmosfera nella zona equatoriale del Pacifico. La Niña è la fase fresca di tali oscillazioni (indicate con la sigla ENSO – El Niño-Southern Oscillation), el Niño quella calda. Queste deviazioni dalle normali temperature di superficie degli oceani possono avere un grande impatto sulle condizioni climatiche a livello mondiale. Nel 1600, dei pescatori al largo delle coste dell’America Latina, rilevarono come le acque dell’oceano Pacifico fossero stranamente calde per la stagione ed essendo a dicembre, chiamarono il fenomeno el Niño (il bimbo), dato il Natale ormai vicino.

Quest’anno, una siccità primaverile in Asia meridionale ha già influito negativamente sui raccolti di olio di palma e potrebbe comportare problemi nelle piantagioni di caffè in Colombia e di cacao in Africa occidentale. All’opposto, delle piogge eccessive potrebbero danneggiare i raccolti di canna da zucchero in Brasile.

Negli USA il fenomeno potrebbe avere invece effetti positivi comportando una stagione fresca ed umida in favore dei raccolti di mais ma con una generale diminuzione nella qualità dei prodotti; già ora si notano ricorrenti ed intense piogge nelle pianure centrali del paese.

In India la conseguenza di questo cambiamento meteorologico è la ridotta intensità dei monsoni, che potrebbe avere riflessi sul raccolto di cotone di cui il paese asiatico è il maggior produttore, mentre la ridotta produzione di olio di palma in Indonesia e Malesia sarebbe favorevole per il mercato delll’olio di soia.

Le previsioni climatiche sono influenzate da una molteplicità di fattori che le rendono complesse, ma bisognerà sempre più considerare l’insorgere dei fenomeni climatici estremi ed i conseguenti effetti su mercato e quotazioni mondiali dei prodotti agroalimentari.

Nuova Zelanda: probabilità di precipitazioni oltre la norma in primavera in caso di El Niño
Nuova Zelanda: probabilità di precipitazioni oltre la norma in primavera in caso di El Niño

Fonte: Agrimoney

In crescita l’export USA di animali da latte
28 Gennaio 2015

Il mese di novembre 2014 ha fatto registrare, con 2.388 capi venduti, il secondo maggiore dato semestrale di vendite all’estero per vacche da latte. Questo è stato determinato dagli acquisti da parte della Russia che è tornata in modo significativo ad affacciarsi sul mercato internazionale dopo due mesi di assenza, importando 1.300 capi e divenendo così il primo paese di destinazione, seguita dal Messico che a novembre ha importato 818 capi e dal Canada che ne ha importati 143.

Il valore totale di tali esportazioni è pari a 4,7 milioni di Dollari.

Si calcola che negli undici mesi del 2014 gli USA abbiano esportato 31.300 vacche da latte, con un notevole calo rispetto all’anno precedente, ma anche il livello più basso dal 2009. L’elevato prezzo del latte dello scorso anno può spiegare questo andamento.

Su base annuale, il Messico resta la prima destinazione per la vendita di vacche da latte con 12.366 capi, seguito dalla Russia con 9.809 capi.

Per facilitare l’esportazione di bestiame USA, bovini, suini e ovi-caprini, è stata decisa la realizzazione per il 2016 di uno specifico terminal cargo all’aeroporto Kennedy di New York, che opererà 24 ore ogni giorno ed avrà tutte le strutture di controllo, ricovero e sosta conseguenti alle operazioni di carico e scarico degli animali.

Quale limite alla resa di latte per vacca?
24 Febbraio 2014

Negli USA, dal 1990 ad oggi, il numero di vacche da latte è sceso da circa 10 milioni di capi a 9,2. La resa media di latte per capo è invece passata da circa 6.800 kg a 9.680 kg con un incremento decennale, fra il 2002 ed il 2011, del 14,7%.  Le proiezione USDA al 2020 indicano un numero di vacche da latte di poco inferiore a quello attuale ma, di contro, un notevole aumento delle rese per capo, che si stima arrivino a superare  gli 11 mila kg.  Appare dunque legittimo chiedersi quale sia il limite alla potenzialità nella produzione di latte.  Bisogna considerare che se negli USA la media produttiva per capo è pari a 9.680 kg all’anno, alcune stalle hanno già una media di 13 mila kg di latte per capo e degli  animali raggiungono rese eccezionali, superando anche i 22 mila kg  di latte all’anno. Questo indica l’esistenza di margini potenziali per fare salire notevolmente la produzione di latte per vacca, anche perché  le conoscenze scientifiche in campo bovino non hanno raggiunto una loro maturità, come ad esempio per il settore avicolo. D’altronde, già oggi in Israele la resa media di latte per capo si aggira sui 12.400 kg all’anno. Le potenzialità da sfruttare sono pertanto notevoli e riguardano aspetti quali il miglioramento dell’efficienza aziendale, il ruolo dell’alimentazione e quello  del benessere animale. Questo per avere soggetti non solo più produttivi, ma anche più longevi. L’ambiente in cui vengono allevate le bovine acquista dunque sempre più rilevanza, così come le tecniche di allevamento e le tecnologie utilizzate: da spazi confortevoli, a temperature adeguate, ad operazioni di mungitura appropriate. I soggetti con elevate produzioni hanno  un metabolismo basale paragonabile a quello di un atleta olimpico e come tali debbono essere trattati. E’ positivo che meno vacche producano più latte perché questo significa anche meno emissioni carboniose o di metano. Grazie al miglioramento nella efficienza dell’allevamento, le emissioni di gas ad effetto serra prodotti per kg di latte si sono già considerevolmente ridotte e questo è ancora più significativo negli animali con le rese più alte.

Informazioni sulla resa di latte per vacca in Italia ed in alcuni Paesi UE-28 sono disponibili all’interno del progetto S/STEMA STALLA di CLAL.it

CLAL.it – Kg di Latte per Capo (media annuale) di alcuni Paesi UE-28
CLAL.it – Kg di Latte per Capo (media annuale) di alcuni Paesi UE-28