Il benchmarking per l’analisi competitiva dell’azienda
2 Marzo 2018

Per migliorare l’efficacia della gestione aziendale, diventa necessario prestare grande attenzione alla metodica registrazione dei dati ed alla loro comparazione con gli indici di competitività, applicando la tecnica manageriale del benchmarking.

Si tratta del processo sistematico e continuo per la comparazione delle performance aziendali, allo scopo non solo di raggiungerne la media, ma di superarla. In Canada è stato dimostrato come i produttori che usano questa tecnica di comparazione delle performance hanno delle produzioni più alte e dunque un aumento delle redditività.

Canada: +11% nel peso dei vitelli allo svezzamento per chi utilizza il benchmarking

Ad esempio, i produttori che usano il benchmarking hanno avuto vitelli allo svezzamento con un peso dell’11% più elevato rispetto a quanti non lo usano. In termini monetari, per una mandria di 100 vacche, questo si traduce in un maggior guadagno di 13.200 dollari canadesi all’anno (circa 8432 €).  

Resta il fatto che uno dei maggiori problemi per gli allevatori è reperire, comprendere ed utilizzare i dati che determinano le spese e le entrate della loro azienda. Occorre dedicare del tempo a queste analisi che, se non vengono fatte direttamente, dovrebbero essere comunque eseguite con le indicazioni fornite dall’allevatore, secondo le sue necessità.

Reperire e registrare in modo meticoloso i dati diventa essenziale per capire il reale stato di salute finanziario dell’attività imprenditoriale e dunque per effettuare le migliori scelte manageriali. Per questo occorre identificare le informazioni che servono e catalogarle in funzione dei propri obiettivi.

TESEO – S/STEMA STALLA: Confronta le performance della tua Stalla!

Fonte: BCRC

La rivoluzione per le macchine agricole nei prossimi anni
12 Febbraio 2018

I sistemi produttivi nei prossimi anni saranno caratterizzati da bruschi cambiamenti derivanti dalla necessità di produrre maggiori quantità di alimenti con minori consumi energetici e meno emissioni, facendo fronte ai cambiamenti climatici. Le macchine agricole dovranno dunque avere una maggiore capacità operativa con meno ore/uomo per ettaro, operare con precisione rispetto alle caratteristiche di suolo, coltivazioni, patogeni, utilizzare nuove tecnologie e materiali costruttivi.

La maggiore evoluzione sarà in elettronica, connettività, robotizzazione, poi nei sensori capaci di rilevare oggetti, piante, evapotraspirazione reale e potenziale, umidità e fertilità del suolo, variabili climatiche (umidità dell’aria, vento, pioggia), ma anche uniformità e profondità di semina, così come i livelli ormonali dei frutti per raccoglierli al giusto grado di maturazione.

Saranno poi sempre più presenti droni, satelliti ad alta risoluzione spaziale e temporale, nanosatelliti, per identificare la presenza di patogeni ed infestanti e dunque intervenire in tempo reale con trattamenti mirati.

Tali sensori permetteranno di raccogliere una mole di dati che verrà elaborata dal software installato sulla macchina operatrice o nella web cloud in modo da costituire vere e proprie banche dati di informazioni agronomche utili per elaborare delle diagnosi che modifichino in tempo reale il comportamento operativo delle macchine.

I motori a combustione interna a gasolio, biocarburanti, idrogeno, avranno minori potenze perché, come avviene nella tecnologia della F1, potranno alimentare motori elettrici e pompe idrauliche che trasmetteranno il movimento riducendo il numero di ingranaggi, pulegge, catene, cinghie, grazie ai sistemi di cavi intelligenti quali can bus (controller area network), autoguidati ed autoregolabili.

Ci saranno meno macchine per ettaro ma con maggior capacità operativa e minor dispendio energetico per accrescere la quantità di biomassa. Quella destinata alla trasformazione in proteine animali (carne, uova, latte) entrerà a far parte di processi integrati con i successivi processi di produzione alimentare che metteranno in circolo le bioenergie e le energie rinnovabili nel contesto delle buone pratiche agonomiche, zootecniche e di trasformazione industriale

TESEO – Consulta le ultime quotazioni del Mercato Agricolo e dei Concimi

Fonte:  Red Agricultura de Precisión

La rivoluzione dei droni
28 Novembre 2017

I droni possono cambiare l’agricoltura e l’allevamento. Permettono di lavorare meglio ed in minor tempo, di operare su grandi superfici senza interferire con le culture o gli allevamenti. Dunque i droni possono rivoluzionare coltivazioni ed allevamento.

I droni possono rivoluzionare coltivazioni ed allevamento.

Innanzitutto possono prendere centinaia o migliaia di immagini che permettono di verificare minuziosamente le coltivazioni ed il terreno con l’uso di un computer in modo molto più preciso e frequente che non andando direttamente sul campo. La possibilità di filtrare le immagini con la visione all’infrarosso (NIR) permette di verificare precocemente l’insorgere di fitopatologie, insetti e funghi, invisibili ad occhio nudo.

Oltre che la visione dall’alto, è possibile vedere il terreno ad una distanza anche di 50 cm il che permette di definire con precisione la quantità di fertilizzanti od insetticidi da somministrare. I droni poi rendono evidente la conformità del terreno, pendenze, drenaggio e zone di ristagno d’acqua attraverso le camere fotografiche termiche.

Esistono poi vantaggi anche per l’allevamento: le immagini dei droni possono rendere evidenti animali con patologie ed in stato febbricitante; è possibile monitorare lo stato dei fabbricati e delle attrezzature. Infine, i droni rendono possibile determinare con precisione i danni atmosferici, es da grandinate, in modo sistematico su ogni frazione aziendale.

Per questo i droni possono essere definiti i nuovi trattori del cielo

Acqua&Energia : focus sull’irrigazione di precisione

Fonte: Botlink

Ammodernare la sala di mungitura è un sistema superato [intervista]
6 Settembre 2017

Luca Perletti
Gorlago, Bergamo – ITALIA

L’allevatore Luca Perletti

Azienda Agricola Perletti.
Capi allevati: 400 | 180 in lattazione.
Ettari coltivati: 100.
Destinazione del latte: Mozzarella di Seriate (stabilimento Preziosa), yogurt, latte-dessert e ricotta (caseificio aziendale).

Un milione di euro investiti negli ultimi anni per avere una stalla di ultima generazione (è la “Stalla etica” di Rota Guido), robot di mungitura, un caseificio aziendale per produrre yogurt, latte-dessert e ricotta. Tantissimo lavoro e un’attenzione maniacale al benessere animale (“un animale sano produce di più e costa meno”) e ai conti aziendali, per avere il bilancio dettagliato delle attività, dei costi e dei ricavi, che illustrano nell’intervista.

È questa la filosofia di Luca Perletti, 30 anni, che insieme al padre Antonio, allo zio Bortolo, al cugino Matteo e alla sorella Elisa conduce un’azienda agricola all’avanguardia a Gorlago (Bergamo): 100 ettari e una mandria di 400 capi totali, dei quali 180 in lattazione. La produzione annuale di latte si aggira sui 2 milioni di litri, al 3,75% di grasso e al 3,25% di proteine, con 130 cellule somatiche e 4.000 di carica batterica.

Luca Perletti, quando è iniziata l’avventura in agricoltura?

40% della spesa a fondo perduto, grazie al Psr lombardo

Poco più di due anni fa io e mio cugino Matteo siamo subentrati ai nostri genitori nella conduzione. Abbiamo pensato di cambiare approccio produttivo e costruire una stalla che mettesse al centro il benessere degli animali e di chi ci lavorava. È così che abbiamo deciso di investire in una nuova stalla, realizzata con Rota Guido, e grazie ai finanziamenti del Psr della Lombardia per i giovani, che ci ha permesso di ottenere il 40% della spesa a fondo perduto”.

Che cosa significa per voi benessere animale?

+15% produzione per vacca

 

+25% latte di massa prodotto

Significa poter contare su una mandria che sta meglio, che produce di più e che, di conseguenza, costa meno all’azienda. Con la nuova stalla, che abbiamo costruito a partire dal 2015 e che abbiamo inaugurato a gennaio dello scorso anno, abbiamo registrato un notevole miglioramento riproduttivo e delle performance in fase di lattazione. Le produzioni sono aumentate del 15% per ciascuna vacca e del 25% nel latte di massa. Questo ci ha permesso di aumentare il numero degli animali, passando con la rimonta interna da 140 a 180 capi in mungitura, nel giro di un anno. La stalla e le nuove strutture dovremmo, in questo modo, ammortizzarle nel giro di 7-8 anni”.

Quando avete costruito la stalla avevate già un modello in testa?

No. Abbiamo visitato aziende in Spagna e nel Nord Europa. La nuova struttura che abbiamo realizzato non ha pareti di contenimento, ha un sistema automatizzato di pulizia con raschiatori, che passano 12 volte al giorno e un sistema di raffrescamento che combina ventilazione e docce, grazie a un programma che misura il THI (il rapporto temperatura/umidità, ndr) e regola l’intensità della ventilazione. Inoltre, al posto della tradizionale sala di mungitura abbiamo installato tre robot, che gestiscono 60 capi ciascuno”.

È stato complesso abituare la mandria ai robot?

Non particolarmente, ma è un lavoro costante. Nel giro di un mese e mezzo dal funzionamento dei robot circa l’80% degli animali entrava da solo, invogliato anche dalla presenza della razione alimentare. È stato comunque un lavoro lungo sei mesi e ancora adesso circa l’8-10% delle vacche non entrano da sole. Abbiamo comunque un dipendente, che gestisce la stalla e i vitelli e che si occupa delle bovine più refrattarie al robot”.

A chi vendete il latte?

Allo stabilimento Preziosa, per la produzione di Mozzarella di Seriate”.

Avete anche un caseificio aziendale. Cosa producete?

Trasformiamo il 5% della nostra produzione lattiera in yogurt cremoso e da bere, dessert come panne cotte, budini e creme-caramel, ricotte, ma anche latte fresco e pastorizzato per bar e gelaterie”.

Qual è il guadagno rispetto alla vendita all’industria?

È di almeno il 300% in più. Quest’anno abbiamo raddoppiato le macchine per la produzione e acquistato un furgone per le consegne. L’anno prossimo, se continua così, aumenteremo i volumi di latte lavorato”.

Coltivate 100 ettari. Come?

Seminiamo medica, fieno maggengo, loietto, mais e frumento da insilare. Insiliamo anche il primo e l’ultimo taglio di erba medica e, normalmente, facciamo sempre quattro o cinque tagli. Quest’anno abbiamo deciso di modificare e aumentare la produzione di proteina data dalla medica, riducendo le proteine derivanti dalla soia”.

Perché?

Per noi la medica è l’ideale, facciamo sempre 4-5 tagli all’anno. Diminuiremo il mais, destinato solo a terreni in grado di garantire una resa maggiore. Aumenteremo i cereali da sorgo e il frumento, per avere più fibra. Continueremo ad acquistare farina di mais, soia e integratori”.

Avete una gestione dei conti?

35cent/litro il nostro breaking point

Sì, facciamo sempre i bilanci interni, tenendo conto di tutti gli ammortamenti, delle assicurazioni e delle spese che normalmente gli agricoltori si dimenticano di contabilizzare. Noi abbiamo un costo alimentare per ogni litro di latte prodotto di 16 centesimi: questa è la base di partenza. Ma considerando gli investimenti, le spese di campagna, la manutenzione, abbiamo un costo di 42 centesimi per litro prodotto, Iva inclusa. Il nostro ritorno è di 45-46 centesimi, Iva e premi inclusi, comprensivi della vendita dei vitelli e delle bovine ai macelli. Quest’anno avremo margini più alti, visto che il prezzo è passato da 33 a 38 centesimi al litro. In ogni caso il nostro breaking point è indicativamente intorno ai 35 centesimi al litro, più Iva e premi qualità”.

Fra le innovazioni mirate alla sostenibilità, avete pensato all’irrigazione a pioggia?

No. Siamo in una zona in cui non c’è molta disponibilità di acqua, ma finora non ho preso in considerazione i sistemi di irrigazione a goccia, almeno sul mais. Non sono convinto dei costi, li trovo elevati, ma sicuramente in futuro valuteremo attentamente questo investimento, perché siamo molto sensibili alla sostenibilità delle nostre produzioni”.

State pensando al business delle rinnovabili?

Sì, abbiamo intenzione di realizzare impianto di biogas da 100 kw, che produce energia per l’80-85% grazie ai reflui aziendali e scarti. Per il restante 15% dell’alimentazione del digestore pensavamo di utilizzare il canneto (arundo donax padano), perché a parità di metri quadrati di terreno utilizzato, produce il doppio di fibra rispetto al mais. È un foraggio non idoneo al consumo umano, ma che serve solo per le energie rinnovabili. Abbiamo calcolato che servono circa 30-40mila euro di spesa per produrre 20 kilowatt di energia. Costa di fatto solamente la prima semina, perché poi quando le radici raggiungono la falda acquifera nel terreno la coltura diventa autosufficiente sul piano idrico e non ha costi di pesticidi o fertilizzanti”.

Vi conviene coltivare direttamente la terra? In Olanda gli allevatori si servono per le lavorazioni in campagna di contoterzisti, ai quali affidano per intero la gestione dei campi.

In verità io sono convinto che sia più vantaggioso affidare la campagna ai contoterzisti. Credo che costerebbe di meno rispetto alla gestione diretta. Dobbiamo affrontare in azienda questo aspetto, perché non è solamente una questione di costi, ma è anche un cambio di mentalità radicale. Valuteremo di certo entrambi i percorsi”.

Quali altri investimenti avete in programma?

Attendiamo il completo ammortamento del carro unifeed, poi ne acquisteremo uno auto-semovente, per completare il percorso nell’ambito della zootecnia di precisione”.

Che consigli ti senti di dare, da giovane, ai tuoi colleghi coetanei?

Dico loro di non pensare nemmeno a realizzare o ad ammodernare una sala di mungitura: è un sistema passato. Molto meglio il robot, che è un modello di gestione totalmente diverso. Certo, serve una mente aperta, ma non è difficile adattarsi al robot e apprezzarne i vantaggi, soprattutto legati al benessere animale. Riuscire a produrre latte in modo sostenibile e secondo elevati standard di benessere corrisponde agli standard che i consumatori oggi richiedono”.

Che cosa fai nel tempo libero?

Amo leggere e faccio molto sport, in particolare arti marziali come Muay Thai e Calisthenics”.

 

Azienda Agricola Perletti

 

Acqua, aria, terra e fuoco: la stalla etica
11 Luglio 2017

Se allevare bene è anche una questione di filosofia, allora non stupisce che la stalla etica progettata da Rota Guido sposi i quattro elementi dei filosofi presocratici: acqua, aria, terra e fuoco (quest’ultimo sostituito dal sole, sia come fonte di calore che come fonte di luce).
Tutto questo per raggiungere un equilibrio e massimizzare i risultati nell’ottica del benessere animale, dell’economia e dell’ambiente. In una parola cara a TESEO: sostenibilità.

Animali, alimentazione e ambiente condizionano il risultato economico dell’allevamento.

Animali, alimentazione e ambiente, con l’ultimo parametro assimilato al luogo e alle condizioni in cui vivono gli animali in stalla, condizionano il risultato economico dell’allevamento. Ne è convinta l’azienda Rota Guido, che proprio sulla stalla etica ha lanciato una campagna diretta agli allevatori.

Quali sono i punti chiave?
La stalla etica dovrà garantire:

  • il miglior livello igienico sanitario,
  • ideali condizioni di benessere animale,
  • ottimali condizioni microclimatiche e di qualità dell’aria,
  • facile organizzazione del lavoro e delle operazioni di governo e di controllo,
  • sostenibilità ambientale ed economica.

La stabulazione deve essere libera

Sul piano della logistica la stabulazione deve essere assolutamente libera, con aree separate nella corsia di foraggiamento, nella corsia di alimentazione, grazie a zone di riposo coperte e a paddock completamente o parzialmente scoperti.

Anche la sala di mungitura dovrà essere collocata nella posizione ideale, cioè più facile da raggiungere per le bovine attraverso un percorso diretto e facile da percorrere. Questo significa, ad esempio, che il robot di mungitura dovrà essere posto al centro della stalla, mentre una sala di mungitura tradizionale dovrà essere addossata a uno dei due lati più corti della struttura.

Rota Guido – Estratto dal video “La Stalla Etica”

Adiacente alla zona di mungitura saranno presenti vasche di abbeveraggio con sistemi per un veloce riempimento, una facile pulizia, un controllo di temperatura dell’acqua.

Ventilazione e sistema di bagnatura dovranno essere funzionanti nelle ore più calde della giornata, quando le temperature possono stressare gli animali.

I bovini scelgono dove riposare.

Libertà e benessere animale significano anche che i bovini hanno la possibilità di scegliere in quale area della stalla andare a riposare. La zona di riposo per gli animali può essere classificata come una superficie di 15-20 m² per capo, con compost barn (lettiera permanente che, opportunamente gestita e arieggiata con erpice, mantiene attiva un processo di fermentazione è aerobica).

Un sistema di copertura regolabile della struttura consentirà una variazione del rapporto fra superficie coperta e scoperta fino al 50 per cento. Quali sono i vantaggi? In estate l’aumento della ventilazione naturale, con un notevole effetto di raffrescamento nel periodo notturno e la possibilità di ombreggiamento totale durante la giornata.
Nel periodo invernale, invece, la possibilità sarà quella di sfruttare l’irraggiamento solare, con un notevole miglioramento delle condizioni igieniche dell’ambiente e delle lettiere e un benefico effetto diretto sugli animali.

Biogas e raccolta del digestato

Biogas e impianto di raccolta del digestato, ai fini dell’utilizzo agronomico, sono i naturali corollari della stalla ideale. La corretta gestione delle deiezioni zootecniche, infatti, prevede trattamenti mirati a governare la gestione operativa e ottimizzare anche il loro valore organico ed economico.

Una stalla etica, in grado di produrre latte etico. Molto più che un semplice ideale.

Rota Guido -
LA STALLA IDEALE_Intervento
Rota Guido - "La Stalla Ideale"
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Il biologico è come rinascere [intervista]
5 Luglio 2017

Guido Coda Zabetta
Castellengo di Cossato, Biella – ITALIA

L’allevatore Guido Coda Zabetta

Azienda Agricola Coda Zabetta Guido.
Capi allevati: 200.
Ettari coltivati: 60.
Destinazione del latte: mozzarelle, burrate e formaggi freschi (caseificio Pugliese).

“Il biologico è come rinascere un’altra volta: tutto quello che hai imparato lo devi dimenticare. È una scelta particolare ed è come un abito su misura. Questo significa che prima di iniziare a produrre devi avere già un contratto in tasca. Non si deve commettere l’errore in cui cadono spesso gli allevatori, che pensano solo a produrre e mai a vendere”.
Parola di Guido Coda Zabetta, allevatore 48enne di Castellengo di Cossato (Biella), dove conduce un’azienda agricola di 60 ettari e alleva 200 bovine di razza Bruna (70%) e Frisona (30%). Ad aiutarlo le sorelle Emiliana e Franca e da un anno anche il nipote Francesco Demontagu.

Coda Zabetta, quando ha deciso di passare al biologico?

“Un anno fa, perché con la crisi di mercato che c’era non saremmo sopravvissuti. La leva è stata l’aspetto economico, senza dubbio. Si è aperto un mondo nuovo e oggi vendiamo il latte a 16 centesimi al litro in più rispetto al convenzionale, oltre al premio qualità”.

Che cosa è cambiato?

“Tutto. È un modo completamente diverso di fare agricoltura. È una sorta di ritorno alle origini, perché è evidente che non abbiamo inventato nulla: abbiamo ripreso a fare agricoltura come i nostri nonni con l’aiuto della tecnologia e della meccanizzazione. Ma il biologico risponde anche alle esigenze dei consumatori, che pretendono una maggiore sostenibilità delle produzioni e una grande attenzione all’impatto ambientale dell’allevamento. Negli anni scorsi abbiamo fatto anche investimenti sulle rinnovabili, installando un impianto fotovoltaico da 150kw per autoconsumo”.

Che percorso ha dovuto seguire per la conversione?

“Il percorso di conversione è durato un anno complessivamente, nella sua formula semplificata, ma è la parte più dura, perché devi comprare prodotti bio, mentre vendi il latte ancora come convenzionale. Sono sei mesi durissimi, ma servono per entrare nella nuova fase, che è una filosofia di vita completamente diversa. E capisci che il rischio è che l’agricoltura diventi schiava della chimica”.

Che cosa ha dovuto cambiare?

“Se guardiamo agli aspetti colturali, i 60 ettari che conduco, oltre a 30 ettari in asservimento per gli smaltimenti, sono ora soggetti a una rotazione differente, perché una coltura non può tornare prima di due cicli non consecutivi, inframmezzati cioè da una coltura da rinnovo. Comunque nei campi ci sono: mais, sorgo, erba medica, prato e frumento da foraggio. In precedenza non coltivavo il sorgo, ora sì”.

Alleva 200 capi: come mai il 70% di Bruna?

“È un retaggio dell’alpeggio, praticato fino al 1988 e poi abbandonato. Ma la composizione della mandria non è mutata”.

Che differenze produttive ci sono?

“In base ai dati dell’Apa nel 2016 abbiamo prodotto 117 quintali di latte per capo di Frisona e 104 per capo di razza Bruna, che però evidenzia titoli più alti e la maggiore qualità è certificata dalle percentuali di proteina: 74% per la Frisona e 78-79% per la Bruna. Con il biologico diminuiscono i titoli di grasso e proteine.

A chi conferisce il latte?

“Al caseificio Pugliese, per la produzione di mozzarelle, burrate e formaggi freschi”.

Qual è il guadagno?

“Intorno a un euro per capo al giorno, se teniamo conto del prezzo di conferimento del latte, come già detto di 16 centesimi in più al litro, oltre al premio qualità, in più del latte convenzionale. Considerata una produzione media per capo scesa del 10% e oggi intorno ai 30 litri, parliamo di 4,50 euro in più. Abbiamo costi di produzione superiori per 2,50 euro, ma i vantaggi che abbiamo riscontrato passando al biologico hanno riguardato anche la totale scomparsa di problemi ai piedi delle bovine e pur non utilizzando il post-dipping in fase di mungitura, le cellule somatiche sono stabili”.

È cambiata la durata del contratto, vero?

“Sì. Oggi il contratto è annuale e con un prezzo fisso. Prima, invece, avevamo contratti più brevi e con un valore legato a indici non controllabili, con il risultato di non sapere mai cosa si andava a realizzare”.

È soddisfatto del biologico?

“Sì, credo che sia una delle soluzioni per il Made in Italy. Produciamo beni di lusso, almeno come immagine, dobbiamo proseguire su questa linea, con prodotti riconoscibili che possono essere i formaggi DOP o il biologico. Deve vincere l’alta qualità, altrimenti non riusciremo a competere con gli altri paesi”.

Quali sono stati gli investimenti necessari?

“Oltre all’acquisto di prodotti durante il periodo di conversione le attrezzature per operazioni in campo, per sopperire all’uso della chimica come la sarchiatura. In futuro mi piacerebbe investire sui sistemi per l’agricoltura di precisione, dalla mappatura alla guida satellitare. Il futuro è lì, a prescindere dal fatto che l’azienda sia o meno biologica, ma la sostenibilità è importante”.

Quanto è importante, secondo lei, la tecnologia?

“Sarà il futuro. È importantissima, democratica, sarebbe il più grande investimento realizzabile per gli allevatori, con un ritorno molto più rapido che non altri tipi di investimenti, come ad esempio raddoppiare la stalla. Gestiremo le aziende, la stalla, le risorse idriche, le macchine attraverso il cloud, anche dal telefonino. Con l’irrigazione siamo fermi a Cavour, dobbiamo innovare”.

Se dovesse consigliare a un collega allevatore di passare al bio, cosa direbbe?

“Nell’allevamento biologico il più grande problema è legato alla disponibilità di terreno. C’è il vincolo delle 2 uba/ettaro, in Lombardia, nelle province dove si produce più latte tra Mantova, Brescia, Cremona e Lodi, spesso questo rapporto non è rispettato. Serve quindi terreno, altrimenti il biologico non è economicamente sostenibile. Sarebbe impensabile affittarlo a prezzi elevati. E poi consiglierei di abituarsi a programmare e organizzare l’azienda attraverso piani annuali o pluriennali, cosa che un agricoltore convenzionale non sempre fa”.

 

L’Azienda Agricola Coda Zabetta Guido
L’allevatore Guido Coda Zabetta presso la sua Azienda Agricola.

 

Innoviamo per ridurre i costi e risparmiare risorse
30 Maggio 2017

Manuel Lugli
Porto Mantovano, Mantova – ITALIA

L’allevatore Manuel Lugli

Società Agricola Fondo Spinosa.
Capi allevati: 550 vacche in mungitura, 800 vitelloni da carne.
Ettari coltivati 420.
Destinazione del latte: Grana Padano (Latteria Sociale Mantova).

“La zootecnia è stata ferma per millenni, ma negli ultimi 15 anni ha cambiato il proprio modo di essere, grazie alle tecnologie. Come azienda agricola noi abbiamo scelto di crescere attraverso un percorso di innovazione costante che ci ha portato a investire alcuni milioni di euro.”

A dirlo è Manuel Lugli, ultima generazione di una famiglia agricola che ha saputo portare la società agricola Fondo Spinosa di Porto Mantovano (Mantova) a un alto livello di automazione, grazie a una politica orientata verso la multifunzionalità aziendale.

Produzione di latte, di carne bovina, energie da fonti rinnovabili incrociano le proprie dinamiche con la precision farming: agricoltura di precisione applicata insieme alla zootecnia di precisione. Tanto che, complice anche la vicinanza al capoluogo virgiliano e al fatto di essere una realtà significativa anche dal punto di vista artistico (la corte nasce da un progetto di Giulio Romano), è stata una delle realtà visitabili durante la prima edizione del Food & Science Festival di Mantova.

I numeri: 420 ettari coltivati 550 vacche in lattazione, che diventeranno 700 tra pochi mesi, quasi altrettante in rimonta e 800 vitelloni da carne. Il latte prodotto (55.000 quintali consegnati nel 2016) è conferito alla Latteria Sociale Mantova, per la produzione di Grana Padano.

Una realtà importante, con sei titolari e 10 dipendenti. “Abbiamo rilevato l’azienda nel 1991 e siamo partiti con circa 80 vacche in lattazione. La prima stalla costruita per la mandria da latte è del 2003. Progressivamente, abbiamo costruito un impianto di biogas da 250 kW, compatibile con la gestione dei reflui zootecnici aziendali; successivamente, abbiamo investito per un impianto fotovoltaico da 508 kW e così abbiamo fatto a mano a mano che l’azienda cresceva, realizzando anche un essiccatoio per i cereali e il foraggio”.

Dal punto di vista energetico siete autosufficienti?
“Non ancora, Riusciamo a utilizzare dal 30 al 40% dell’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico, mentre l’energia da biogas deve essere messa in rete”.

Quali sono stati gli ultimi investimenti in azienda?
“Abbiamo terminato la realizzazione di una stalla da vacche in latte con cinque robot di mungitura e a breve realizzeremo una stalla destinata alla rimonta, che sarà al servizio della struttura che abbiamo appena ultimato”.

Avete investito molto sulle rinnovabili. Siete contenti?
“Sì, non abbiamo ceduto al vortice speculativo e, anziché puntare a un impianto di biogas da 1 megawatt, ci siamo limitati a 250 kW, che, come dicevo prima, consente di impiegare al meglio i reflui zootecnici prodotti in azienda senza usare silomais. Una considerazione analoga può essere fatta per l’impianto fotovoltaico”.

Quali sono i punti di forza dell’allevamento nell’ottica della sostenibilità?
“L’allevamento è stato calibrato sulla misura dell’azienda: il carico di animali è rapportato alla quantità di terreno disponibile, per produrre quanto ci serve per l’alimentazione degli animali. Abbiamo capito che l’automazione e l’innovazione in azienda sono la strada per ridurre i costi, risparmiare il suolo, l’energia, l’acqua. Siamo infatti partiti con un progetto avanzato sull’agricoltura di precisione”.

Siete contenti dei robot di mungitura?
“Sì. Il risparmio sulla manodopera non è il beneficio principale. Anzi, in verità ho assunto altri dipendenti, più specializzati, come ad esempio un veterinario aziendale. I vantaggi sono molteplici”.

Ad esempio?
“Tra i vantaggi immediatamente percepibili l’incremento produttivo del 15% di latte. E poi il miglioramento del benessere animale, anche sul piano comportamentale. L’animale decide autonomamente quando mangiare, dormire e farsi mungere, con benefici sulla fertilità e una minore incidenza di patologie. Il lavoro in azienda è diventato anche più ordinato e più sostenibile per la riduzione di acqua ed energia elettrica rispetto alla mungitura tradizionale”.

Attraverso quali canali secondo lei si venderanno i prodotti lattiero caseari in futuro?
“Credo che la gdo abbia assunto una forza tale che sia difficile scalzarla nelle abitudini dei consumatori. Crescerà sicuramente l’e-commerce, anche se non ho gli strumenti per quantificare lo sviluppo”.

Che cosa pensa della crescita del biologico?
“Per alcuni è un’opportunità. Personalmente credo che il biologico debba riguardare prodotti ben definiti. Se il riferimento è al Grana Padano o al Parmigiano-Reggiano ci credo poco, perché hanno già una percezione molto marcata di genuinità e il biologico, a mio parere, non riesce a dare in tale contesto una valorizzazione maggiore, tale da giustificare la strada del bio. Al contrario, se prendiamo il settore dell’ortofrutta, penso che le possibilità siano maggiori, di certo negli ultimi anni il bio è in costante aumento”.

La Società Agricola Fondo Spinosa

La Catalogna investe in ricerca ed innovazione!
8 Maggio 2017

Innovazione, competitività, sostenibilità, per offrire ai consumatori alimenti sani e di qualità, questi gli scopi di IRTA, l’istituto di ricerca della Catalogna che ha inaugurato a Girona un centro sperimentale per analizzare tutte le fasi della filiera produttiva e di trasformazione del latte.

Il centro dispone di strutture dedicate al monitoraggio degli animali e dei processi di produzione e di trasformazione del latte, e per la realizzazione di programmi per il trasferimento al settore produttivo delle conoscenze e delle acquisizioni, oltre che per la promozione e divulgazione del settore lattiero a livello nazionale ed internazionale.

Si tratta di una piattaforma sperimentale e di divulgazione che si basa sulla collaborazione pubblico-privato con tre linee strategiche:

  • ricerca per nuove conoscenze mirate ad affrontare i bisogni tecnologici e di innovazione del settore;
  • trasferimento dei risultati per accrescerne la competitività;
  • azioni proattive verso il consumatore per meglio informarlo sul processo di produzione e trasformazione del latte.

Il nuovo centro si integrerà con le altre strutture attive nel miglioramento delle produzioni foraggere, l’uso efficiente delle risorse idriche, la gestione delle deiezioni. A livello operativo di stalla verranno monitorati le quantità e l’uso dei foraggi per gli animali con un sistema di alimentazione di precisione che permette di dosare il concentrato nella sala di mungitura, l’analisi in linea con tecnologia NIR (spettroscopia nel vicino infrarosso) della composizione del latte, monitoraggio di peso, ingestione e del benessere degli animali.

Riguardo l’innovazione di processo e di prodotto, i laboratori del caseificio sperimentale permetteranno l’attuazione di ricerche in ambito multidisciplinare.

Ricerca, sperimentazione, divulgazione sono le tre parole chiave per assicurare l’innovazione e dunque mantenere l’indipendenza produttiva e la competitività sul mercato.

Lombardia: Qualità del Latte per ubicazione geografico-altimetrica

Fonte: IRTA

Gli allevatori italiani sono rappresentati in FIL?
2 Maggio 2017

di Luciano Negri, presidente del comitato italiano FIL-IDF (Federazione Internazionale di Latteria)

Fondata nel 1903, la FIL-IDF è un’organizzazione privata no-profit con sede a Bruxelles che rappresenta gli interessi di quanti sono attivi a livello internazionale nel contesto lattiero caseario.

La FIL è un’autorità internazionale riconosciuta che contribuisce attivamente allo sviluppo di standard su base scientifica per il settore lattiero-caseario. Esperti nei vari settori operano in diverse aree di lavoro con l’obiettivo di migliorare le conoscenze della filiera e gli impatti sugli aspetti economici, sanitari, ambientali, sociali. Come organizzazione di punta del settore lattiero-caseario mondiale, la FIL opera per individuare e validare normative e pratiche produttive corrette.

Dal 2016 Judith Bryans, Chief Executive di Dairy UK, è stata eletta Presidente della Federazione, sostituendo Jeremy Hill di Fonterra, che era presidente dal 2012. Alla FIL aderiscono 75 paesi che rappresentano più del 75% della produzione mondiale di latte. Vi operano circa 1200 esperti attivi in 9 aree di lavoro: salute e benessere animale, scienza e tecnologia casearia, economia, marketing e politiche economiche, ambiente, gestione delle aziende agricole, standard alimentari, igiene e sicurezza alimentare, metodi di analisi e campionamento, nutrizione e salute. Grazie al loro lavoro, la FIL è divenuta la fonte principale di competenze scientifiche e tecniche per tutti gli stakeholder della filiera lattiero-casearia a livello mondiale, e rappresenta l’interlocutore tecnico privilegiato delle organizzazioni intergovernative, FAO ed OMS.

FIL-IDF: Aree di lavoro

Il Comitato Italiano è composto da 43 soci appartenenti a 4 aree: produzione del latte, trasformazione e commercializzazione del latte e dei suoi derivati, Scienza e Ricerca e infine Tecnica. I soci appartengono per la metà al settore della trasformazione mentre il settore scientifico/accademico rappresenta circa un quarto della compagine societaria.

Il settore lattiero italiano ha una concezione parziale del ruolo della FIL-IDF. Spesso infatti, la Federazione viene identificata unicamente come un luogo in cui discutere e definire norme scientifiche. La sfida per il Comitato Italiano è quella di portare i temi cari alle nostre imprese e al mondo lattiero nazionale all’attenzione della comunità internazionale ma questo si può fare solamente se si comprende appieno il valore dell’organizzazione nel suo complesso e le straordinarie potenzialità che questa racchiude.

A livello globale ma anche nazionale, si assiste ad una crescente attenzione nei confronti della salute e di tutto quanto può portare al benessere personale, della salvaguardia dell’ambiente e del benessere animale per cui è logico pensare che è necessario investire in queste aree per rispondere alle esigenze di consumatori sempre più attenti ed esigenti. È altrettanto chiaro che se queste necessità non vengono avvertite dalle imprese, non può nascere l’esigenza di adattare la propria proposta commerciale e quindi la propria organizzazione al nuovo contesto, per cui viene meno anche il dialogo con la ricerca in senso lato.

Tutto quindi deve partire creando la consapevolezza della “distanza” ovvero del percorso, di conoscenza e di azioni, da intraprendere per intercettare i bisogni del consumatore odierno.

  • La FIL-IDF è la più importante organizzazione mondiale del settore lattiero caseario.
  • Buona parte delle decisioni assunte a livello planetario nel nostro settore dipendono da studi e lavori effettuati in ambito FIL.
  • L’autorevolezza della FIL permette al settore di essere in continuo dialogo con le ONG più influenti a livello globale.
  • La FIL Italia non gioca il ruolo che dovrebbe a causa di una scarsa conoscenza delle potenzialità dell’organizzazione.
  • All’interno della FIL Italia la rappresentanza allevatoriale è poco presente.
  • L’Italia, nonostante  le eccellenze indiscusse, non ha ancora una posizione comune da sostenere a livello internazionale.
  • Una partecipazione italiana attiva potrebbe portare il nostro paese ad incidere sulle grandi decisioni che determinano le prospettiva del settore lattiero-caseario mondiale. 

Il consumatore percepisce la migliore qualità
1 Febbraio 2017

Giovanni Bianconi
Sommacampagna, Verona – ITALIA

L’allevatore Giovanni Bianconi

Azienda Agricola Bianconi Giuseppe & Figli.
Capi allevati: 100.
Ettari coltivati 30.
Destinazione del latte: Centro Latte Verona.

Nonostante una passione per l’arte che si trascina dai tempi del Liceo artistico (all’epoca Istituto d’arte) e poi degli studi in Architettura, Giovanni Bianconi di tempo libero non ne ha. La mostra su Picasso a Palazzo Forti, a Verona, non l’ha ancora vista. Gli consigliamo di prendersi lo spazio. Che in effetti è limitatissimo.

“Siamo io e mio figlio Marco, che ha 36 anni e una passione sfrenata per l’allevamento, a condurre l’azienda. Non abbiamo dipendenti e l’impegno richiesto è molto”, dice Bianconi.

L’azienda è a Sommacampagna (Verona) con 100 capi fra mungitura e rimonta; a fare da corollario ci sono 30 ettari coltivati a seminativo e prati foraggeri. La produzione del latte nel 2016 è stata sui 120 quintali per capo/anno. La materia prima è conferita al Centro Latte Verona, di cui Giovanni Bianconi è presidente. La cooperativa veronese a sua volta è socia della Latteria Sociale Mantova.

Il Centro Latte Verona è una realtà con circa 160 aziende associate, in crescita rispetto al 2016, il 65-70% situate in Lessinia. La produzione annua è intorno ai 62 milioni di litri/anno. Lo scorso anno si sono inventato il marchio “Latte Verona”, che sta andando bene e promuove il prodotto locale identitario sul territorio.

Presidente Bianconi, come sta andando il progetto?

“Bene. È in continua crescita. Con Latte Verona parliamo di un marchio locale, distribuito però in tutte le più importanti catene di distribuzione. Siamo presenti da Migros, Rossetto, Conad, Despar, Esselunga, Famila, Auchan, Pam”.

Che prezzi avete?

“Sul latte fresco siamo a 1,40 euro al litro, mentre a 1,10 e 1,15 euro al litro per il latte a lunga conservazione scremato e intero. Parliamo di latte di montagna della Lessinia, di ottima qualità, riconosciuta e ricercata dai consumatori. Stiamo avendo molte soddisfazioni e non abbiamo intenzione di abbassare i prezzi. Poi abbiamo fra i prodotti anche il latte UHT a lunga conversazione, intero e parzialmente scremato, e yogurt, intero e magro, bianco e al gusto di albicocca, banana, caffè, fragola e cereali”.

Avete intenzione di aumentare i volumi?

“L’intenzione è quella, in effetti. Siamo partiti da zero, ma ci stanno conoscendo sul territorio. Puntiamo anche ad ampliare la gamma delle produzioni e proporre burro, ricotta, mozzarella”.

La lavorazione e il packaging sono affidati alla Centrale del Latte di Vicenza. Siete contenti?

“Sì. Non è stata una scelta casuale, ma ponderata. Vicenza è una centrale all’avanguardia, ha macchinari che valorizzano il nostro latte e siamo soddisfatti”.

L’innovazione è importante, par di capire.

“Moltissimo. Se con una macchina all’avanguardia la pastorizzazione del latte dura meno, si preserva maggiormente la qualità e il consumatore lo percepisce. Ed è stato grazie a questo meccanismo, in cui ogni anello della filiera si adopera per migliorare la qualità, che il consumatore sta ricercando il Latte Verona”.

Quali sono stati gli aspetti più complessi del progetto?

“Ci siamo ritrovati catapultati in un mondo nuovo, a noi totalmente sconosciuto, che è quello della grande distribuzione organizzata. L’impatto con questi signori, che hanno il potere assoluto sugli acquisti, è stato duro. Questo ci ha fatto capire perché l’agricoltura è in queste condizioni: decidono quello che vogliono e le conseguenze le pagano i produttori”.

Siete presenti anche nei negozi o solo nella Do?

“Il marchio Latte Verona è presente anche nei bar, panetterie, pasticcerie, è un lavoro di distribuzione capillare”.

Distribuite direttamente voi?

“No. L’accordo che abbiamo sottoscritto con la Centrale del Latte di Vicenza è molto semplice: noi conferiamo il latte e la Centrale del Latte di Vicenza impacchetta e distribuisce”.

I contratti con la Gdo?

“Contatti e contratti li abbiamo invece gestiti personalmente”.

Parlando di mercato, qual è la situazione?

“Siamo soci alla Sociale di Mantova e faremo il bilancio 2016 con loro. I contratti che abbiamo sottoscritto sono comunque abbastanza buoni”.

Come giudica l’inserimento del Grana Padano nei parametri legati all’indicizzazione del prezzo?

“Lo ritengo positivo. La previsione di quel parametro è fondamentale per valorizzare il prodotto secondo l’indirizzo del territorio. Inoltre, l’inserimento dei valori del Grana Padano Dop ci porta ad alzare la media delle quotazioni”.

Ipotizza che possano innescarsi tendenze speculative ribassiste per determinare una riduzione del prezzo nel contratto che subentrerà per il periodo successivo al 30 aprile?

“Fare previsioni è sempre azzardato. Interpretata così mi verrebbe da rispondere che potrebbe anche essere così: le produzioni sono in crescita e devono essere collocate sul mercato, ma è altrettanto vero che i prezzi sono buoni e la tendenza del mercato dovrebbe mantenersi stabilmente positiva o, addirittura, segnare un incremento. Non mi risulta, poi, che siano state sforate da parte dei caseifici le quote di produzione, perché il prezzo positivo degli ultimi mesi del 2016 ha portato a vendere il latte o per il consumo alimentare o per altri prodotti freschi. E c’è un altro fattore che mi fa ipotizzare che anche dopo il 30 aprile il prezzo non subirà flessioni significative”.

Quale?

“Gli industriali stanno pagando il latte al litro 40-41 centesimi alla stalla e alcuni grandi realtà hanno cominciato ad assicurare questi prezzi già da ottobre. Avendo pagato simili cifre la materia prima, non penso abbiano molto interesse a buttare giù il prezzo del Grana Padano. Immagino che per loro non sia conveniente”.

In un frangente in cui è dal 2000 che i redditi in agricoltura non sono più come prima, cosa ha spinto suo figlio a fare l’allevatore?

“Una passione sfrenata e di questo sono contento. È dai tempi di mio nonno che avevamo la coltivazione di alberi da frutto e le vacche, che d’estate portavamo in alpeggio. Mio figlio Marco si interessa di genetica, della crescita degli animali, del miglioramento della produzione e della qualità. Ma sono consapevole che è un lavoro duro. Senza dipendenti lavoriamo 365 giorni all’anno”.

Nelle fotografie, CLAL incontra Produttori del Centro Latte Verona Soc.Coop e dirigenti di Centrale del Latte di Vicenza s.p.a. in Lessinia – Malga Spazzacamina, Agosto 2016.