Innovazione nella stalla? Il prezzo del latte ci ha fermati
26 Novembre 2015

Toon Hulshof
Lievelde – OLANDA

L'allevatore olandese Toon Hulshof
L’allevatore olandese Toon Hulshof

Azienda Agricola “Melkveebedrijf Hulshof”
236 capi totali, dei quali 113 in lattazione
70 ettari coltivati
Destinazione del latte: burro, formaggio e latte in polvere (FrieslandCampina)

Qual è l’handicap maggiore con cui dovete fare i conti in questa situazione di mercato?

“Non riusciamo a pianificare gli investimenti in azienda. Abbiamo sempre innovato, ma a queste condizioni di mercato abbiamo dovuto fermarci”.

Qual è l’approccio degli allevatori olandesi nei confronti delle energie rinnovabili?

“Guardiamo con estremo interesse il biogas e in passato in molti hanno investito, ma oggi l’energia non è pagata in maniera così conveniente e dunque dobbiamo valutare chi ha interesse a costruire un impianto e per quali aziende, invece, non è redditizio”.

Con 236 capi totali, fai ricorso alla manodopera?

“Sì, abbiamo un dipendente che gestisce la mandria a tempo pieno”.

Quanto vi costa?

“Circa 2,8 centesimi per chilogrammo di latte”.

Conoscevate già i grandi formaggi italiani a pasta dura, Grana Padano e Parmigiano-Reggiano?

“Certamente, ma in Olanda noi li chiamiamo genericamente Parmesan e, normalmente, non rientrano fra i nostri acquisti. Sono molto apprezzati, ma sono appannaggio delle fasce più alte della società. Tutti gli altri mangiano i formaggi olandesi”.

Riesci a gestire il tempo libero?

“È sempre poco, ma mi occupo di politica nel mio comune per il partito Cristiano-Democratico”.

Azienda Agricola "Melkveebedrijf Hulshof"
Azienda Agricola “Melkveebedrijf Hulshof”

Azienda Agricola "Melkveebedrijf Hulshof"

Io, mio padre e 401 capi in stalla: niente manodopera
16 Novembre 2015

Wim Bos
Zuidbroek – OLANDA

Azienda Agricola “Maatschap Bos-Carabain”
401 capi totali, dei quali 210 in lattazione
120 ettari coltivati
Destinazione del latte: Formaggio (FrieslandCampina)

L’allevatore Wim Bos

Wim Bos, la vostra azienda gestisce una mandria numericamente significativa. In quanti lavorate?

“Siamo in due, io e mio padre. Non abbiamo manodopera”.

Come fate?

“Facciamo noi tutto il lavoro nei campi, abbiamo un solo contoterzista per alcune lavorazioni specifiche. In stalla non abbiamo dipendenti, ma un robot con cinque box ed un unico braccio meccanizzato. Mio padre lavora moltissimo”.

E tu?

“Circa 55-60 ore alla settimana”

Hai degli hobby?

“Sì e la mia fortuna è che coincidano con il lavoro in azienda”.

I Paesi Bassi hanno accelerato molto sulla produzione (+4,04% nel periodo gennaio-agosto 2015, secondo i dati Clal). Con i prezzi certo non altissimi, non siete preoccupati?

“I segnali sono di un timido aumento. Come il 70-80% degli allevatori olandesi, noi conferiamo alla cooperativa FrieslandCampina e per il mese di Novembre è stato fissato un prezzo di 29,75 euro per 100 chilogrammi di latte, contro i 29,00 euro del mese precedente. Siamo molto fiduciosi sulla politica di export di FrieslandCampina, che ha individuato l’Asia, la Cina e l’Africa come importanti mercati di crescita”.

Avete visitato allevamenti in Italia. Quali sono le principali differenze rispetto alle aziende agricole olandesi?

“Uno degli aspetti che marcano la differenza è che voi pagate per avere l’acqua, noi paghiamo più o meno la stessa cifra, intorno ai 125 euro per ettaro, per farci togliere l’acqua”.

Azienda Agricola “Maatschap Bos-Carabain”

Le sfide future: vacche che convertono meglio il cibo e che inquinano meno
28 Ottobre 2015

Alberto Cortesi
Roncoferraro loc. Garolda, Mantova – ITALIA

L’allevatore Alberto Cortesi

Allevamento Bugno
400 capi totali | 170 in lattazione
130 ettari coltivati
Destinazione del latte: Grana Padano DOP (Zanetti Spa)

Il futuro del lattiero caseario italiano è in mano alle Dop o ci sono alternative?

“Ci sono alternative. Le Dop fanno da traino, ma tutto il Made in Italy può esportare”.

Cosa significa innovare?

“Vedere cosa chiede il mercato e adeguare i prodotti in base alle richieste dei consumatori. Noi partiamo senz’altro avvantaggiati, perché il Made in Italy ha un valore intrinseco”.

Quali sono i costi che maggiormente incidono nella produzione di latte?

“Il costo alimentare, che incide intorno ai 20 centesimi per litro di latte”.

Quanto pesa la burocrazia per una stalla e dove potrebbe essere attuata una “cura dimagrante”?

“Pesa moltissimo, soprattutto perché non si è mai certi di essere in regola e comunque siamo sempre alle prese con la discrezionalità dei funzionari o nell’incertezza di interpretazioni personali delle norme. Individuare da dove partire con la cura dimagrante è difficile, perché bisognerebbe operare a 360 gradi sulla nostra attività di allevatori”.

Che cosa ammira dei paesi esteri che si definiscono più all’avanguardia sul fronte allevatoriale?

“La capacità di organizzarsi dal punto di vista commerciale, di marketing , di ricerca di nuovi mercati”.

Quanto costa la genomica e che riflessi ha?

“La genomica ha lo stesso costo per gli allevatori di quando c’era solo la genetica senza appunto la genomica. Sono cambiate le opportunità per tutto il sistema allevatoriale, perché la genomica apre prospettive su caratteri dell’animale che non sono solo produttivi. Sono convinto che le sfide future in allevamento riguarderanno la possibilità di avere vacche che convertono meglio il cibo e che inquinano meno”.

Voglia di confrontarsi tra i giovani allevatori
28 Ottobre 2015

Davide Lorenzi
Marmirolo, Mantova – ITALIA

Davide Lorenzi
L’allevatore Davide Lorenzi

Azienda Agricola Loghino Sasso di Davide Lorenzi
150 capi totali | 55 in mungitura.
90 ettari coltivati

Come mai la scelta di coltivare il grano duro?

“Sono in tutto circa 7,5 ettari grano duro. È terreno che non serve direttamente al reimpiego dei prodotti per l’alimentazione dei capi e, al momento della semina, i costi di gestione e i prezzi di mercato del grano duro mi sembravano i più idonei. Inoltre, mi consentiva di cominciare a produrre subito, altrimenti avrei dovuto aspettare la prima coltura successiva, che sarebbe stato il mais”.

Quali sono le voci di costo più importanti in azienda?

“Non abbiamo manodopera esterna, perché in azienda lavoro insieme a mio papà Giorgio. La voce di costo più impegnativa, per me, è l’affitto dei terreni, che sono cresciuti negli ultimi anni”.

Quanto tempo libero ti rimane?

“Non esiste, di fatto. Rimane la sera libera, ma non quando si irriga, perché capita che i turni siano di notte. Bisogna essere fortunati che le proprie passioni siano relative all’azienda”.

Fai parte della Latteria Sociale Mantova. Come vedi il consiglio dei giovani, voluto dai vertici?

“Ne faccio parte e lo trovo molto utile. C’è una forte attenzione alle nuove tecnologie, con uno scambio di opinioni. C’è voglia di crescere e di confrontarsi, anche guardando altri mondi dell’agricoltura, non legati al lattiero caseario. È molto utile e oggetto di dibattito fra i giovani, l’analisi del sito Clal”.

C’è un forte interesse fra i giovani per il settore agricolo. Come mai, però, non c’è effettivo ricambio generazionale?

“L’interesse nei giovani è fortissimo, al punto che anche alcune ragazze si sono fermate nell’azienda dei genitori. Ma non c’è effettivo ricambio generazionale fra i capi azienda sia per paura da parte dei giovani sia perché i senior molto spesso faticano a cedere il posto ai più giovani”.

Azienda Agricola Loghino Sasso di Davide Lorenzi
Azienda Agricola Loghino Sasso di Davide Lorenzi

Il futuro? DOP e innovazione
28 Ottobre 2015

Tiziano Fusar Poli
Cumignano, Cremona – ITALIA

L’allevatore e presidente di Latteria Soresina soc. coop. Tiziano Fusar Poli

Azienda Fusar Poli Tiziano – Pattonieri‎ Rosa
380 capi totali | 150 in lattazione
60 ettari coltivati
Destinazione del latte: Grana Padano DOP, Latte alimentare (Latteria Soresina Soc. Coop.)

Quali sono i costi che maggiormente incidono nella produzione di latte?

“Il primo è il costo alimentare, che è variabile e legato evidentemente all’efficienza produttiva dell’azienda. Un costo come quello alimentare deve essere parametrato al chilo di latte prodotto. Solo così dà la misura reale del suo peso complessivo sul costo di produzione. Un conto è produrre con un costo di 5 euro per ogni 30 chili di latte prodotto, un altro è se i chilogrammi sono 20. C’è una differenza del 30 per cento. Bisogna sempre tenere a mente il livello produttivo”.

Secondo lei l’allevatore medio fa i conti giusti in stalla o no?

“No. Bisognerebbe calcolare, quanto si parla di gestione delle stalla, i costi legati agli ammortamenti delle strutture, gli affitti dei terreni, gli ammortamenti degli impianti, dei macchinari, del terreno, il costo manodopera, compresa quella famigliare. Invece in genere si tende a considerarne solo alcuni e a trascurarne altri. Così il calcolo delle spese diventa fuorviante”.

La strada del latte in Italia è quella delle Dop o esistono alternative?

“Credo che il sistema Italia, proprio perché paga un gap di costi strutturali non imputabili all’efficienza, ma a maggiori costi aziendali, imponga alla filiera di andare su prodotti con valore aggiunto importante e più elevato, come appunto le Dop. Abbiamo la fortuna di partire da un patrimonio di prodotti di questo tipo, che siamo stati bravi a crearci, e dunque la strada non può che essere questa”.

Significa che bisogna aumentare le produzioni Dop?

“Sì. Ma gradualmente. Non possiamo bloccare le produzioni, ma dobbiamo incrementarle in proporzione all’aumento delle quote di mercati che riusciamo a conquistare nel mondo. Il sogno è inserire tutto il latte italiano in prodotti ad alto valore aggiunto, dove chiaramente ci può essere il rischio delle imitazioni, ma più che un rischio è quanto avviene normalmente quando il modello sono prodotti apprezzati e conosciuti. L’importante è che vengano perseguite le frodi, le sofisticazioni, l’utilizzo illegale dei marchi. Ma l’imitazione, purtroppo, non possiamo fermarla”.

Il futuro è la specializzazione e l’alta qualità delle produzioni?

“Sì. Lo confermano i consumatori, che in questi otto anni di crisi sono stati comunque disposti a pagare di più ogni qualvolta hanno percepito il maggior valore sul prodotto. I prodotti premium prize sono incrementati anche a due cifre. Se invece il consumatore non distingue la qualità e pensa di avere a che fare con un prodotto indifferenziato, allora prende quello che costa meno. Il futuro, non dimentichiamolo, è anche servizio e innovazione”.

Che cosa intende per innovazione?

“Significa saper interpretare prima degli altri i piccoli segnali del mercato, i timidi trend per anticipare i bisogni dei consumatori. Negli Usa abbiamo portato con Latteria Soresina il burro senza lattosio, ma potrei fare molti altri esempi”.

Tipo?

“Come Soresina teniamo molto in considerazione l’aspetto ecologico, la sostenibilità. È un valore che il consumatore cerca sempre e riconosce. La nostra realtà cooperativa, pur avendo raddoppiato negli ultimi 10 anni i volumi di latte trasformato, arrivando a lavorare 4,3 milioni di quintali di latte, ha ridotto del 50% utilizzo acqua, del 10% l’utilizzo dell’energia elettrica e del 15% il consumo di metano. Eppure, abbiamo triplicato il fatturato, riuscendo persino a risparmiare ogni anno circa 1,6 milioni di euro. Sono operazioni che il consumatore premia”.

Che cosa ammira della cooperazione estera dei grandi numeri?

“Hanno avuto sicuramente il merito di capire che potevano vincere la battaglia del mercato solo mettendosi insieme. Hanno sentito tale esigenza prima di noi, perché erano nel mercato delle commodities. E in quel mercato o sei leader in termini di costo oppure non riesci a starci. Noi non produciamo commodities, ma l’elemento dell’aggregazione sarà fondamentale, perché i mercati in espansione, a fronte di mercati occidentali maturi, saranno quelli lontani o lontanissimi. E per raggiungerli servono percorsi sicuri e volumi importanti, per garantire la remunerazione”.

Come spiega la grande prudenza delle cooperative all’aggregazione?

“Secondo me è un fatto culturale e di protezione di situazioni di conservazione. È un sentimento che parte da lontano, dalla nostra storia italiana, che è quella di un Paese messo insieme recentemente. Ma bisogna cambiare mentalità. Abbiamo visto cosa è successo in questi ultimi anni, con molti marchi italiani finiti in mano ad aziende straniere. La dimensione è un elemento chiave”.

La sfida è gestire la volatilità dei mercati
28 Ottobre 2015

Nino Andena
Bertonico, Lodi – ITALIA

Nino Andena
L’allevatore Nino Andena

Allevamento Frisia
700 capi totali | 350 in lattazione
170 ettari coltivati
Destinazione del latte: Formaggi DOP e Latte alimentare (Santangiolina Soc. Agr. Coop.)

Nella gestione economica della stalla, qual è l’aspetto più oneroso?

“Sicuramente l’alimentazione, che incide per più della metà dei costi, seguita dalla manodopera”.

Come si può ridurre l’incertezza dei costi alimentari?

“Conoscendo il più possibile i costi in anticipo e programmare gli acquisti di conseguenza”.

In azienda come si comporta: acquisti a medio- lungo termine o al bisogno?

“Dipende. Noi acquistiamo sia materie prime come la soia, il mais, il girasole che mangimi finiti. Se il prezzo di mercato è basso, cerchiamo di sottoscrivere contratti di fornitura per più mesi, se invece i listini sono alti, seguiamo il bollettino del mercato. La sfida per gli allevatori è imparare a gestire la volatilità dei mercati”.

La strada del latte in Italia è quella delle Dop o esistono alternative?

“Le Dop sono il sistema che ci tutela di più, perché esaltano la nostra diversità di produzioni e la tipologia dell’Italia, diversa nelle produzioni dalla montagna alla pianura. Tuttavia, se le Dop forniscono alcune chance in più, non credo che il sistema italiano debba disdegnare i prodotti non Dop”.

Ad esempio?

“Abbiamo perso il primo mercato della mozzarella, nome e prodotto italiano che ci siamo fatti depredare dai competitor mondiali. È un formaggio che potrebbe darci grandi soddisfazioni. Ma oltre a quello, anche su un prodotto di commodities come il latte in polvere potremmo dire la nostra. Il gruppo Ferrero è un esempio: ha deciso di acquistare il latte italiano per la polvere, pagandolo di più. Siccome l’Italia è deficitaria di latte, anche prodotti non esaltanti come sono invece le Dop potrebbero essere nicchie da sfruttare”.

Emerge l’esigenza di un polverizzatore in Italia?

“Secondo me sì. Mi riferisco a impianti gestiti dai produttori italiani attraverso cooperative o Aop, in collaborazione con i consorzi di tutela”.

Allevamento Frisia - Bertonico, Lodi
Allevamento Frisia – Bertonico, Lodi

Facciamo massa critica per aggredire i mercati
28 Ottobre 2015

Stefano Pernigotti
Soave di Porto Mantovano, Mantova – ITALIA

L’allevatore Stefano Pernigotti

Azienda Pernigotti SS
450 capi totali | 220 in lattazione
200 ettari coltivati
Destinazione del latte: Grana Padano DOP (Latteria Sociale Mantova Soc. Agr. Coop.)

Il futuro del lattiero caseario italiano è legato alle Dop oppure ci sono anche altre strade?

“Le Dop sono una bella motrice, ma credo che il mercato non possa essere legato solo alle Dop, perché non assorbono abbastanza latte. Non possiamo dimenticare che l’Italia importa il 40% in equivalente latte. Ecco, se riuscissimo a fare sistema più di quanto non si riesca a fare mediamente in Italia, potremmo trasformare più latte in formaggi Dop e fare sì che le denominazioni d’origine diventino ancora di più la forza trainante del sistema lattiero caseario italiano. Anche se dobbiamo tenere a mente che l’Italia deve fare i conti con i trend europei e mondiali del prezzo del latte”.

Come mai in Italia non si fa sufficientemente sistema?

“Non c’è la cultura di un sistema allargato. Ognuno cura il proprio orticello, mentre forse dovremmo guardare di più ai sistemi internazionali. Senza copiarli per forza, ma prendere spunto da ciò che è positivo sì. Per stare sul mercato oggi è inevitabile lavorare insieme”.

Lei è presidente della Latteria Sociale Mantova, che esporta in più di 60 Paesi. Qual è il problema più frequente che incontrate quando andate all’estero?

“Far conoscre i nostri prodotti, e le Dop in particolare, nel mondo. Non parlo tanto dei Paesi che hanno consumi alimentari simili ai nostri, dove il formaggio è conosciuto, quanto di realtà come Cina e Giappone, dove il formaggio non fa parte della dieta alimentare abituale”.

Con l’embargo avete per ora perso il mercato russo. Dove state puntando?

“Esportiamo come dicevo in oltre 60 Paesi. Ma abbiamo iniziato a rapportarci con l’Africa. Ci vuole tempo, ma prevediamo una crescita”.

Quali sono gli elementi chiave per una stalla efficiente?

“Dando per assodato che le strutture siano efficienti, la leva è il management. Curare la fertilità, la produttività, il benessere sono passaggi intersecati con una valenza importante sul ciclo della produzione. Una stalla efficiente deve ottimizzare tutti i passaggi”.

Che cosa significa innovare nella stalla e in cooperativa?

“In stalla significa stare attenti alle nuove tecnologie, compatibilmente col fatto che l’azienda possa dotarsene, in seguito a un’assodata capacità finanziaria. Innovare significa anche avere sotto controllo i costi e i dati per una corretta gestione della mandria.

Innovare in cooperativa, invece, significa presentarsi sempre più sul mercato direttamente, pensando essenzialmente ai mercati internazionali. Per fare questo l’innovazione deve andare oltre agli impianti e ai macchinari all’avanguardia, non solo per la trasformazione del latte, ma anche per il confezionamento. Serve un cambio di mentalità, per fare massa critica e aggredire i mercati”.

Azienda Pernigotti SS

Dare valore aggiunto al prodotto ottenuto con il latte
27 Ottobre 2015

Giovanni Guarneri
Loc. Montanara, Vescovato, Cremona – ITALIA

L’ allevatore Giovanni Guarneri (PLAC – Cremona)

Azienda Agricola Guarneri
600 capi totali | 280 in lattazione
200 ettari coltivati
Destinazione del latte: Grana Padano DOP e Provolone Valpadana DOP (Latteria PLAC – Cremona)

Il futuro del lattiero caseario italiano è in mano alle Dop?

“Sì. Le Dop garantiscono un legame con il territorio e hanno bisogno non solo di latte nazionale, ma di aree geografiche ben precise e vocate, che rispecchiano la coerenza con il proprio marchio. E, al di là delle iniziative private che vengono portate avanti nei consorzi, c’è un contesto normativo che le tutela. Sono brand a tutti gli effetti, con risvolti commerciali legati ai brand noti, che danno senso di sicurezza al consumatore. Questo permette di creare valore aggiunto e lo trasferiscono ai produttori di latte. Le dop potranno permettere al latte italiano di avere un margine superiore rispetto al mercato mondiale”.

Non si può valorizzare anche il latte fresco?

“Certamente, ma mentre il latte fresco italiano può essere valorizzato solamente sul mercato interno, per questioni logistiche, la trasformazione nelle grandi Dop permettono di raggiungere i mercati esteri”.

La fine delle quote latte che opportunità apre a produttori e cooperative?

“La fine delle quote mette fine a un processo già in corso da un po’, legato all’impostazione del commercio estero. Il mercato si è liberalizzato e adesso è ancora un po’ più libero, omogeneizzato in tutto il mondo. A cambiare, da un paese all’altro, sono i costi di produzione, dall’India al Giappone. Inoltre, cambiano le strutture aziendali: ci sono stalle con pochissimi capi e stalle giganti, allevamenti con molta terra e con poca terra. In questo contesto, lo snodo è riuscire a dare valore aggiunto al prodotto ottenuto con il latte. E le soluzioni saranno molteplici, da chi sceglie di vendere una busta di latte a chi trasforma in Dop, a chi sceglierà le nicchie di lusso. In ogni caso sarà il valore del prodotto finito e non del latte che dirà se la zona geografica avrà futuro o no”.

Serve un polverizzatore in Italia?

“No, non serve. Tutte le volte che parliamo di impianti complessi abbiamo la necessità di farli funzionare sempre e non al bisogno, per i costi di struttura. Il polverizzatore va bene dove c’è un’economia che sopporta bene prezzi di mercato del latte a 22-23 centesimi, non in Italia”.

Una delle sfide del mercato è l’incremento dell’export. Quali sono le esigenze del sistema lattiero caseario?

“È necessario avere dei portafogli prodotti particolarmente ampi, perché ormai non si esporta più un solo prodotto in un solo formato. Questo impone di avere strutture organizzative adeguate in termini di portafoglio, di certificazioni e di qualità, perché non si possono garantire rientri di prodotto dall’estero. Avrebbero costi eccessivi. Serve inoltre una capacità logistica adeguata e compiere un passo in avanti sul piano evolutivo e dimensionale. Questo è l’elemento più difficile”.

Come spiega la prudenza delle cooperative all’aggregazione?

“Perché i processi di aggregazione si compiono in due modi: o per necessità palese di una delle due parti, oppure per un progetto strategico condiviso. La prima ipotesi è quella constatata in vari casi e vale sia per le cooperative che per le società di capitali. Negli altri casi serve un affiancamento tra le identità delle imprese, che va legata alla necessità di affrontare il mercato estero. Compendiare le forti identità è la sfida sul tavolo”.

Azienda Agricola Guarneri