Get big or get out: questo il dilemma
1 Febbraio 2024

Negli ultimi vent’anni il numero totale di stalle USA è più che dimezzato, mentre il numero medio di vacche per stalla è cresciuto del 139%. Oltre il 70% del latte statunitense viene prodotto in aziende con almeno 500 vacche, con punte di oltre 25.000 capi. Si tratta di una trasformazione significativa, in gran parte guidata da politiche volte ad incrementare i volumi e ad espandere i mercati di esportazione, ma che ha determinato effetti negativi sulle aziende agricole a conduzione familiare e sull’ambiente, a vantaggio delle imprese di agribusiness di grandi dimensioni. Negli ultimi 20 anni, le esportazioni di prodotti lattiero-caseari USA sono aumentate di otto volte e ciò ha coinciso con un rapido accorpamento delle aziende.

Quindi in sintesi la scelta per lo sviluppo lattiero-caseario è drastica: cresci o chiudi.

Questo consolidamento è avvenuto con una dinamica più rapida rispetto a qualsiasi altro settore agricolo ad eccezione di quello avicolo e suinicolo. È una evoluzione che si sta verificando sia a livello di aziende agricole – meno aziende, più mega stalle – sia a livello di trasformazione – meno imprese ma gruppi più grandi. Per gli allevatori questa evoluzione ha comportato spesso una spirale di debiti e fallimenti, collegata anche a suicidi ed al declino della popolazione rurale. Durante questo periodo gli allevatori hanno faticato per raggiungere il pareggio di bilancio a causa dell’aumento dei costi di produzione, più rapido del prezzo del latte. Ciò è in parte dovuto ad un importante cambiamento nella politica lattiero-casearia degli Stati Uniti, che è passata da una stabilizzazione delle quotazioni ottenuta attraverso garanzie di prezzo minimo e l’ammasso dei prodotti in eccesso per gestire l’offerta ad una politica che incoraggia la produzione e l’espansione verso i mercati di esportazione.

Per smaltire l’eccesso di offerta gli allevatori debbono sobbarcarsi dei costi obbligatori per finanziare campagne di promozione di latte, burro e crema presso i consumatori e le aziende di fast-food. Ad esempio, tra il 2005 e il 2018 gli allevatori hanno versato circa 4 miliardi di dollari al programma obbligatorio Dairy Checkoff di cui però non si vedono ricadute positive sul settore primario.

Altrettanto preoccupanti sono le ricadute ambientali di tale evoluzione. Un esempio sono le emissioni più che raddoppiate di metano proveniente dal letame dato che le aziende, aumentando notevolmente di dimensione, hanno meno possibilità di far pascolare il bestiame e debbono raccogliere il letame nelle vasche di stoccaggio. Anche la modalità della leva finanziaria attraverso l’acquisto dei certificati di carbonio per compensare le emissioni non è la migliore risposta ad una evoluzione che destabilizza la filiera produttiva.

In conclusione, occorrerà valutare se continuare nella dinamica seguita da due decenni per l’aumento delle produzioni e delle esportazioni che ha determinato notevoli ricadute economiche, sociali ed ambientali. Oppure se sia necessario ricercare un modello che sostenga le aziende agricole a conduzione familiare, protegga l’ambiente e garantisca un margine equo agli allevatori.

Fonte: eDairyNews

TESEO.clal.it – USA: aziende agricole ed indicatori

L’impatto del cambiamento climatico sulle maggiori coltivazioni mondiali
26 Gennaio 2024

La nostra alimentazione si basa su poche, grandi coltivazioni quali grano, riso, mais, soia, oppure banane, presenti sulle tavole in tutto il mondo.

Diffusione di parassiti e difficoltà di conservazione degli alimenti

Il cambiamento climatico mette a rischio la sicurezza alimentare mondiale. Non si tratta solo dell’impatto sui raccolti, ma anche della maggiore diffusione di parassiti e patologie, delle difficoltà nella conservazione degli alimenti per la presenza di insetti e muffe resistenti alle crescenti temperature. Esiste poi il rischio che la crisi climatica accresca la malnutrizione, riducendo la disponibilità di nutrienti e la qualità del cibo. Ad esempio, le temperature più elevate e l’aumento delle concentrazioni di CO2 nell’aria possono comportare la riduzione di proteine, ferro zinco e microelementi in colture come soia, grano o riso. Questo problema renderebbe molto più esposte le popolazioni di quei Paesi in cui l’alimentazione si basa su uno o due alimenti di base. I cambiamenti climatici influenzano poi anche prodotti quali caffè e cacao, che sono ormai trasformati e consumati abitualmente nei paesi economicamente più avanzati.

Alcuni esempi: la produzione globale di mais subirà probabilmente una massiccia riduzione entro il 2050 a causa delle variazioni di temperatura e della diminuzione delle precipitazioni. Se negli Stati Uniti od in Brasile saranno colpite le potenzialità di export, in luoghi come il Mozambico dove il mais viene coltivato per il consumo locale, l’effetto sarà probabilmente devastante.

In India, Paese che produce il 14% del grano mondiale, la diminuzione della produzione nelle regioni di coltivazione più calde e secche avrà un impatto significativo sulla popolazione. Lo stesso in America centrale ed in Africa, dove le rese potrebbero diminuire del 3% o più. Invece nelle regioni temperate, come in Nord America ed in Europa, la produzione di grano potrebbe registrare un aumento delle rese di oltre il 5%.

Prospettive inquietanti poi per il riso, alimento base per oltre 3,5 miliardi di persone in Asia ed Africa, le cui rese a livello mondiale secondo alcune stime potrebbero diminuire anche dell’11% entro il 2050.

Gli effetti del cambiamento climatico sulle rese della soia sono contrastanti, in quanto è stato riscontrato che le piante rispondono positivamente alle maggiori concentrazioni di CO2 nell’aria. I raccolti di soia potrebbero anche aumentare se la sua coltivazione potesse avvenire in aree che oggi sono troppo fredde, come lo Stato di New York ed il Canada meridionale, sebbene a scapito del grano. Tuttavia, si prevede che l’intensificarsi dello stress idrico e termico comporti una diminuzione delle rese nel corso del secolo.

Stessa dinamica anche per le banane, coltivate ai tropici come colture da reddito o come fonti alimentari locali. A causa dell’aumento delle temperature negli ultimi 20 anni, le produzioni diminuiscono ed aumenta la diffusione delle patologie. Tuttavia i cambiamenti climatici previsti potrebbero rendere coltivabili le banane anche in zone più vaste delle attuali.

Infine il cacao ed il caffè, colture che sostengono le economie dei Paesi produttori attraverso l’export e che sono un business notevole nei Paesi consumatori. La domanda di cioccolato è in crescita, ma in Africa occidentale, Costa d’Avorio e Ghana in testa, dove si ottiene metà della produzione mondiale di cacao, già sono evidenti piogge irregolari e venti caldi che impattano sulle rese. Per il caffè, l’Etiopia, primo produttore africano, potrebbe perdere il 25% dei suoi raccolti entro il 2030.

Allora, che fare per evitare interruzioni dell’approvvigionamento, prezzi più alti ed un numero maggiore di persone sottonutrite?

Uno sforzo comune per affrontare gli stravolgimenti climatici

Occorrerebbe espandere la produzione, ma questo richiederebbe più terreno agricolo che invece viene continuamente consumato. Sarebbe opportuno adottare tecniche di agricoltura di precisione e conservativa. Diventerà necessario coltivare varietà più resistenti. Forse si dovranno introdurre nuove colture adatte alle nuove condizioni climatiche e di conseguenza nuovi alimenti

Di certo gli stravolgimenti climatici coinvolgono nel proprio vortice i produttori come i consumatori, in tutto il mondo. Quindi la soluzione del problema (di cui nessuno ha la ricetta) non può che essere uno sforzo comune.

Fonte: Action Against Hunger

TESEO.clal.it – Brasile: Condizioni di salute della vegetazione (indice VHI)

Cina: la zootecnia guida le importazioni
25 Gennaio 2024

Di: Elisa Donegatti, Ester Venturelli e Mirco De Vincenzi

Si completa l’anno 2023 per i dati sul trade della Cina, dandoci l’occasione per riassumerne l’andamento.

Il Mais ha registrato un’impennata a partire da Ottobre raggiungendo un aumento complessivo del 30% sul 2022. Tale crescita è dovuta soprattutto agli accordi stipulati tra Cina e Brasile, che hanno portato quest’ultimo al primo posto tra i fornitori del Paese con 12,8 Mio Ton. In aumento anche le quote dall’UE: seppure si parli di quantità notevolmente inferiori, il flusso è aumentato di cinque volte rispetto al 2022, superando le 700.000 Tonnellate.

Anche per i Semi Oleosi, nel complesso, si è verificato un aumento della domanda che, nonostante un rallentamento nell’ultima parte dell’anno, ha portato ad una crescita delle quantità acquistate del 15,3% nel 2023 rispetto al 2022. A crescere è soprattutto la Soia con +10 Milioni di Tonnellate, seguita dalla Colza con +3,5 Milioni di Tonnellate.

Nonostante sia attivo un piano di riduzione della dipendenza del Paese dalle importazioni per gli alimenti zootecnici, l’aumento della domanda di prodotti agricoli è determinato, in particolare, da un spinta produttiva sulla zootecnia locale. Gli effetti di questo si percepiscono anche sull’import di prodotti lattiero-caseari, che nel 2023 ha registrato un calo complessivo del -9,9% (-300.000 tonnellate).

Nel dettaglio, è diminuita la domanda di WMP (polvere di latte intero, -38,5%) e Latte confezionato, mentre le importazioni di SMP (polvere di latte scremato) sono piuttosto stabili. Al contrario, la domanda di Siero, probabilmente in parte destinato al consumo animale, è cresciuta del +9,5% e quella di Formaggi del +22,5%, con aumenti in quasi tutte le tipologie e soprattutto per i grattugiati.

L’UE rallenta la domanda di Semi Oleosi
19 Gennaio 2024

Di: Elisa Donegatti ed Ester Venturelli

La produzione Europea di Semi Oleosi nel 2023 è aumentata per il terzo anno consecutivo. Questo ha permesso di ridurre la domanda di Semi Oleosi extra-UE che nel complesso, tra Gennaio e Novembre 2023, è calata del 10%, rispetto allo stesso periodo del 2022.

Il prodotto che ha registrato le variazioni maggiori nel trade è il Girasole, per il quale l’UE ha un’autosufficienza del 91,5%. L’import è diminuito del -63%, che equivale a -1,3 Milioni di Tonnellate, limitato anche dal prezzo medio unitario di acquisto che ha avuto un andamento instabile nel corso del 2023, con un valore medio di 874 €/Ton, superiore alla media del 2022. Al contrario, le esportazioni UE del prodotto sono aumentate del 74% (+251.000 Tonnellate) con un prezzo medio unitario di 1.120 €/Ton

Risulta in calo anche la domanda UE di la Farina di Soia che ha registrato una diminuzione di 1,3 Milioni di Tonnellate (-8,8%), probabilmente a causa della minore disponibilità dall’Argentina. 

Infine, le esportazioni di Colza rimangono stabili nel complesso, ma si modificano le tratte: meno acquisti da parte di Regno Unito e Pakistan, e una crescita verso il Canada (che potrebbe essere dovuta a dinamiche di triangolazioni commerciali).

Le produzioni in UE di Cereali, invece, si sono mantenute stabili e l’effetto sul trade è stato quello di un leggero aumento complessivo sia per l’import (+1,8 Mio Ton) che per l’export (+2,8 Mio Tons). In particolare, è aumentato l’export di Mais verso la Corea del Sud e l’export di Orzo verso la Cina che è tornata ai livelli del 2021, mentre riguardo all’import si sono intensificati soprattutto gli acquisti di Grano Tenero da Ucraina e Regno Unito.

La tua Azienda è pronta per l’Intelligenza Artificiale?
16 Gennaio 2024

Premesso che nulla e nessuno potrà mai sostituire l’occhio e la mano dell’allevatore, cioè la sua esperienza, è opportuno chiedersi se ed in che modo le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale, quali ChatGPT, possano servire per migliorare benessere animale e produttività nell’allevamento da latte. Oggi in azienda i sensori sono presenti nei robot di mungitura, nei sistemi automatici di miscelazione ed alimentazione, nei boli ruminali; esistono poi sensori per la previsione del parto e strumenti per il controllo dello stato generale delle bovine. Di conseguenza viene prodotta una grande serie di dati, che andrebbero letti ed analizzati in modo appropriato per avere informazioni utili ad aumentare l’efficienza aziendale. Il rischio è che solo una parte di tali dati venga sfruttata in modo appropriato, perdendo tante potenzialità.

Vacche più sane, maggiore qualità del latte, minori costi

L’innovazione chiave apportata da Chat GPT (e dai suoi concorrenti) consiste nel poter raccogliere ed analizzare enormi quantità di dati per ottenere informazioni facili da usare per l’allevatore.
Questa tecnologia permette innanzitutto di monitorare prontamente lo stato di salute degli animali e di avere un quadro chiaro sulla composizione del latte.
Permette poi di stabilire piani di razionamento precisi e personalizzati per una alimentazione ottimale analizzando in tempo reale i dati sul valore nutrizionale dei componenti la razione, insieme a quelli prodotti dai sensori sugli alimentatori e miscelatori. La nutrizione di precisione porta a vacche più sane, ad una maggiore qualità del latte e ad una riduzione dei costi di produzione.

ChatGPT può quindi semplificare la gestione aziendale aiutando gli allevatori ad organizzare le operazioni quotidiane in modo più efficiente, effettuando rapidamente le decisioni gestionali ed in generale offrendo suggerimenti per migliorare la produttività complessiva.
Può poi servire per far comunicare l’allevatore col mondo esterno all’azienda agricola generando contenuti informativi e coinvolgenti, come post su blog o aggiornamenti sui social media. Quindi il modello informatico può aiutare gli allevatori ad informare ed educare i consumatori sulle pratiche agricole sostenibili, sul benessere degli animali e sui benefici nutrizionali dei prodotti lattiero-caseari. Dato poi che i sistemi di IA parlano direttamente con altri sistemi di IA, ChatGPT potrebbe aiutare gli allevatori a prendere decisioni di mercato, dagli input per gli alimenti animali ai contratti per il latte, cogliendo il momento migliore per acquistare e vendere.

Bisogna però sempre tener presente che, sebbene il ChatGPT abbia un grande potenziale, si tratta pur sempre di una tecnologia per assistere gli allevatori piuttosto che sostituirsi ad essi. Ciò comporta la necessità di conoscere la nuova tecnologia per poterne giudicare l’utilità dell’inserimento in azienda. Poi, in caso positivo, occorre dotarsi delle necessarie professionalità per usare tali nuovi strumenti, il che probabilmente è il problema maggiore derivante dalle nuove tecnologie.

Fonte: Dairy Herd

Nuovi equilibri per l’export USA
15 Gennaio 2024

Di: Mirco De Vincenzi ed Ester Venturelli

L’export USA di Mais ha risentito della posizione più competitiva del Brasile e i nuovi accordi commerciali di quest’ultimo. Infatti, la domanda della Cina (primo importatore nel 2022) per il Mais Statunitense è diminuita del 64,7% (9,5 Mio Ton) tra Gennaio e Novembre 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022. Oltre alla Cina, tra i principali acquirenti, sono diminuite le vendite verso Giappone, Canada e Corea del Sud.

Tuttavia, a queste riduzioni è corrisposto un aumento della domanda dal Messico, che è ora il primo acquirente e la cui domanda è cresciuta di 2,5 Mio Ton, supportata dalla diminuzione del 40% delle produzioni locali. La forte domanda Messicana ha permesso agli USA di vendere ad un prezzo medio unitario di 0,30$/Kg, superiore rispetto agli altri principali acquirenti.

Il Messico guadagna posizioni anche nel trade USA dei prodotti lattiero-caseari. In contrasto ad un calo generalizzato dell’export dairy USA, aumentano le vendite al Messico di quasi tutti i prodotti principali. Infatti, tra Gennaio e Novembre 2023, verso il Messico sono state spedite circa 58.000 tonnellate in più di SMP e 23.000 Tonnellate in più di Formaggi, rispetto allo stesso periodo del 2022. 

L’aumento dell’import del Messico compensa in parte il rallentamento della domanda dal Sud-est Asiatico (inclusa la Cina) che registra un calo complessivo del -27%, nonostante, rispetto al 2022, i prezzi si siano sensibilmente ridimensionati. In particolare cresce la domanda da parte del Messico di SMP (+17,7%) e Formaggi (+20,3%), ma anche Polvere di Siero (+7,4%). 

L’aumento degli acquisti da parte del Messico trova ragione nel buon andamento dell’economia messicana e nel rafforzamento del Peso rispetto al dollaro. Nei prossimi mesi, la domanda stimolerà la produzione locale, ma è plausibile che l’import messicano di prodotti lattiero-caseari cresca anche nel 2024.

Brasile: Mais e Soia sostengono l’export di Carne Suina
10 Gennaio 2024

Di: Marika De Vincenzi ed Ester Venturelli

Nel 2023, il Brasile ha visto crescere l’export di Mais, Soia e Carni Suine grazie ad una posizione sempre più competitiva sui mercati internazionali.

Le esportazioni Brasiliane di Mais e Soia sono entrambe cresciute del 30% circa nel 2023, rispetto al 2022. Questo è dovuto ad una maggiore disponibilità favorita da un ampliamento delle aree coltivate negli ultimi anni e da un clima particolarmente favorevole nella stagione passata. A ciò si aggiunge anche la particolare competitività dei prezzi Brasiliani, che nel 2023 si è rafforzata rispetto ai prezzi Statunitensi.

La maggiore disponibilità di materie prime per l’alimentazione dei suini ha favorito anche la crescita del settore Suinicolo. Infatti, le maggiori quantità di Mais e Soia hanno spinto i prezzi al ribasso e quindi anche i costi dell’alimentazione zootecnica. Allo stesso tempo, nel Paese si è verificato un aumento del prezzo del suino vivo che ha ulteriormente migliorato la redditività del settore e, di conseguenza, le produzioni.

La spinta della produzione domestica di Carne Suina ha favorito anche l’export. Il Brasile è il quarto esportatore di Carni Suine a livello mondiale, dopo UE, USA e Canada. Nel 2023 ha registrato un aumento delle quantità esportate del 5% rispetto al 2022, che corrisponde a 63.000 tonnellate in più. Infatti, nonostante un rallentamento della domanda della Cina, che ha acquistato il 15,5% in meno, il flusso di prodotti verso gli altri principali acquirenti è aumentato, sottolineando la posizione competitiva del Brasile a livello internazionale.

Egitto: la necessità di una ripresa
9 Gennaio 2024

La recente pandemia, ma soprattutto la guerra in Ucraina ed ora anche il conflitto in Palestina, hanno colpito l’economia egiziana causando un’elevata inflazione e la svalutazione della moneta. L’Egitto è un paese di 107 milioni di abitanti, il 42% dei quali vive in aree urbane ed esercita una considerevole influenza nel Medio oriente ed in Africa. 

Quando il Paese ha iniziato a riprendersi dagli effetti del Covid-19, l’impennata nei prezzi del Grano, saliti in media del 56,2% rispetto al valore del 2021, ma anche della Soia e di altre materie prime per i mangimi, ha comportato il raddoppio della spesa per le importazioni. La deflagrazione della crisi in corso tra Israele e Hamas ha poi esacerbato la crisi del turismo, settore da cui l’Egitto dipende in larga misura per ottenere valuta estera.

Egitto35,6% inflazione annuale Ottobre 2023

La sua carenza ha portato ad un rallentamento delle importazioni, provocando aumenti significativi nei prezzi dei prodotti alimentari. Alla fine di Ottobre 2023, l’inflazione annuale era al 35,6%, principalmente dovuta ad un aumento del 71,7% nei prezzi dei generi alimentari facendo dell’Egitto il primo Paese al mondo per inflazione alimentare reale ed il quinto per inflazione alimentare nominale dopo Venezuela, Libano, Argentina, Turchia.

Le importazioni dei prodotti agricoli sono diminuite del 17,8% nel periodo Gennaio-Settembre 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022.

I fattori tecnici per la ripresa sono costituiti dall’intervento del Fondo Monetario Internazionale e dalla ripresa del turismo.

Il fattore risolutivo è però la ricomposizione dei conflitti armati che, diversamente dalle pandemie, hanno esclusivamente un’origine umana.
Buon Anno!

Fonte: USDA

TESEO.clal.it – Egitto: Importazioni a volume di Cereali nei primi 9 mesi del 2023

Il Commento: La parola chiave per il 2024 è “fiducia” [Marco Bompieri, Suinicoltore]
7 Gennaio 2024

Come sarà il 2024?

Marco Bompieri, Mantova: “Salvo sorprese, direi che la parola chiave per il mercato nel 2024 è ‘fiducia’: continueremo ad avere pochi suini e il prezzo si dovrebbe mantenere su livelli positivi. I fattori che hanno portato alla diminuzione dei capi parte da lontano, con qualche problema sanitario a livello europeo e allo scoramento che nel 2022 ha colpito gli Allevatori, per le difficoltà legate alle siccità e al boom dei prezzi dei cereali, che hanno esercitato forti pressioni sui produttori”.

Una minore disponibilità di suini alleggerirà anche i numeri delle grandi DOP dei salumi, a partire dal Prosciutto di Parma. “Ciò significa che l’offerta non eccederà la domanda di cosce – ipotizza Bompieri – mantenendo il prezzo elevato e aprendo ulteriormente all’incognita consumi. Quali saranno le conseguenze sulle vendite al dettaglio?”.

L’export di prosciutti resta una strada privilegiata, in particolare nei mercati a maggiore capacità di spesa e più maturi per apprezzare la qualità del made in Italy. “Ci sono potenzialità interessanti, bisognerà spingere con pubblicità e campagne di comunicazione”, avverte Bompieri.

Fra i costi di produzione, pesano le quotazioni elevate della Soia, più che i cereali, che sembrano essere stazionari. L’auspicio è che “nel 2024 l’agricoltura trovi adeguato sostegno, perché una Nazione forte si regge anche su un’agricoltura solida”.

TESEO.clal.it – Suini: prezzi dei tagli freschi €/kg
TESEO.clal.it – Suini: prezzi dei tagli freschi €/kg

Opportunità per l’agroalimentare in Sud Corea
29 Dicembre 2023

Il Sottosegretario al Commercio e agli Affari Agricoli Esteri del Dipartimento dell’Agricoltura USA, Alexis Taylor, guiderà una missione commerciale agroalimentare a Seoul dal 25 al 28 marzo 2024. L’interesse per la Sud Corea, sesta destinazione all’export degli Stati Uniti, è dovuto al fatto che, con una popolazione di circa 52 milioni di abitanti e pochi terreni coltivabili, dipende dalle importazioni per soddisfare la domanda agroalimentare e gli USA sono il principale fornitore del moderno Paese asiatico. Infatti, nel 2022 la Corea ha importato circa 41,1 miliardi di dollari di beni agricoli e gli USA ne hanno forniti per 10,4 miliardi fra carne bovina e suina, lattiero-caseari, mais, cui seguono uova, preparazioni alimentari, caffè, distillati, mandorle, ciliegie, arance ed altri prodotti. Gli esportatori USA ritengono che esistano grandi opportunità di espandere le loro vendite nella regione a causa dell’aumento nella domanda di prodotti per la salute ed il fitness, di quelli pronti per il consumo ed in generale dei prodotti convenience.

Una cultura alimentare sviluppata e raffinata

Il reddito pro-capite sudcoreano è in crescita e ci sono rapidi cambiamenti demografici, tra cui l’invecchiamento della popolazione, il calo della forza lavoro, l’urbanizzazione. La cultura alimentare è molto sviluppata e raffinata. La regione di Gyeonggi-do, dove si trova la capitale Seoul, rappresenta il più grande mercato di consumo del Paese e si prevede che arriverà a coprire il 25,0% del totale entro il 2040.

Le diete a base vegetale non sono così diffuse e solo il 4% dei consumatori dichiara di essere vegano o vegetariano, ma il 22% desidera ridurre il consumo di carne per motivi di salute, ambientali o di benessere animale. Inoltre, il 71% dichiara di assumere regolarmente integratori e vitamine. I consumatori danno poi la preferenza ai prodotti con etichette nutrizionali chiare.

Il mercato degli alimenti confezionati (packaged food) nel 2022 è stato valutato in 30,3 miliardi di dollari, con un aumento del tasso di crescita annuale del 3,4%. Si registra una notevole crescita dell’e-commerce e di prodotti come i cibi pronti, i kit per i pasti a domicilio e le confezioni con porzioni più piccole.

Durante la visita in sud Corea, i rappresentanti delle imprese agroalimentari USA saranno impegnati a Seoul in due giorni di incontri business-to-business con potenziali importatori, trasformatori e distributori. Inoltre, i partecipanti riceveranno informazioni approfondite da esperti del settore per comprendere meglio le dinamiche del mercato e le tendenze dei consumatori, oltre a partecipare a visite in loco e ad altre opportunità di networking.

Dal 2012 fra Stati Uniti e Repubblica di Corea è in vigore l’accordo di libero scambio KORUS FTA .

La UE dal 2011 ha un accordo commerciale di libero scambio con la Repubblica di Corea del sud, ratificato formalmente nel 2015. Il Paese rappresenta un mercato interessante anche per i nostri prodotti agroalimentari di qualità.

Fonte: USDA

Autosufficienza Latte della Corea del Sud
CLAL.it – Milk Atlas: Autosufficienza Latte della Corea del Sud