Di: Marika De Vincenzi
È una fase complessa per il settore suinicolo. A contribuire all’incertezza è la
concomitanza di più fattori.
Innanzitutto, la diffusione della PSA: in quanto tempo si riuscirà a debellare? Si riapriranno i canali dell’export ad oggi bloccati? In caso contrario, quale sarà l’impatto sui listini, sugli allevamenti coinvolti e sulle zone di restrizione?
Le macellazioni in Italia stanno aumentando: +0,4% fra Gennaio e Novembre 2024, ma con una riduzione significativa dei suini destinati per le produzioni Dop e Igp: (da 7.398.020 a 7.024.167 capi), pari al -5%. Questo perché i costi di produzione sono aumentati e le prospettive potrebbero essere di una ulteriore crescita, trascinata dai costi della razione alimentare e dall’energia.
Parallelamente, la crisi delle famiglie e l’aumento dei prezzi al banco stanno scoraggiando i consumi di carne suina fresca (-1,3% rispetto al 2023), prosciutto crudo (–2,8%), salame (–3,4%) e mortadella (–2%).
Se il prezzo della carne suina al Consumatore sta aumentando, non è così lungo la filiera. Il prezzo della carne fresca in CUN sta registrando dei decrementi, conseguenza di un aumento delle importazioni italiane (+8,14% tendenziale in volume fra Gennaio e Ottobre 2024, contro solo un +1,31% in valore) da Paesi autosufficienti, come Germania, Spagna e Olanda. I prezzi competitivi della carne importata contribuiscono a deprimere i prezzi interni. Ad appesantire il quadro, un incremento delle produzioni europee: 415.000 tonnellate nelle macellazioni di suini tra Gennaio e Ottobre 2024, rispetto all’anno precedente.
Quanto al sistema delle DOP, le sigillature (le cosce destinate alla stagionatura per la produzione dei prosciutti crudi DOP come il Prosciutto di Parma e San Daniele) hanno raggiunto livelli minimi, con cali rispettivamente del 7,9% e 6,8% rispetto al 2023.
L’aumento dei costi di produzione dei suini, unitamente alla presenza di PSA, alla difficoltà di manodopera, all’invecchiamento degli Allevatori rischiano di essere fattori in grado di generare ulteriore disaffezione e indebolire una filiera che, invece, dovrebbe trarre la propria forza dal marchio DOP.
Come trasformare queste sfide in opportunità per rilanciare il settore?