Un nuovo futuro per il sorgo
17 Marzo 2017

Il sorgo è uno dei cinque cereali più coltivati al mondo. Originario dell’Africa, sono 28 le specie attualmente coltivate. Oltre che per produrre granella, il sorgo viene usato per ottenere melasso, bevande alcoliche e biocarburanti, a dimostrazione della sua importanza e versatilità.

Molto diffuso in Asia ed in Africa dove é di uso tradizionale in cucina, da qualche tempo è diventato un ingrediente sempre più importante per l’industria agroalimentare anche negli USA ed in Europa, dove rappresenta una alternativa al crescente mercato di prodotti gluten-free per i celiaci. È un valido ingrediente per gli snacks di cereali, le barrette energetiche ed in generale i prodotti da forno, pane incluso.

Il sorgo presenta caratteristiche di versatilità e funzionalità che ne lasciano prevedere interessanti prospettive come ingrediente nelle diete moderne, soprattutto nei paesi ad economia avanzata, in sostituzione del frumento. Quanto sta avvenendo per prodotti quali la quinoa od i semi di chia come ingredienti, potrebbe presto avvenire anche per il sorgo, che è più conosciuto, rientra nella tradizione agricola di molti paesi ed inoltre ha un costo molto inferiore. Con un tenore medio in proteine del 11,3%, rappresenta una risposta alla crescente richiesta di fonti proteiche alternative. Inoltre ha un alto contenuto di ferro, così come di vitamine ed antiossidanti. Non esistendo poi come OGM, è anche generalmente percepito come ingrediente sano e pulito, più sostenibile.

Il sorgo, così come la canapa, può avere un nuovo futuro ed essere una valida alternativa agli altri cereali per rispondere alle esigenze di un mercato in rapida evoluzione.

Prezzo del sorgo – Italia, Milano

Fonte: Mintel

FrieslandCampina: cooperazione di successo
10 Marzo 2017

FrieslandCampina è nata nel 2007 dalla fusione fra le due realtà cooperative olandesi e conta 19 mila soci. La sua specificità risiede in due fattori:

  • un fondo sociale derivante dal versamento di 15 centesimi per kg di latte da parte di chi intende associarsi (da notare che tale fondo non viene rimborsato in caso di cessazione o recesso dell’associato);
  • un prezzo garantito del latte risultante dalla media dei prezzi pagati da aziende di riferimento identificate con modalità triennale in Germania, Danimarca, Olanda e Belgio.

Il prezzo del latte garantito al produttore viene determinato mensilmente e dunque è soggetto ad una fluttuazione su tale base temporale. Questo meccanismo di pagamento permette a FrieslandCampina di svincolarsi dalle contrattazioni periodiche sul prezzo del latte. Questo non significa però che non ci siano periodiche richieste per innalzare il prezzo a causa di maggiori costi, condizioni meteo stagionali sfavorevoli, o su come ripartire i ristorni.

Gli amministratori di una cooperativa debbono sempre avere ben presente la necessità di effettuare continui investimenti per assicurare la redditività aziendale nel lungo periodo. In mancanza di investimenti adeguati, infatti, non si potranno sfruttare i margini derivanti dai prodotti innovativi a più alta tecnologia, e si è forzati a posizionarsi su bassi livelli di prezzo, con ridotti margini e maggiore volatilità.

Riguardo ai profitti, la cooperativa ne destina il 45 % a riserva, il 35% viene aggiunto al prezzo del latte pagato ai soci ed il restante 20% serve come remunerazione per le obbligazioni a reddito fisso correlate al volume di latte conferito.

Regole chiare nel tempo, meccanismi finanziari originali, innovazione: le chiavi di successo del dairy olandese.

CLAL.it – confronto tra i prezzi del Latte intero spot in Olanda e del Latte alla stalla in Germania

Fonte: The Australian Dairyfarmer

Adeguare le relazioni di filiera per affrontare il mercato
6 Marzo 2017

Il gruppo Müller ha un ruolo importante sul mercato inglese, dove conta 1900 fornitori di latte. Per razionalizzare la posizione contrattuale sul mercato, l’azienda tedesca ha sollecitato i propri allevatori a costituire una OP (organizzazioni di produttori, art. 152 del Reg UE n.1308/2013 sulla organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli). Ha poi anche deciso di rendere più flessibili le condizioni di fornitura: vengono cancellate le penalizzazioni per chi sfora fino al 7,5% la produzione di latte prevista, che risultano comunque attenuate per variazioni fino al 20% e vengono introdotti parametri migliorativi riguardo i contenuti di grasso. L’azienda ha poi deciso di investire oltre 120 milioni di euro per migliorare l’efficienza degli impianti ed ottenere nuovi prodotti ad elevato valore aggiunto fatti col “British milk”. Prossimamente si svolgeranno le elezioni fra gli allevatori per scegliere i 21 rappresentanti del Milk Group Farmer Forum, che deciderà sulla costituzione della OP e di un comitato latte che si confronterà mensilmente col management dell’azienda.

Nell’ottica di contenere la volatilità, Müller ha poi proposto agli allevatori un nuovo contratto di fornitura con la possibilità di indicizzare sul mercato futures una parte della loro produzione di latte.

Ora tocca agli allevatori partecipare attivamente in questo processo e scegliere i migliori rappresentanti.

In un contesto di mercato aperto e competitivo, occorre conoscere e valutare i nuovi strumenti contrattuali per stabilire relazioni di filiera eque e profittevoli. La parola d’ordine è organizzarsi!

Analisi della Qualità del latte in Lombardia

Fonte: theScottishFarmer

Alimenti sani da aziende sane [Intervista a Paolo Fabiani]
24 Febbraio 2017

Paolo Fabiani, presidente della cooperativa Cooperlat Tre Valli

La sostenibilità è il futuro. Ma anche la diversificazione produttiva, la linea “vegetale” che i nuovi consumatori stanno mostrando di apprezzare, secondo la filosofia di prodotti in grado di nutrire e “promettere” benessere. Sono alcuni degli elementi che emergono dal dialogo con Paolo Fabiani, presidente della cooperativa Cooperlat Tre Valli, che Teseo ha intervistato.

Avete avuto danni dal terremoto come cooperativa o come associati?

“Sì, abbiamo avuto dei lievi danni nel nostro stabilimento di Amandola, situato proprio nel Parco dei Sibillini, dove produciamo mozzarella per tutto il gruppo, e da dove arriva il latte di allevatori marchigiani e abruzzesi. Alcune stalle sono state lesionate, ma il danno maggiore è nella distruzione di interi paesi. Questo ha cancellato, e non si sa per quanto tempo, l’economia di una vasta zona fatta di piccole attività, esercizi commerciali che rappresentavano punti di riferimento anche per noi”.

Quali sono gli aspetti cruciali che secondo lei sono emersi dal Dairy Forum 2016 di CLAL?

“Credo che il tema affrontato dal team di Angelo Rossi per questo Dairy Forum sia stato di estrema attualità; affrontare l’argomento del mercato assieme ad altri due temi, quali l’innovazione e la sostenibilità.
La relazione del professor Marco Frey su Agenda 2030 delle Nazioni Unite e gli obiettivi dello Sviluppo sostenibile ha offerto importanti suggerimenti sul tema della sostenibilità, che non è soltanto economico-ambientale, ma anche sociale. Ricordo che nella sua relazione venne citata una frase di Ban Ki-Moon:

I mercati possono prosperare solo in società che sono sane, e le società hanno bisogno di mercati sani per prosperare.

Su questa frase e sul concetto di sostenibilità credo che dovremo molto riflettere”.

La sua base sociale è composta da 15 cooperative e rappresenta circa 1.000 allevatori: quanti dei soci di Cooperlat hanno aderito al sostegno ministeriale di 14 centesimi?

“L’intervento messo in atto dalla Ue per diminuire l’offerta di latte in tutta Europa ha avuto poco seguito tra i nostri soci. D’altro canto la forte adesione a tale sostegno da parte dei produttori tedeschi, olandesi e francesi, per il primo periodo aveva già esaurito tutte le risorse messe a disposizione”.

Cooperlat Trevalli è famosa per la panna. Qual è la quota export (totale e per la panna)?

“Il 77,7% della nostra produzione totale è destinata al mercato domestico, il 22,3% all’estero. Per quanto riguarda la panna, invece, l’export sale al 29,6 per cento. Per i prodotti vegetali, invece, il 63,1% dei nostri volumi viene venduto fuori dai confini nazionali e solo il 36,9% in Italia”.

Quali sono i principali Paesi di destinazione?

“Per la panna i principali Paesi sono: Svizzera, Francia, Belgio, Grecia, Turchia, Libano, Filippine, Ungheria, Albania. Per i prodotti vegetali, invece, i più importanti mercati di destinazione sono rappresentati da Grecia, Turchia, Arabia Saudita, Algeria, Egitto, Libano, Repubblica Ceca, Emirati Arabi, Slovenia, Albania, Francia e Montenegro”.

Avete nuovi Paesi o aree nel mirino?

“Certamente: Stati Uniti, tutta l’area del Sud Est Asiatico, l’area dei Balcani e l’Est Europa”.

La demonizzazione dell’olio di palma è uno dei fattori che sembra aver influito positivamente sui prezzi delle panne. È così anche per Cooperlat?

“Non credo vi sia un nesso così diretto tra olio di palma e prezzo delle panne, anche perché entrambi i prodotti hanno raggiunto livelli di mercato molto alti. La demonizzazione dell’olio di palma e le continue notizie pro e contro rappresentano un fenomeno quasi tutto italiano e, nonostante il gran clamore, le quotazioni sono comunque alte. Per quanto riguarda il prezzo delle panne, personalmente ritengo che le forti e imprevedibili oscillazioni di mercato non siano positive né per i produttori né per gli utilizzatori. Al contrario, credo invece che il mercato necessiti di una maggiore stabilità”.

Siete produttori della Dop Casciotta di Urbino. Quali sono i numeri?

“La Casciotta di Urbino DOP è una delle eccellenze del territorio marchigiano, che fanno parte del portafoglio prodotti di Cooperlat. Le vendite del 2016 supereranno le 100 tonnellate di prodotto, concentrate soprattutto nel Centro Italia”.

Dal vostro sito si evince che avete anche prodotti a base di soia, caratterizzati dallo slogan “senza” (senza lattosio, senza glutine, senza grassi idrogenati). In chiave di prodotti e di mercato, sarà sempre più il cosiddetto “senza” l’aspetto cardine?

“Il consumatore del nuovo millennio è sempre più evoluto, alla ricerca di prodotti che siano buoni, ma che al contempo non danneggino la propria salute. Addirittura, che aiutino a prevenire malattie di vario tipo. Si è alla ricerca dei cosiddetti cibi senza o cibi della rinuncia, cioè senza grassi o zuccheri, senza sale, senza glutine, senza lattosio, senza conservanti. Questo non vuol dire però rinunciare al gusto. In sostanza, i prodotti vincenti di oggi e dell’immediato futuro sono quelli che promettono il benessere, ma senza rinunciare al gusto”.

Quale spazio ha la linea soia e qual è il futuro?

La soia è un mercato in continua crescita, perchè si inserisce in questo trend salutistico. Fino a pochi anni fa i prodotti a base soia si trovavano solo sugli scaffali delle insegne specializzate, ora affollanno gli scaffali di tutte le più importanti insegne della grande distribuzione. Cooperlat ha lanciato nell’ultimo anno una linea completa di prodotti a base soia, dalla bevanda alla crema vegetale da montare, al dessert. Una linea di prodotti che sta dando grandi soddisfazioni e su cui l’azienda intende investire negli anni a venire, sia in termini di comunicazione che di allargamento della gamma”.

Cosa significa sostenibilità per Cooperlat e come cercate di applicarla al vostro interno e nel rapporto con i soci?

“Come già abbiamo detto, per fortuna, oggi i consumatori sono sempre più attenti ed esigenti, non solo rispetto alla qualità delle materie prime che compongono i prodotti che acquistano, ma anche all’affermazione del principio etico del lavoro e del territorio, inteso come garanzia di rispetto dell’ambiente e di condizioni decenti di lavoro per tutti. I consumatori pretendono una qualità totale dei prodotti, alimenti sani e buoni, realizzati da aziende anch’esse sane, che tutelano l’ambiente, valorizzano il lavoro, rispettano i diritti delle persone e, soprattutto, innovano. Se non ci sono tutti questi elementi, nasce nel consumatore il ragionevole dubbio che possano mancare anche gli altri.
Il modello di cooperativa adottato dalla Cooperlat-TreValli applica nelle scelte operative azioni che contribuiscono a mantenere in vita piccoli e medi produttori locali, i quali altrimenti sarebbero usciti dal mercato, con conseguente incremento del fenomeno di abbandono dei terreni agricoli e negative ripercussioni sul territorio, come la perdita di biodiversità, il mancato mantenimento delle tradizioni e, non ultimo, le perdite occupazionali”.

Quali sono i vantaggi?

“I vantaggi riguardano la tutela del territorio derivante dalla difesa dei piccoli produttori locali. Se ne ottiene un beneficio in termini di riduzione del dissesto idrogeologico, di mantenimento della biodiversità, di contenimento dei processi di urbanizzazione. Poi ci sono gli aspetti relativi alla tutela dell’occupazione agricola. Questo comporta un vantaggio per la sostenibilità sociale del processo, con un conseguente aiuto al mantenimento della cultura e delle tradizioni locali. Bisogna ricordare, inoltre, che il rapporto con le aziende cooperative ed agricole tende ad essere di lungo periodo, filosofia gestionale che rafforza ulteriormente questo aspetto.
Allo stesso tempo i benefici si riversano in una minore pressione ambientale, derivante da un modello di fattoria più virtuoso che integra produzione agricola ed allevamento, permettendo la realizzazione di un ciclo operativo quasi chiuso. Ne consegue una migliore utilizzazione delle risorse e degli stessi output dei due processi e una riduzione delle immissioni in aria, in acqua o nei terreni”.

Paolo Fabiani

Massimizzare la qualità del foraggio
13 Febbraio 2017

L’epoca di sfalcio è condizione fondamentale per la qualità del foraggio. Però, una buona gestione delle coltivazioni richiede anche di monitorare con attenzione la sua dinamica di crescita ed uniformità nell’appezzamento, in modo da calcolare la quantità del raccolto utile. Ovviamente, l’andamento stagionale ha una grande influenza su questi fattori, insieme al tipo di essenze erbacee presenti, alle concimazioni ed alle irrigazioni. In Nuova Zelanda, dove la pratica del pascolamento è la base per l’allevamento delle vacche da latte, diventa essenziale massimizzare la qualità del foraggio e dunque misurarne la crescita con assoluta precisione, attraverso tecnologie di punta. Per questo sono disponibili strumenti elettronici che determinano la quantità di materia secca per ettaro di foraggio facendo fino a 200 misurazioni per secondo. I dati possono essere scaricati o trasmessi via Bluetooth al computer per l’elaborazione. La prima ragione di queste misurazioni è di usare in modo più efficiente i foraggi aziendali rispetto ai mangimi e dunque ridurre i costi alimentari, ma anche di ottimizzare le concimazioni, l’epoca di raccolta, le irrigazioni e per valutare il tipo di essenze da impiegare rispetto alle condizioni pedologiche. I dati servono anche per prevedere la crescita del foraggio e dunque stimarne la quantità disponibile col procedere della stagione.

L’agricoltura di precisione, attraverso l’uso appropriato della tecnologia, può contribuire in modo sostanziale a migliorare la gestione dell’azienda.

Confronto fra i prezzi degli Alimenti per bestiame – Foraggi e derivati

Fonte: Stuff, PasturemeterThe University of Vermont

Il consumatore percepisce la migliore qualità
1 Febbraio 2017

Giovanni Bianconi
Sommacampagna, Verona – ITALIA

L’allevatore Giovanni Bianconi

Azienda Agricola Bianconi Giuseppe & Figli.
Capi allevati: 100.
Ettari coltivati 30.
Destinazione del latte: Centro Latte Verona.

Nonostante una passione per l’arte che si trascina dai tempi del Liceo artistico (all’epoca Istituto d’arte) e poi degli studi in Architettura, Giovanni Bianconi di tempo libero non ne ha. La mostra su Picasso a Palazzo Forti, a Verona, non l’ha ancora vista. Gli consigliamo di prendersi lo spazio. Che in effetti è limitatissimo.

“Siamo io e mio figlio Marco, che ha 36 anni e una passione sfrenata per l’allevamento, a condurre l’azienda. Non abbiamo dipendenti e l’impegno richiesto è molto”, dice Bianconi.

L’azienda è a Sommacampagna (Verona) con 100 capi fra mungitura e rimonta; a fare da corollario ci sono 30 ettari coltivati a seminativo e prati foraggeri. La produzione del latte nel 2016 è stata sui 120 quintali per capo/anno. La materia prima è conferita al Centro Latte Verona, di cui Giovanni Bianconi è presidente. La cooperativa veronese a sua volta è socia della Latteria Sociale Mantova.

Il Centro Latte Verona è una realtà con circa 160 aziende associate, in crescita rispetto al 2016, il 65-70% situate in Lessinia. La produzione annua è intorno ai 62 milioni di litri/anno. Lo scorso anno si sono inventato il marchio “Latte Verona”, che sta andando bene e promuove il prodotto locale identitario sul territorio.

Presidente Bianconi, come sta andando il progetto?

“Bene. È in continua crescita. Con Latte Verona parliamo di un marchio locale, distribuito però in tutte le più importanti catene di distribuzione. Siamo presenti da Migros, Rossetto, Conad, Despar, Esselunga, Famila, Auchan, Pam”.

Che prezzi avete?

“Sul latte fresco siamo a 1,40 euro al litro, mentre a 1,10 e 1,15 euro al litro per il latte a lunga conservazione scremato e intero. Parliamo di latte di montagna della Lessinia, di ottima qualità, riconosciuta e ricercata dai consumatori. Stiamo avendo molte soddisfazioni e non abbiamo intenzione di abbassare i prezzi. Poi abbiamo fra i prodotti anche il latte UHT a lunga conversazione, intero e parzialmente scremato, e yogurt, intero e magro, bianco e al gusto di albicocca, banana, caffè, fragola e cereali”.

Avete intenzione di aumentare i volumi?

“L’intenzione è quella, in effetti. Siamo partiti da zero, ma ci stanno conoscendo sul territorio. Puntiamo anche ad ampliare la gamma delle produzioni e proporre burro, ricotta, mozzarella”.

La lavorazione e il packaging sono affidati alla Centrale del Latte di Vicenza. Siete contenti?

“Sì. Non è stata una scelta casuale, ma ponderata. Vicenza è una centrale all’avanguardia, ha macchinari che valorizzano il nostro latte e siamo soddisfatti”.

L’innovazione è importante, par di capire.

“Moltissimo. Se con una macchina all’avanguardia la pastorizzazione del latte dura meno, si preserva maggiormente la qualità e il consumatore lo percepisce. Ed è stato grazie a questo meccanismo, in cui ogni anello della filiera si adopera per migliorare la qualità, che il consumatore sta ricercando il Latte Verona”.

Quali sono stati gli aspetti più complessi del progetto?

“Ci siamo ritrovati catapultati in un mondo nuovo, a noi totalmente sconosciuto, che è quello della grande distribuzione organizzata. L’impatto con questi signori, che hanno il potere assoluto sugli acquisti, è stato duro. Questo ci ha fatto capire perché l’agricoltura è in queste condizioni: decidono quello che vogliono e le conseguenze le pagano i produttori”.

Siete presenti anche nei negozi o solo nella Do?

“Il marchio Latte Verona è presente anche nei bar, panetterie, pasticcerie, è un lavoro di distribuzione capillare”.

Distribuite direttamente voi?

“No. L’accordo che abbiamo sottoscritto con la Centrale del Latte di Vicenza è molto semplice: noi conferiamo il latte e la Centrale del Latte di Vicenza impacchetta e distribuisce”.

I contratti con la Gdo?

“Contatti e contratti li abbiamo invece gestiti personalmente”.

Parlando di mercato, qual è la situazione?

“Siamo soci alla Sociale di Mantova e faremo il bilancio 2016 con loro. I contratti che abbiamo sottoscritto sono comunque abbastanza buoni”.

Come giudica l’inserimento del Grana Padano nei parametri legati all’indicizzazione del prezzo?

“Lo ritengo positivo. La previsione di quel parametro è fondamentale per valorizzare il prodotto secondo l’indirizzo del territorio. Inoltre, l’inserimento dei valori del Grana Padano Dop ci porta ad alzare la media delle quotazioni”.

Ipotizza che possano innescarsi tendenze speculative ribassiste per determinare una riduzione del prezzo nel contratto che subentrerà per il periodo successivo al 30 aprile?

“Fare previsioni è sempre azzardato. Interpretata così mi verrebbe da rispondere che potrebbe anche essere così: le produzioni sono in crescita e devono essere collocate sul mercato, ma è altrettanto vero che i prezzi sono buoni e la tendenza del mercato dovrebbe mantenersi stabilmente positiva o, addirittura, segnare un incremento. Non mi risulta, poi, che siano state sforate da parte dei caseifici le quote di produzione, perché il prezzo positivo degli ultimi mesi del 2016 ha portato a vendere il latte o per il consumo alimentare o per altri prodotti freschi. E c’è un altro fattore che mi fa ipotizzare che anche dopo il 30 aprile il prezzo non subirà flessioni significative”.

Quale?

“Gli industriali stanno pagando il latte al litro 40-41 centesimi alla stalla e alcuni grandi realtà hanno cominciato ad assicurare questi prezzi già da ottobre. Avendo pagato simili cifre la materia prima, non penso abbiano molto interesse a buttare giù il prezzo del Grana Padano. Immagino che per loro non sia conveniente”.

In un frangente in cui è dal 2000 che i redditi in agricoltura non sono più come prima, cosa ha spinto suo figlio a fare l’allevatore?

“Una passione sfrenata e di questo sono contento. È dai tempi di mio nonno che avevamo la coltivazione di alberi da frutto e le vacche, che d’estate portavamo in alpeggio. Mio figlio Marco si interessa di genetica, della crescita degli animali, del miglioramento della produzione e della qualità. Ma sono consapevole che è un lavoro duro. Senza dipendenti lavoriamo 365 giorni all’anno”.

Nelle fotografie, CLAL incontra Produttori del Centro Latte Verona Soc.Coop e dirigenti di Centrale del Latte di Vicenza s.p.a. in Lessinia – Malga Spazzacamina, Agosto 2016.

Tecnologia in stalla per ampliare i margini
19 Gennaio 2017

L’apporto tecnologico rappresenta un elemento chiave per una produzione al passo coi tempi. Il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia produttiva, con la riduzione dei costi e l’incremento dei margini, dipende sempre più dall’applicazione di tecnologie diversificate e sofisticate.

Ne è un esempio una cooperativa del Vermont, stato settentrionale USA, la quale trasmetterà ai propri conferenti informazioni riguardo alla composizione degli acidi grassi del latte prodotto, per migliorarne i contenuti e dunque qualità e prezzo. Data la correlazione fra grasso del latte e pratiche di gestione aziendale, il dato diventa utile agli allevatori per affinare il modo in cui alimentano e gestiscono gli animali, con riflessi positivi anche sul contenuto proteico, aumentando le rese. Attraverso la collaborazione dell’università del Vermont, la cooperativa statunitense ha attivato un programma per la formazione degli allevatori in modo da trasmettere le pratiche più adeguate per la gestione del loro bestiame, interpretare i dati analitici e migliorare la performance in modo da trarre il massimo margine dal latte prodotto.

Dato che a maggiori contenuti di grasso e proteine si accompagna un prezzo più alto del latte, gli allevatori sono alla continua ricerca di azioni per migliorare tali parametri, mantenendo nel contempo le vacche in buono stato di salute. Si tratta dunque di avere a disposizione una serie continua di dati che la tecnologia mette a disposizione, da elaborare ed interpretare rapportandoli ad ogni realtà aziendale.

La differenza fra ricavi e costi nella produzione di latte si va sempre più assottigliando e dunque diventa essenziale poter compiere le scelte gestionali più appropriate.

Le nuove tecnologie offrono questa possibilità: bisogna conoscerle ed interpretarle.

Progetto S/STEMA STALLA: confronta le tue performance con altri allevatori!

Fonte: Vermontbiz

Previsioni in crescita per il bio
11 Gennaio 2017

Il mercato dei prodotti biologici in Europa come negli Stati Uniti è previsto in crescita fino al 2025 ad un tasso annuo composto (CAGR – Compound Annual Growth Rate) variabile fra il 6,7% e 7,6%. Questa percentuale corrisponde circa al triplo del ritmo di crescita previsto in generale per i consumi alimentari.

La crescente attenzione posta dai consumatori verso le tematiche ambientali, del benessere animale, della salute e della sicurezza alimentare, hanno spinto le vendite dei prodotti biologici con ritmi di crescita anche a due cifre negli ultimi anni e questa tendenza è prevista in costante, regolare aumento. Questo soprattutto nei mercati economicamente più avanzati e maturi, dove il concetto di qualità alimentare va ormai oltre le caratteristiche compositive o nutrizionali per rivolgersi al metodo con cui gli alimenti sono ottenuti lungo tutta la filiera produttiva.

È significativo come in Europa, con la perdurante crisi economica, i consumatori si siano rivolti sempre più verso i discount senza però abbandonare i prodotti bio, i cui acquisti sono regolarmente aumentati. Nel decennio dal 2005 al 2014, il valore delle vendite al dettaglio di prodotti bio è passato da 11,1 miliardi di Euro a 24 miliardi di Euro, con 10,3 milioni di ettari dedicati a tali coltivazioni. I prodotti lattiero-caseari bio variano dal 5 al 10% del mercato totale in Austria, Germania, Olanda, ma quello del latte ha già superato il 15% delle vendite totali in Austria. La Germania rappresenta un terzo del valore totale dei consumi bio (7,9 miliardi di Euro), seguita dalla Francia (4,8 miliardi di Euro), paese che registra tassi annui di crescita del 10%.

Di conseguenza i produttori e le imprese dovrebbero guardare con maggiore interesse al bio per sfruttare il trend di mercato, attraverso nuovi prodotti e nuovi marchi, ma anche attraverso la riformulazione dei prodotti esistenti.

CLAL.it – Prezzi del latte BIO alla stalla in Germania e Francia

Fonte: Rabobank

I vantaggi di un’agricoltura sostenibile
3 Gennaio 2017

La più grande opportunità di valorizzazione del settore agricolo neozelandese è quella di essere percepito come una fonte affidabile di prodotti rispettosi dell’ambiente e dei livelli sociali. Il valore della tutela ambientale attraverso l’adozione di pratiche colturali appropriate, può tradursi a breve termine in un beneficio monetario ed in un vantaggio strategico nel lungo periodo. Sempre più consumatori ritengono che l’acquisto responsabile di prodotti rispettosi dell’ambiente debba essere un prerequisito, così come lo sono le garanzie igienico sanitarie.

Però, un prezzo premium per l’adozione di pratiche sostenibili può essere tale solo se queste garantiscono parametri che vanno oltre i requisiti dettati dai livelli minimi previsti dalle norme. Occorre sempre più descrivere e dare prova di come e dove il prodotto è ottenuto; ma oltre a questo i consumatori, per pagare un prezzo maggiore, debbono poter contare su di una qualità intrinseca superiore. I prodotti, oltre a standard qualitativi più elevati, dovranno poi essere regolari, sicuri ed ottenuti nel rispetto dei principi etici.

Sono quattro i settori in cui il sustainable farming può diventare una scelta strategica per accrescere la profittabilità:

  • assicurazione nel tempo del livello qualitativo,
  • vicinanza al consumatore,
  • condivisione dei principi di sostenibilità lungo tutta la catena commerciale,
  • familiarità con gli aspetti sociali.

La Nuova Zelanda è già percepita come l’isola verde. Diventa pertanto imperativo che le prestazioni ambientali siano all’altezza delle attese e che le imprese investano concretamente per assicurare pratiche trasparenti e tracciabili nella garanzia che le materie prime che trasformano siano ottenute da una agricoltura veramente rispettosa e sostenibile. I consumatori, che in maggioranza abitano nelle città, non hanno più una conoscenza diretta delle pratiche agricole ed hanno dunque bisogno di sapere come e dove il bene acquistato viene ottenuto e quali valori veicola. Gli agricoltori, pertanto, debbono fare propri gli standard ambientali ed etici che la crescente sensibilità pubblica richiede.

Acqua&Energia: L’Agricoltura si presenta oggi come un “ecosistema governato”, in relazione con molti altri sistemi.

Fonte: Sharechat

Stimare l’incertezza per poter decidere
30 Dicembre 2016

Quando si tratta di prevedere un avvenimento futuro, ad esempio il tempo che farà o l’andamento della produzione, esiste sempre un margine di imponderatezza. Anche quando tutto lascia supporre che accada quanto prevediamo, interviene quasi sempre un elemento di incertezza sull’accaduto o su quanto atteso. Se riusciamo però a tener conto di tale margine di incertezza, a stimarlo, siamo spesso in grado di assumere decisioni migliori e più adeguate a quanto potrebbe accadere.

Un esempio di questo sono le previsioni del tempo. I meteorologi fanno le loro previsioni esaminando le immagini dei satelliti in modo da avere elementi certi di giudizio, e raramente sbagliano: però le loro indicazioni non sono mai sicure al 100%. Per questo parlano di ‘forti probabilità’ oppure indicano attraverso percentuali la possibilità che si manifesti l’evento indicato.

La stessa stima vale anche nella valutazione della sicurezza degli alimenti, degli integratori, di un nuovo fitofarmaco, di un chemioterapico, etc. Quando la evidenza è incompleta, i tecnici precisano qual è il margine di incertezza che condiziona le loro conclusioni.

Quindi entra in gioco la ‘valutazione del rischio‘ o di quanto possa essere il margine di incertezza e le conseguenti implicazioni nel processo decisionale. I tecnici indicheranno quale sia la misura prudenziale da prendere, oppure quali siano le diverse possibilità da considerare per gestire l’incertezza ed arrivare al risultato atteso.

Per valutare una previsione meteorologica, diventa importante sapere se la possibilità è del 10%, del 50% oppure del 90%. Questo permette di prendere delle decisioni mirate ed appropriate.

Dunque, nei processi decisionali, l’aspetto cruciale è l’informazione.
Questa non sarà mai assoluta, ma deve essere chiara e trasparente al fine di permettere all’operatore di decidere nel miglior modo possibile.

Strumenti per migliorare l’efficienza dei costi alimentari su TESEO.clal.it

Fonte: EFSA