La Cina che si conferma una destinazione privilegiata, il Sud Est Asiatico che si mantiene un interessante richiamo per la vicina Australia, la ripresa dei commerci dopo le fasi più critiche del Covid, ma anche rotte “tradizionali”, come quella del Frumento Duro canadese, che subiscono qualche modifica. Ecco come evolve l’export dei cereali per Stati Uniti, Canada e Australia.
USA
È boom dell’export dei cereali per gli Stati Uniti, che tra Gennaio e Maggio 2021, aumentano del 50% le vendite al di fuori dei propri confini nazionali. Dei quasi 56 milioni di tonnellate di cereali esportate nei primi cinque mesi di quest’anno, quasi 39 milioni sono rappresentati dal Mais, che segna un +77,8% in volume e un +149,7% in valore su base tendenziale. Particolarmente marcata la crescita dei prezzi del Mais, che raggiungono i 280 $/Ton nel mese di Maggio 2021.
La Cina è il primo Paese di destinazione, non soltanto per il Mais: nei primi cinque mesi dell’anno ha ritirato dagli Stati Uniti quasi 15,3 milioni di tonnellate di cereali, praticamente quintuplicato gli acquisti (+498,4%). L’Unione Europea non figura fra i principali paesi di destinazione dei cereali Made in Usa. Ripartiranno le rotte europee nei prossimi mesi?
CANADA
Nonostante la frenata nel mese di Maggio, nei primi cinque mesi del 2021 il Canada aumenta l’export dei Cereali del 22,6% in quantità e del 39,5% in valore su base tendenziale.
È boom per l’export di Mais (+153,4% tra Gennaio e Maggio rispetto allo stesso periodo del 2020), con l’Unione Europea che costituisce il 71% del market share. Spagna e Irlanda sono primi porti di destinazione.
Benché i prezzi medi all’export del Frumento Duro siano più bassi rispetto a quelli degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, sembra che le vendite verso l’Italia abbiano un minore slancio rispetto al passato. Fra Gennaio e Maggio 2021, in particolare, le importazioni italiane di Frumento Duro canadese sono cresciute del 6,3% su base tendenziale.
Nel mese di Maggio 2021, invece, le esportazioni di Frumento Duro verso l’Italia hanno subito un sensibile frenata (-41,1% rispetto Maggio 2020), riflettendosi in un rallentamento dell’8% dell’export globale di Frumento Duro canadese. Algeria, Marocco e Tunisia sono altri importanti approdi del Frumento Duro canadese.
AUSTRALIA
Segue altre rotte, ma si mantiene in ottima salute, l’export di cereali dall’Australia, che tra Gennaio e Maggio 2021 vede un +156,1% in quantità rispetto allo stesso periodo del 2020. Frumento Tenero (12,1 milioni di tonnellate) e Orzo (4,4 milioni di tonnellate) sono i Cereali più esportati.
I principali paesi di destinazione sono: Arabia Saudita, Indonesia, Vietnam, Thailandia, Cina, Filippine.
L’Australiaha ripreso a esportare anche Frumento Duro: 266.428 tonnellate nei primi cinque mesi del 2021, delle quali 238.029 tons inviate in Italia.
L’Import di Mais è stato di circa 3 milioni di tonnellate, di cui 1,9 milioni dagli Stati Uniti ed il restante dall’Ucraina. L’aumento rispetto a Maggio 2020 è stato del +395,4%. Continuano a crescere i prezzi medi all’import, raggiungendo il valore di 273 $/Ton.
L’import cinese di Frumento Duro nel mese di Maggio è aumentato del +66,8% in volume e di +72,6% in valore. Il principale fornitore è il Canada, con un prezzo medio all’import di 314 $/Ton. Si è ridotto invece l’import di Frumento Tenero nello stesso mese (-37,8% in volume).
L’import della Cina di Orzo è aumentato del +115,7% in volume e del +161,4% in valore. Il principale fornitore è l’Unione Europea, che ha segnato una crescita del +418%, seguita da Argentina e Canada. Tra i Paesi comunitari il primo esportatore è la Francia, con un prezzo medio in Maggio di 282 $/Ton. Nel Maggio 2021 è aumentato anche l’import cinese di Sorgo (+125,4% in volume), Crusca (+169,3%) e Avena (+174,6%).
SEMI OLEOSI
L’import della Cina di Semi oleosi ha registrato in Maggio un moderato aumento: +2,4% sullo stesso mese dell’anno precedente. L’import di Soia, nello specifico, ha visto un aumento del +2,5%.
Il prezzo medio di importazione della Soia ha registrato in Maggio un rallentamento, posizionandosi a 531 $/Ton (617$/ton dagli Stati Uniti, 529 $/ton dal Brasile).
Le importazioni di carni suine della Cina rimangono su un quadrante positivo nei primi cinque mesi del 2021: +9,5% in volume e +8,8% in valore rispetto allo stesso periodo del 2020. Tuttavia, i dati relativi al mese di Maggio indicano per la prima volta dopo 2 anni una contrazione del 7,2% in quantità rispetto allo stesso mese dello scorso anno.
Import Cina Prosciutti e Spalle congelati+44% Maggio 2021
In un quadro mensile negativo per l’import di carne suina in Cina, cresce invece la voce doganale dei “Prosciutti e spalle congelati”: +44,3% e 111.161 tonnellate ritirate a Maggio. La Spagna è il principale fornitore (share 25%) con un aumento del 121,8%; seguono gli Stati Uniti (share 21%) con un aumento del 45,1% su base tendenziale.
L’Europa si conferma il principale fornitore di Carni fresche, refrigerate e congelate della Cina con oltre 201.000 tonnellate e un incremento del 9,7% rispetto a Maggio 2020. La Spagna, principale fornitore (share 30%), ha incrementato le vendite verso questo Paese del 70,6%; alle spalle si collocano il Brasile, con un aumento verso la Cina del 38,6%, mentre gli USA ed il Canada perdono rispettivamente il 48% e il 30,7% sui volumi commercializzati in Cina nel Maggio 2020.
Bisogna chiedersi se il calo delle importazioni di carne suina e derivati nel mese di Maggio sia solamente una parentesi oppure se, al contrario, sia il segnale – come alcuni sostengono – di un rallentamento delle importazioni che andrà a caratterizzare il secondo semestre dell’anno. Se così fosse, potrebbero risentirne i prezzi dei suini e delle carni suine su scala mondiale, Europa compresa.
L’export di carni suine della UE-27nel periodo Gennaio-Aprile ha raggiunto i 2,3 milioni di tonnellate, il 19,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2020.
La Cina si conferma la principale destinazione con 1,2 milioni di tonnellate e un incremento del 17,6% su base tendenziale. L’area del Sud Est Asiatico con Filippine, Vietnam e Corea del Sud è un interessante mercato di sbocco, così come il Giappone, che ha un tasso di autosufficienza delle carni suine di appena il 48%.
L’export dall’UE verso le Filippine nel primo quadrimestre del 2021 è più che triplicato (+229,3% sullo stesso periodo del 2020) e la diffusione della Peste Suina Africana potrebbe ridurre il tasso di autoapprovvigionamento nel corso di quest’anno, secondo le previsioni USDA.
Export UE Carni fresche, refrigerate o congelate+27% Gen – Apr 2021
A guidare l’export dell’UE-27 sono le “Carni fresche, refrigerate o congelate” (+27%), con la Cina che ha aumentato gli acquisti del 29,6% raggiungendo le 900.000 tonnellate, ed è boom di vendite dall’Unione Europea verso le Filippine (+359%) e Vietnam (+290% su base tendenziale).
La Spagna, principale fornitore della Cina per carni fresche, refrigerate e congelate (share 51%) ha incrementato le vendite verso questo Paese del 97,6%. Nel solo mese di Aprile, nonostante la Cina abbia ridotto le importazioni complessive di carni fresche, refrigerate e congelate dal Mondo del 2,4%, la Spagna ha mantenuto la leadership con un aumento del 43%.
Accelerano anche le esportazioni europee di “Spalle”, di cui il Giappone è la principale destinazione con una quota di mercato del 66% e un aumento degli acquisti quasi triplicato (3.634 tonnellate, +199%).
La produzione italiana di Soia soddisfa solamenteil 32,7% del fabbisogno interno(annata 2019/2020): ne deriva che l’Italia è tra i principali Paesi importatori di Soia nell’Unione Europea.
Nel mese di Marzo 2021 l’import italiano di Soia è aumentato del +43,4% in volume e del +79% in valore. Nel primo trimestre 2021 i principali Paesi fornitori sono stati USA (+36,8%), Canada (+61%) e Brasile (+10%).
La Soia (esclusi i semi) nel mese di Marzo 2021 ha raggiunto il prezzo medio all’import di 437 €/Ton (+27,7% rispetto Marzo 2020), inferiore alla media delle quotazioni di Bologna nello stesso mese (558 €/ton).
Anche per il Mais, l’Italia si posiziona tra i principali importatori a livello Europeo. Nel mese di Marzo 2021 l’import di Mais è aumentato del +18% in volume e di +29% in valore.
Nel
primo trimestre 2021 l’Italia ha intensificato
le proprie importazioni dall’UE-27
(1,2 milioni di tonnellate in totale), ed in particolare dall’Ungheria
(+34,8%), principale fornitore. Di conseguenza, nonostante una minor importazione dall’Ucraina (-40,2%), l’import complessivo del trimestre è
aumentato rispetto all’anno precedente, superando il milione e mezzo di
tonnellate.
In Marzo il prezzo medio del Mais (esclusi i semi) importato dall’Ucraina è stato di 216 €/ton, mentre il prezzo medio del Mais importatodall’Ungheria si attestava a 170 €/ton.
Tali
valori sono inferiori alla media delle quotazioni di Marzo sulla piazza di
Bologna (Granoturco nazionale uso zootecnico 234 €/ton, Granoturco
comunitario uso zootecnico 237 €/ton).
Allevatore Latte e Presidente della rete mondiale delle Indicazioni Geografiche oriGIn Traduzione di Leo Bertozzi
Claude Vermot-Desroches ha condotto un’azienda di vacche da latte in Franche-Comté, di cui ora è titolare la figlia e dal 2002 al 2018 è stato presidente del Comité Interprofessionel Gruyère de Comté, l’organismo di gestione e tutela del maggior formaggio DOP francese, dopo averne guidato la Commissione tecnica dal 1994 al 2002. Attualmente è presidente della rete mondiale delle Indicazioni Geografiche oriGIn, che ha sede a Ginevra, di oriGIn Europa ed oriGIn Francia. Dunque una persona che conosce direttamente la realtà della filiera lattiero-casearia e dei prodotti DOP-IGP anche a livello internazionale.
Ormai, la parola d’ordine è la sostenibilità, durabilité in francese. Affrontare gli ambiti economici, sociali ed ambientali in modo simultaneo e complementare è diventata oggi una necessità.
I prodotti con Indicazione Geografica sono per natura sostenibili
Si tratta di un concetto di cui si parla da una decina d’anni, ma che non è ancora stato intrapreso e sviluppato in modo sistematico. Eppure, tradizionalmente la produzione delle Indicazioni Geografiche (IG) si inseriva appieno negli aspetti di sostenibilità: legame col territorio e fattori locali, leali e costanti, ne sono sempre stati gli elementi distintivi caratterizzanti.
Parafrasando il borghese gentiluomo, la commedia di Molière incentrata sul personaggio di Jourdain, – un arricchito che farebbe di tutto per conquistare la classe aristocratica e per essere accettato da coloro che ne fanno parte in modo da accrescere la propria etichetta di nobiltà – si può dire che mentre adesso tutti cercano di dimostrare la sostenibilità, le IG l’hanno sempre attuata senza saperlo.
In Francia, il mondo agricolo in generale percepisce con un certo malessere le azioni per la sostenibilità, vivendole come una messa in discussione del proprio operato da parte dei movimenti ambientalisti. Inoltre, da qualche anno la sostenibilità è diventata a volte anche uno strumento di marketing per sfruttarne il richiamo. Le IG esulano da tali strategie di opportunismo che le sopravanzano. Debbono comunque rafforzare le loro condizioni di produzione e di commercializzazione per integrare le crescenti preoccupazioni di una produzione in linea con le esigenze attuali.
Riguardo l’aspetto economico delle produzioni, in Francia
esistono delle filiere IG che operano nel concreto la trasparenza collettiva
ed applicano l’equa ripartizione del valore. Esiste anche un quadro
normativo generale per l’equilibrio delle relazioni commerciali nel settore
agricolo ed una alimentazione sana e sostenibile (legge Egalim, 2018), che non
raggiunge però sempre gli scopi annunciati.
Un altro esempio è la nuova etichettatura ambientale degli
alimenti, che risponde alle nuove esigenze della società senza tuttavia
considerare le produzioni DOP ed IGP che hanno insito nel loro fondamento le
esigenze del rispetto ambientale. In questo caso, il soggetto è più
l’etichettatura che non la reale preoccupazione per la tutela dell’ambiente, e
la certificazione ambientale è ritenuta più pregnante piuttosto che l’azione di
operare realmente per la sostenibilità ambientale.
Il Comté DOP limita la produzione latte annua a 4600 litri/ha
Prendendo a riferimento il formaggio Comté, si nota come questa DOP abbia adottato già da tempo delle misure concrete per collegare il prodotto alla zona geografica nel rispetto di una tradizione produttiva di tipo estensivo. È stata così limitata la quantità di latte annuale ad un tetto massimo di 4600 litri ad ettaro e le aziende con una produzione inferiore negli ultimi anni a tale quantità potranno aumentarla al massimo del 10%. Occorre precisare che il massiccio del Giura (catena montuosa calcarea situata a nord delle Alpi, che segna una parte del confine tra Francia e Svizzera) ha differenze altimetriche, climatiche e geologiche che comportano potenzialità produttive dei terreni assai diverse. In un suolo poco profondo difficilmente la produzione foraggera potrà sostenere più di 2000 litri di latte ad ettaro per anno, mentre un suolo profondo nelle zone inferiori può sostenere produzioni anche superiori ai 4 mila litri/ha.
È poi stato scelto di vietare le sostanze OGM, in risposta alle nuove sensibilità, di non raffreddare il latte ma di rinfrescarlo a temperatura di 12°C con l’obbligo di raccoglierlo entro un diametro massimo di 25 km dal caseificio e di lavorarlo ogni giorno. Per rafforzare il carattere artigianale della produzione ed il legame fra prodotto e territorio, si prospettano delle nuove modifiche al disciplinare per limitare la produzione massima per vacca ed il numero di vacche per azienda, per la gestione dell’erba in stalla e l’obbligo di pascolamento mattino e sera. Inoltre, sarà posto un limite anche alla evoluzione dimensionale dei caseifici.
Sotto l’aspetto ambientale e di benessere animale, le vacche
dovranno avere a disposizione 1,3 ettari per capo rispetto all’ettaro attuale,
con una produzione massima di 8500 litri di latte all’anno; la zona di
pascolamento dovrà essere collocata al massimo ad 1,5 km dalla stazione di
munta (esistono stazioni mobili di munta) e le aziende potranno produrre al
massimo 12 mila quintali di latte all’anno.
Onestamente, bisogna però riconoscere che non sempre DOP ed IGP
casearie inseriscono elementi tanto rigorosi nei loro disciplinari produttivi,
così come va anche considerato che i parametri che servono a misurare l’impatto
ambientale delle produzioni non sono sempre adeguati all’allevamento od alla
policoltura, essendo in genere stati approntati per le grandi coltivazioni
vegetali specializzate.
Le certificazioni ambientali rischiano di banalizzare la specificità delle IG
Quindi, occorrerebbe innanzitutto avere un riconoscimento
delle misure di sostenibilità che sono già adottate anziché imporre delle
norme di certificazione che non danno la certezza del risultato e che sono
difficilmente percepibili dal mercato.
In modo generale, possiamo affermare che se in linea di principio
tutte queste iniziative di certificazione ambientale sono positive, esse
rischiano di contribuire o contribuiscono a banalizzare le specificità delle
Indicazioni Geografiche. Di conseguenza ne trarranno beneficio le attività di
comunicazione ed il marketing, anche di produzioni similari, col risultato
della standardizzazione delle produzioni.
Tuttavia, le IG casearie debbono comunque impegnarsi in un concreto e serio lavoro per affermare le modalità di operare dei produttori, il benessere degli animali, il rispetto del territorio da cui provengono le risorse naturali che utilizzano e che rigenerano, affinché venga riconosciuto questo sistema collettivo complesso, piuttosto che subire dei dictat del tutto astratti che un giorno o l’altro saranno rimessi in causa dai consumatori stessi.
Nel periodo Gennaio – Marzo 2021, l’Import della Turchia di Cereali è leggermente rallentato (-3,2%), pur registrando un aumento del 33,2% nel mese di Marzo.
Turchia: Import di Grano Duro +34% Gen – Mar 2021
Il Frumento ha registrato un aumento del +7,1% in quantità e del +20,2% in valore su base tendenziale, ed è il cereale più importato, seguito dal Mais. Direzioni diverse per l’import turco di Grano Duro, (+34,2% nei primi tre mesi del 2021 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno) e di Grano Tenero (-69,7%).
Positive le variazioni per Mais (+0,3%) e Riso (+5,2%). In diminuzione l’import di Crusca (Import dall’Italia -85,5%), Orzo (-28,2%) e altri Cereali (-84,7%).
L’import turco di Cereali proveniente dalla Russia nel primo trimestre del 2021 è aumentato sensibilmente rispetto a Gennaio – Marzo 2020, passando da 1,8 a 2,9 milioni di tonnellate. Situazione opposta per quanto riguarda le importazioni provenienti dall’Unione Europea, in diminuzione del 71,3% rispetto al primo trimestre del 2020.
L’import della Turchia di Semi Oleosi per il periodo Gennaio – Marzo 2021 ha registrato una frenata significativa: -28,7% su base tendenziale. L’import proveniente dalla Russia è diminuito sensibilmente, passando da oltre 421.000 tonnellate dei primi tre mesi del 2020 a circa 27.000 tonnellate nel primo trimestre del 2021.
Molto positive, invece, le importazioni della Turchia di Semi Oleosi provenienti dall’Unione Europea. Nel periodo Gennaio – Marzo 2021, la Turchia ha importato dall’UE (principalmente dalle vicine Romania e Bulgaria) oltre 166.000 tonnellate di Girasole, che rappresentano il 51% delle importazioni complessive di questo prodotto.