I principali concimi fanno segnare unatendenza dei prezzi al rialzo. L’urea nella terza settimana di settembre era in aumento del 6% rispetto ad agosto, a 333 € per tonnellata.
Anche il prezzo degli altri maggiori concimi mostrava delle quotazioni tendenzialmente in crescita, con prezzi per tonnellata, rispettivamente, di 428 € per il fosfato biammonico; di 456 € per il fosfato monoammonico; di 314 € per il potassio; di 388 € per la formulazione 10-34-0; di 428 € per l’ammoniaca anidra; di 207 € per il nitrato ammonico al 28% di N; di 241 € a tonnellata per il nitrato ammonico al 32% di N.
Il prezzo mondiale dei concimi è condizionato dalla situazione in Cina
Il prezzo mondiale dei concimi è condizionato dalla situazione in Cina. Secondo Rabobank, la produzione cinese di fertilizzanti nel primo semestre 2018 è stata di 28,4 milioni di tonnellate, in diminuzione del 6,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le produzioni di concimi azotati e fosfatici sono in calo rispettivamente del 7,5% e del 5,8%; in controtendenza con quelli potassici che hanno quantità in aumento del 2,9%.
-15%Export di concimi dalla Cina nel primo semestre 2018
I maggiori costi di produzione rendono meno competitivi i concimi di produzione cinese, le cui esportazioni sono in contrazione. Comunque, nel primo semestre 2018, la Cina ha esportato quasi 10 milioni di tonnellate di concimi, seppur in calo del 15% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Negli USA, rispetto allo scorso anno, tutti i maggiori fertilizzanti hanno prezzi in aumento con variazioni che vanno dal 23% in più per urea ed ammoniaca anidra, al 15% per i fosfatici ed al 5% per i concimi potassici.
Con i cambiamenti climatici ormai evidenti, occorre non solo interrogarsi su quali saranno gli effetti per la produzione agricola, ma anche prevederne gli effetti per assicurare la sostenibilità alimentare del pianeta, con una popolazione mondiale in continuo aumento. Entro la metà di questo secolo si manifesteranno con evidenza i fenomeni che già ora si cominciano a percepire, come l’aumento delle temperature e l’intensità di fenomeni atmosferici estremi, con la conseguente influenza sulla diffusione di nuove patologie per piante ed animali.
La produzione di cereali e di altre colture potrebbe svilupparsi nei paesi nordici
Uno studio della FAO prevede quali saranno le produzioni mondiali di alimenti nei prossimi decenni, con le variazioni per i diversi comparti agricoli e le regioni del pianeta. Come conseguenza del riscaldamento globale, mentre le produzioni nei paesi tropicali, dall’Africa occidentale all’India, potranno diminuire fino al 2,9%, quelle di Russia, Canada, USA, prevedibilmente si accresceranno fino al 2,5%. Oppure, la produzione di cereali e di altre colture potrà svilupparsi nei paesi nordici, dove ora è solo marginale.
Pertanto, con questi cambiamenti, il commercio agricolo mondiale avrà un ruolo ancor più significativo di quello attuale per la sicurezza alimentare del pianeta. Già ora diversi paesi dipendono dai mercati internazionali per gli approvvigionamenti alimentari e non solo perché si trovano in regioni sfavorite della terra. Ad esempio il Bangladesh nel 2017 ha dovuto importare riso a causa dei raccolti domestici danneggiati dalle inondazioni ed il sud Africa ha dovuto importare mais, di cui era un tradizionale esportatore, a causa della siccità.
Fra il 2000 ed il 2016 il valore del commercio agricolo mondiale è cresciuto in modo esponenziale, passando da circa 490 miliardi di € a 1,6 trilioni di €, soprattutto a causa della domanda cinese e di quella delle economie emergenti, oltre che per la produzione di biocarburanti.
La Cina è divenuto il quarto esportatore agricolo mondiale superando Australia e Canada
Nello stesso periodo appare con evidenza come al ruolo predominante dei paesi ad economia avanzata quali Europa e nord America, nel commercio agricolo mondiale si fa strada la posizione di nuovi paesi. Il Brasile ha accresciuto la sua quota passando dal 3.2% al 5.7% fra il 2000 ed il 2016; la Cina è divenuto il quarto esportatore agricolo mondiale superando Australia e Canada, mentre l’India e l’Indonesia si sono collocati rispettivamente all’ottavo e decimo posto. Nello stesso periodo, il valore complessivo dell’export di UE, USA, Canada ed Australia sul commercio mondiale è diminuito del 10%.
Il cambiamento climatico avrà non solo un impatto diretto sulle produzioni agricole, ma condizionerà i commerci ed i mercati, inducendo i Paesi ad implementare la ricerca e adottare misure di politica economica per garantire la sicurezza alimentare e la sostenibilità delle produzioni.
Le critiche dei cosiddetti attivisti sull’attività agricola trovano sempre più clamore dall’uso di internet. Spesso però, attraverso le diverse piattaforme informatiche, vengono diffuse notizie imprecise sul modo in cui si opera nelle coltivazioni e negli allevamenti, con messaggi accusatori verso gli imprenditori agricoli.
I consumatori sono sempre più sensibili verso le tematiche di benessere animale
In Scozia, ad esempio, sta facendo scalpore un filmato della BBC che mette in cattiva luce la pratica di svezzamento dei vitelli, con la loro separazione dalle madri poco dopo il parto ed il contenimento nelle gabbie. Se è improprio puntare il dito contro gli allevatori per una pratica ormai generalizzata, occorre però anche interrogarsi se non possa essere migliorata una separazione così netta e traumatica per gli animali, che comunque viene percepita sempre peggio dai consumatori che sono sempre più sensibili verso le tematiche di benessere animale e di conseguenza dei prodotti che da questi derivano.
Lasciare i vitelli con le madri per i primi due mesi dal parto prolunga la carriera produttiva delle vacche
In un allevamento scozzese è stato adottato uno svezzamento che consiste nel lasciare i vitelli con le madri per i primi due mesi dal parto. La perdita di latte per la trasformazione casearia è compensata dal maggior incremento in peso dei vitelli all’ingrasso e dall’anticipo della fecondazione per le femmine. Inoltre, la carriera produttiva delle vacche viene notevolmente allungata, superando agevolmente i dieci anni, con un consistente incremento nella produzione totale di latte.
Questa esperienza è certamente contrastante con la tecnica attuale, che è stata razionalizzata per la necessità di contenere i prezzi dei prodotti sul mercato. Però, oltre che i costi, bisogna sempre più considerare anche le ricadute delle tecniche di allevamento sugli animali e sull’ambiente. In tal senso, proprio Internet può essere utile perché permette con immediatezza di confrontare nuove esperienze e modalità operative, quanto mai utili per ricercare la tecnica produttiva più adeguata per quella specifica azienda.
-33%dei raccolti a causa della minore fertilità del suolo (stima per i prossimi 100 anni)
La perdita di fertilità del terreno rappresenta uno dei maggiori problemi che contribuiscono al fenomeno dei cambiamenti climatici in atto, in quanto viene ridotta la capacità di sequestrare il carbonio e di trattenere l’umidità. La conseguenza è una diminuzione nella capacità produttiva dell’agricoltura convenzionale, che si stima potrebbe portare ad una perdita di un terzo dei raccolti nel corso di un secolo, quando invece la crescita della popolazione richiede sempre più alimenti.
La fertilità del terreno, è rappresentata dai miliardi di batteri, il cosiddetto microbiota del suolo, che vivono intorno alle radici di ogni albero, arbusto od altra essenza vegetale e che si sono evoluti con le piante durante milioni di anni in un rapporto di reciproco interesse. E’ data anche da una intricata rete di interazioni che coinvolge un’enorme quantità di biomassa vivente, pari ad oltre oltre 3000 Kg/ha in un suolo agricolo. Pertanto, tutti i fattori che intervengono in questo complesso sistema possono alterarne l’equilibrio ecologico, con una perdita di fertilità e portando alla degradazione del suolo, problema del nostro tempo. Di conseguenza ogni pratica colturale dovrebbe essere orientata al mantenimento di questa fertilità.
In particolare andrebbero sempre adottati tre principi:
ridurre gli interventi fisici sul suolo, cioè le lavorazioni;
mantenere una copertura vegetale per impedire l’erosione e favorire l’apporto di sostanza organica;
applicare il principio della rotazione, interrompendo la tendenza a piantare ad esempio, mais su mais o riso su riso con sempre maggiori lavorazioni, concimazioni minerali, diserbi.
Bisogna ripensare all’apporto della concimazione organica, rivalutando la simbiosi fra allevamento animale e pratica colturale
Bisogna poi ripensare all’apporto della concimazione organica, rivalutando la simbiosi fra allevamento animale e pratica colturale. Questi principi, insiti nelle pratiche agronomiche che nel corso dei secoli ci hanno lasciato in eredità la fertilità del terreno, si collocano ora in quella che viene definita “agricoltura rigenerativa”.
Il mantenimento del microbioma per la salute è presente anche a livello umano, per contrastare il fenomeno proprio del nostro tempo dell’antibiotico resistenza. Nel libro “Growing a revolution” si afferma come gli sforzi in atto per riconsiderare gli effetti degli antibiotici sull’organismo, debbano trovare riferimento anche per il suolo, in modo da mantenerne ed accrescerne la fertilità, cioè la sostenibilità.
Operare con pratiche che mantengono la fertilità del terreno, rappresenta un grande messaggio anche per avvicinare il produttore al consumatore.
Il governo statunitense (U.S. Department of Agriculture) ha stanziato fino a 12 miliardi di dollari per un programma di sostegno agli agricoltori colpiti dai dazi sull’importazione dei prodotti agroalimentari in risposta alle accise imposte dall’Amministrazione Trump su acciaio ed alluminio. Verranno adottate tre misure:
pagamento diretto ai Produttori;
acquisto per aiuto alimentare;
promozione all’export.
Finanziamento diretto ai produttori USA 0.26$ per 100kg di latte (max 125.000$ per azienda)
Il programma di finanziamento diretto ai produttori(Market Facilitation Program)verrà attivato dal 4 settembre e riguarderà anche latte, mais, soia, sorgo, grano, cotone, maiali. Per il latte sono stati stanziati 127 milioni di dollari e gli allevatori potranno ricevere 0.26 dollari per ogni 100 kg di latte (che corrispondono circa a 0.22€/100kg al cambio attuale), con un massimo di $125.000 per azienda agricola (stesso tetto fissato per le altre produzioni). Il pagamento è basato sulla produzione storica registrata per il Margin Protection Program for Dairy (il sistema USA di protezione dei margini di reddito). Le aziende dovranno essere attive al 1 giugno 2018 e verrà presa a riferimento la produzione massima commercializzata negli anni 2011, 2012, 2013. Il pagamento per i maiali si baserà sul numero di capi in allevamento al 1 agosto 2018.
Sono stati destinati 84.9 milioni di dollari per l’acquisto di latte e derivati
All’ammasso per gli interventi di aiuto alimentare, che comprende anche I programmi alimentari nelle scuole, sono stati destinati 1.2 miliardi di dollari di cui 84.9 milioni di dollari per l’acquisto di latte e derivati.
Il programma di sostegno all’export conterà su 200 milioni di dollari destinati a progetti per identificare ed aprire nuovi mercati. Le domande dovranno essere presentate entro il 2 novembre per erogare i finanziamenti ad inizio 2019.
La National Milk Producers Federation, organizzazione che rappresenta la maggioranza dei produttori di latte, lamenta la scarsità di questi finanziamenti, dato che il pagamento diretto rappresenta il 10% delle perdite totali subite dagli allevatori per i dazi applicati da Messico e Cina.
Le fonti di cibo del pianeta si basano su di un ridotto numero di alimenti, ottenuti in aree geografiche circoscritte. Si stima che nel mondo ci siano 570 milioni di aziende agricole, di cui però 475 milioni hanno meno di 2 ettari; 57 milioni di persone sono poi impegnate nella pesca e nell’acquacoltura.
Oltre la metà del fabbisogno calorico mondiale deriva da grano, riso e mais ed aggiungendo zucchero, orzo, soia, olio di palma, patate, si supera il 75%. USA, Brasile, Russia, Ucraina sono i maggiori produttori mondiali di grano, mais, soia e riso. Si tratta di una concentrazione geografica ed anche genetica che accresce la vulnerabilità delle fonti alimentari, oltre che verso i parassiti e le malattie, anche per i fenomeni climatici ed i rischi commerciali, fattori che diventeranno sempre più rilevanti.
Bisogna poi considerare la perdita di biodiversità e la convergenza verso abitudini alimentari sempre più uniformi, più caloriche, meno ricche di elementi nutritivi, determinando una obesità a livello pandemico nel mondo, con pesanti riflessi sui sistemi sanitari. Inoltre, circa due miliardi di persone dipendono dalle importazioni di alimenti per il loro sostentamento, il che le rende vulnerabili verso possibili crisi finanziarie e commerciali, come avvenuto nel 2008 e nel 2011.
+49% Produzione di latte in India al 2026 (previsione FAO)
Questa situazione sembra destinata a peggiorare, dato che, secondo le stime FAO, se non cambiano gli stili di consumo, la produzione al 2050 dovrebbe aumentare del 60% per far fronte alla domanda mondiale, il che vorrebbe dire mettere a coltura un miliardo di ettari di terreno e deforestarne 350 milioni, con un aumento esponenziale nelle emissioni di anidride carbonica. Si stima, ad esempio, che entro il prossimo decennio la domanda di carne in Cina aumenterà del 30% e di conseguenza anche quella di mangimi, mais e soia in primo luogo, mentre in India la produzione di latte aumenterà del 49%, superando di un terzo la quantità prodotta nella UE.
Quali i rimedi? Secondo l’Hoffmann centre for sustainable resource economy, innanzitutto bisogna lottare contro gli sprechi. Ridurre della metà gli sprechi lungo la filiera produttiva fino al consumo, significherebbe coprire il 24% dei fabbisogni calorici supplementari richiesti nel 2050 ed anche ridurre le emissioni di gas effetto serra e gli inquinanti. Si stima che nell’allevamento animale sia sprecato l’87% degli apporti calorici e che la popolazione mondiale consumi il 10% di calorie oltre il necessario per una alimentazione equilibrata, anche se questo maschera le notevoli disparità fra le varie aree geografiche e fasce di popolazione del pianeta.
Senza interventi precisi, il consumo di antibiotici negli allevamenti aumenterà del 67% fra il 2010 ed il 2030
Bisogna poi ripensare al rapporto fra alimentazione e salute. Il sistema alimentare di tipo occidentale che si va sempre più diffondendo in tutte le aree urbanizzate, ha fatto esplodere le patologie dovute ad una eccessiva o non equilibrata alimentazione. Senza interventi precisi poi, il consumo di antibiotici negli allevamenti aumenterà del 67% fra il 2010 ed il 2030, aggravando il fenomeno di antibiotico resistenza.
Dunque si impone una radicale trasformazione del modello di produzione agricola attuale, che permette prezzi bassi ma incoraggia gli sprechi, con un circolo vizioso in quanto degrada l’ecosistema da cui dipende. Si tratta di ricercare ed incentivare nuovi metodi produttivi, più diversificati ed allineati con gli obiettivi di tutela della salute delle persone e dell’ecosistema, con un progetto globale che coinvolga gli operatori lungo la filiera produttiva, i consumatori e le istituzioni, nessuno escluso.
Produrre di più con meno risorse: questa sarà la sfida del futuro. Con l’aumento della popolazione mondiale dagli attuali 7,6 miliardi ai 9,8 miliardi nel 2050 e con meno risorse idriche, meno terreni coltivabili, minore pescosità nei mari, bisogna trovare nuove soluzioni per soddisfare la domanda mondiale di cibo.
Produrre di più con meno risorse: questa sarà la sfida del futuro
Una di queste è la agroecologia, cioè il modo per stimolare i processi naturali che possono migliorare la produttività delle piante così come degli animali, attraverso dieci elementi di sostenibilità:
La diversità, cioè sistemi differenziati di produzione agricola;
la condivisione delle conoscenze per combinare i dati scientifici globali alle pratiche locali;
la sinergia fra suolo, coltivazioni, animali, comunità civile;
l’efficienza, cioè la capacità di evitare le dispersioni, massimizzare gli investimenti, conservare le risorse idriche, proteggere la biodiversità e ridurre i costi di produzione;
il riciclo, che rappresenta la chiave per qualsiasi sistema autosufficiente che si autoregola;
la resilienza, ecologica e socio-economica, cioè la capacità di adattarsi riducendo la vulnerabilità al rischio economico;
i valori umani e sociali, cioè il rispetto della dignità, l’equità, l’inclusione e la giustizia, creando opportunità per i giovani;
il mantenimento del patrimonio di cultura e tradizione alimentare. Il distacco fra abitudini alimentari e cultura ha contribuito alla coesistenza di situazioni contrastanti come la fame e l’obesità. La promozione di alimenti locali nel contesto di diete salutari, diversificate e culturalmente appropriate, permette un buon livello di nutrizione ed al tempo stesso la crescita di una coscienza che protegge gli ecosistemi e tutela la produzione;
un governo responsabile, trasparente, per creare un ambiente favorevole che supporti i produttori nella trasformazione dei loro sistemi;
un’economia circolare e solidale, che supporti i mercati locali e le economie che offrono mezzi di sostentamento equi e sostenibili ai membri della propria comunità.
Sebbene l’agroecologia debba considerare molti fattori, la base è rappresentata dalla interconnettività. Produrre di più con meno risorse significa usare meglio ciò di cui disponiamo, riutilizzarlo, non sprecarlo, non scartarlo.
Il tema dei residui di nitrati ed anche di fosfati nel terreno è di stringente attualità. In tutti i contesti dove è diffuso l’allevamento animale diventa urgente evitare la percolazione dei liquami nei corsi d’acqua, effettuando i necessari investimenti per contenere un problema che è sempre più sentito dai consumatori e che comunque diventa un tema di sostenibilità ambientale.
In Galles è stato denunciato l’inquinamento di corsi d’acqua con la diffusa moria di pesci ed anche il comportamento di quanti sversano direttamente i liquami contravvenendo alle normative UE. Bisogna considerare che l’agricoltura risulta esposta molto più di altre attività economiche alle condizioni climatiche che influenzano le possibilità di spandimento, per cui nei periodi umidi occorre contenere nelle vasche notevoli quantità di liquami o comunque prevedere il loro trattamento.
Il governo del Galles, per ridurre il pericolo di contaminazione da nitrati nei terreni e nelle acque superficiali delle zone vulnerabili, piuttosto di imporre provvedimenti rigidi ha scelto un approccio flessibile, scegliendo di collaborare con i diretti interessati, gli allevatori, per adottare un sistema basato su norme regolamentari e volontarie, in modo da rendere tutti responsabili delle azioni da compiere.
I rappresentanti agricoli ritengono fondamentale agire in modo proattivo con gli allevatori per avere il loro convinto coinvolgimento ad affrontare e risolvere il problema. Le azioni però debbono essere intraprese in modo proporzionato, isolando quei pochi casi che sono i maggiori responsabili di comportamenti non conformi.
Uno stimolo agli allevatori può derivare dal pagamento di premi aggiuntivi al prezzo del latte per l’adozione di pratiche di eco-sostenibilità, coinvolgendo in questa problematica la distribuzione ed i consumatori.
Le tematiche ambientali riguardano tutti e pertanto tutti debbono essere resi responsabili di azioni virtuose.
Ripartizione delle emissioni di N2O nel mondo agricolo
L’aumento delle temperature registrato a partire dai primi decenni del secolo scorso ha avuto un’accelerazione negli anni 2000 rendendo sempre più evidente, in tutto il mondo, il fenomeno del cambiamento climatico.
La conferenza ONU sul clima di Parigi fissa nell’aumento di due gradi a fine secolo il punto di non ritorno per lo stravolgimento climatico. La parola d’ordine diventa dunque la riduzione delle emissioni carboniose ed il settore alimentare dovrebbe essere in prima linea per questo impegno, dato che la produzione di alimenti ha un grande peso nella emissione di gas effetto serra (GHG).
La società vuole alimenti ottenuti nel rispetto delle condizioni ambientali, mentre gli agricoltori si confrontano con avverse condizioni climatiche ed incertezza di mercato.Secondo le stime FAO, al settore dell’allevamento animale (deiezioni, produzione di alimenti, attività ruminale) sono imputabili il 14,5% del totale delle emissioni, la perdita di biodiversità, l’eutrofizzazione, l’uso inefficiente delle risorse. L’agricoltura però è anche l’unica attività che può captare l’anidride carbonica incorporandola nella massa dei prodotti ottenuti.
Dunque la domanda è: quali pratiche possono essere migliorate per ridurre l’impatto ambientale mantenendo il reddito delle imprese? Già le pratiche agronomiche tradizionali come la pacciamatura e la rotazione permettono di aumentare la captazione dell’anidride carbonica, ma sono le tecniche intelligenti (smart) che permettono di aumentare il potenziale naturale dell’attività produttiva.
Questo significa non solo catturare più carbonio dall’aria, ma anche aumentare la sostanza organica nel suolo, dunque la sua fertilità ed il minore ricorso ai concimi chimici. In altre parole, l’agricoltura può essere rigenerativa e per questo esiste già una specifica certificazione, che si basa su tre pilastri: fertilità del suolo, benessere animale, equità sociale.
L’agricoltura può dare un contributo sostanziale alla sostenibilità e dunque alla società in generale.
Ripartizione delle emissioni GHG (Green House Gas) da agricoltura
Le tecnologie digitali rappresentano l’ultimo stadio di innovazione in agricoltura, dopo la meccanizzazione, la chimica e l’agricoltura di precisione.
A partire dal ‘700 l’agricoltura è stata rivoluzionata prima dall’introduzione delle prime macchine tipo seminatrici e falciatrici trainate dagli animali, poi a vapore, successivamente dalla diffusione del trattore.
Il secondo stadio di innovazione è stato l’introduzione della chimica a partire dagli anni ’40 del secolo scorso. L’uso dei fertilizzanti e dei pesticidi, accompagnato successivamente alle nuove tecniche irrigue, ha permesso di raggiungere livelli produttivi prima insperati, portando alla cosiddetta rivoluzione verde.
Negli anni ’90 sono poi emersi i primi requisiti di una produzione sostenibile nel rispetto dell’ambiente, per cui è iniziata la cosiddetta agricoltura di precisione con la diffusione delle nuove tecniche di selezione e miglioramento genetico, l’uso dei sistemi GPS sui trattori e poi dei droni.
La digitalizzazione rappresenta ora il quarto stadio di innovazione in agricoltura, con strumenti quali software basati sul Cloud o le combinazioni software/hardware smart. Algoritmi, intelligenza artificiale, analisi dei dati e modelli previsionali permettono di mettere a disposizione dei moderni agricoltori delle indicazioni customizzate per operare in modo più efficace, sostenibile ed economicamente profittevole.
Per le coltivazioni questo significa sapere cosa, come, quando piantare, concimare e trattare. Gli allevatori possono invece avere precise indicazioni sulle modalità di alimentare gli animali, usare integratori o farmaci, su quando mungere o scartare gli animali.
L’innovazione è un processo continuo derivante dalla conoscenza nell’uso di strumenti moderni che aiutano nella gestione aziendale per aumentare la produttività nel rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali. Questo richiede formazione e flessibilità (adattamento) nell’uso consapevole e responsabile dei nuovi strumenti che la ricerca ed il mercato mettono a disposizione degli imprenditori agricoli.